di Nica FIORI. Foto di Francesca LICORDARI
Secondo un detto orientale, anche i luoghi hanno un’anima.
Per tutti gli appartenenti alle religioni del Libro, Israele offre indubbiamente dei siti densi di memorie, che evocano un passato remoto estremamente complesso, proprio come la situazione attuale caratterizzata dalla multietnicità dei suoi abitanti.
Numerosi sono i siti archeologici che, dopo essere stati sepolti dalla sabbia, sono stati riportati alla luce e si offrono ai visitatori incantati davanti a un paesaggio quasi incontaminato.
Masada, in particolare, ci appare come un luogo da non perdere per chi si reca a Gerusalemme – la città santa per eccellenza -, dalla quale dista poco più di 100 chilometri. Il suo nome corrisponde al termine ebraico metzad o metzuda, che vuol dire fortezza.
Immaginate un massiccio roccioso di notevole altezza, terminante in una spianata che si affaccia a strapiombo sul deserto del Mar Morto, il grande lago salato situato in una depressione di 400 metri sotto il livello del mare. Il paesaggio è particolarmente affascinante e caratterizzato da una luminosità abbagliante. Rispetto al lago sottostante, la cui salinità è talmente elevata da non consentire la vita vegetale e animale, se non a particolari batteri, il clima, pur molto caldo, è più secco e ventilato.
La fortezza di Masada doveva essere inespugnabile, ma non fu così, come racconta lo storico Flavio Giuseppe nel suo libro La guerra giudaica (75-79 d.C.), descrivendo le immagini sconcertanti di una delle più drammatiche lotte per l’indipendenza, guidata dalla turbolenta fazione degli zeloti contro le legioni romane di Vespasiano e di Tito: una guerra che culminò in questo luogo, dove si erano asserragliati gli ultimi rivoltosi, i “sicarii” (così chiamati perché usavano una spada corta detta sica), dopo la distruzione di Gerusalemme (70 d.C.) da parte di Tito.
Quando i romani della X legione, guidati da Flavio Silva, riuscirono a penetrare a Masada dopo un assedio di un paio di anni, rimasero scioccati perché trovarono una città di morti, ben 960. Furono trovati vivi solo due anziane donne e cinque bambini, che si erano nascosti nei cunicoli sotterranei e poterono raccontare ciò che era successo. Gli assediati si erano dati reciprocamente la morte per non cadere in mano al nemico, ligi al principio che essi dovessero avere come unico padrone Dio. I padri di famiglia uccisero personalmente le mogli e i figli, poi dieci uomini vennero estratti a sorte col compito di uccidere tutti gli altri, fino all’ultimo che dovette necessariamente suicidarsi, anche se il suicidio era proibito dalla loro religione. Il racconto di Flavio Giuseppe è stato confermato dal rinvenimento di una giara contenente i cocci con i nomi incisi per l’estrazione, ora conservati nel museo locale.
La caduta di Masada risale al 73 d.C. e da allora si dovette giungere all’epoca di Adriano perché altri zeloti tentassero una nuova guerra di liberazione. Dopo un loro effimero successo negli anni 132-135, saranno ancora una volta i romani a prevalere e Adriano vieterà ai giudei di posare i piedi sul suolo di Gerusalemme, che verrà ricostruita dall’imperatore con il nuovo nome di Aelia Capitolina.
Pur essendo frequentata a partire dal V millennio a.C., Masada venne trasformata in una residenza fortificata all’epoca di Erode il Grande.
Ricordiamo che Erode (73 a.C. – 4 a.C.) divenne re della Giudea intorno al 37 a.C., con l’appoggio di Marco Antonio e in seguito di Augusto, cui intitolò la città di Cesarea Marittima. Il suo regno segna il passaggio tra il periodo ellenistico e il primo periodo romano, nonché il culmine del periodo del Secondo Tempio, da lui fatto costruire a Gerusalemme sul luogo del Primo Tempio, eretto da Salomone e distrutto dal re babilonese Nabucodonosor nel 586 a.C.
Erode, in effetti, fu uno dei costruttori più celebri del mondo ebraico. Il suo lungo regno, pur gravato dall’opposizione dei farisei, che mal sopportavano il fatto che egli non fosse di origine ebraica (il padre era edomita e la madre nabatea), garantì un’epoca di stabilità politica. Il suo carattere, però, doveva essere estremamente diffidente e sospettoso, tanto da far uccidere una delle mogli, alcuni dei suoi figli e centinaia di oppositori, temendo che complottassero per spodestarlo.
Il suo nome è tristemente noto ai cristiani per aver ordinato la strage degli Innocenti, secondo quanto riporta il Vangelo di Matteo, nel tentativo di far morire il neonato “re dei Giudei”, Gesù, la cui nascita gli era stata annunciata dai Magi. La morte di Erode nel 4 a.C. è uno degli elementi che mettono in discussione la corrente datazione della nascita di Gesù.
Il primo a collegare il racconto di Flavio Giuseppe con il monte di Masada, conosciuto dagli abitanti dei dintorni come es -Sebbe, fu il teologo biblista Edward Robinson nel 1838. In seguito il luogo fu oggetto di ricerche da parte di vari studiosi, ma fu solo negli anni ‘60 del Novecento che furono condotti scavi su larga scala sotto la direzione dell’archeologo e politico Yigael Yadin; negli anni ’80-’90 sono stati condotti ulteriori scavi da parte di Ehud Netzer.
Flavio Giuseppe afferma che il primo a costruirvi sopra una fortezza fu il sommo sacerdote asmoneo Gionata e in seguito Erode dedicò grandi cure a rafforzarne l’impianto:
“Egli infatti innalzò tutt’intorno alla cima un muro costruito di pietra bianca lungo sette stadi, dell’altezza di dodici cubiti e dello spessore di otto, da cui sporgevano trentasette torri alte ciascuna cinquanta cubiti; da esse si poteva accedere nei locali che erano costruiti a ridosso del muro lungo tutto il suo perimetro. Il re infatti lasciò libera per la coltivazione la spianata su in cima, che era di un terreno più fertile e più soffice di qualsiasi campo in pianura (…). Egli vi costruì poi anche una reggia ai margini delle pendici verso occidente, a un livello più basso delle mura di cinta e rivolta a nord” (Guerra giudaica, VII, 8, 286-289).
Erode si recò a Masada due volte prima di essere nominato re della Giudea.
La prima verso il 42 a.C., quando vi venne inviato da Giovanni Ircano II per sottomettere un gruppo di ribelli che si era impossessato di alcune fortezze nel deserto e la seconda circa due anni dopo per togliere l’assedio imposto ai membri della sua famiglia dal re Mattatia Antigono. Nel luogo non sono stati scoperti resti della cultura materiale che indichino l’esistenza di questo sito nel periodo asmoneo.
Questo fa pensare che sia stato proprio Erode a costruire la maggior parte delle strutture emerse a Masada: strutture che vengono suddivise in tre fasi edilizie databili attorno al 35, al 25 e al 15 a.C.
Appartengono alla prima fase edilizia quattro palazzi al centro del monte, il nucleo centrale del Palazzo occidentale e altri edifici più piccoli utilizzati come magazzini e residenze dei soldati. Secondo quanto scrive Flavio Giuseppe, si poteva salire alla fortezza per due piste, una delle quali è il “sentiero del Serpente” (così chiamato per le continue giravolte), che tuttora viene utilizzato da pochi avventurosi viaggiatori che lo preferiscono alla funivia, costruita nel 1998. Questa pista, all’epoca dell’assedio da parte dei romani, era tutt’altro che agevole, come scrive lo storico:
“Chi la percorre deve piantar saldamente or l’uno or l’altro piede per l’evidente pericolo di morte; infatti sui due lati si spalancano dei burroni così spaventosi da far tremare anche l’uomo più coraggioso” (Guerra giudaica, VII, 8, 283).
Tra le strutture più antiche vi sono anche due caratteristiche torri-colombari (dove venivano allevati i piccioni per il nutrimento), un’ampia piscina sul bordo meridionale e un piccolo bagno in stile greco-giudaico scoperto sul bordo settentrionale sopra la roccia a picco a est. Questo bagno era costituito da una stanza con pavimento a mosaico e una piscina a gradini che funzionava come bagno rituale (mikveh), convertita in seguito in una piccola cisterna.
Il nucleo centrale del Palazzo Occidentale è un edificio quasi rettangolare (circa m 28 x 24) con l’ingresso situato a nord. Si entrava nel palazzo attraverso due stanze delle guardie decorate con stucco bianco disposto a pannelli; sul lato meridionale del cortile, attraverso un portico, si passava in un’ampia stanza decorata pure con stucco bianco e affreschi, che doveva essere una stanza di ricevimento. Le colonne e i pilastri del portico, di ordine ionico, erano dipinti in nero e in rosso.
Sul lato orientale attraverso tre porte si entrava in una stanza ancora più grande chiamata a suo tempo dagli archeologi “stanza del trono”, ma più probabilmente doveva trattarsi anche in questo caso di una stanza di ricevimento “chiusa”, ovvero che non prendeva la luce del sole, per evitare il caldo eccessivo dei mesi estivi. Tra le altre stanze ritrovate nel palazzo ve n’è una con un bel mosaico caratterizzato da motivi geometrici e floreali.
A differenza del palazzo occidentale che era la residenza ufficiale, il Palazzo Settentrionale, databile alla seconda fase edilizia, era la villa privata di Erode, costruita su tre terrazze poste a diversa altezza. Affreschi, colonne e mosaici denotano uno stile di vita sontuoso, né potevano mancare le Terme, concepite sul modello di quelle romane, con gli ambienti denominati calidarium, tepidarium e frigidarium, preceduti all’apodyterium (spogliatoio) con affreschi sulle pareti e sul soffitto. Il pavimento del calidarium conserva i pilastrini (suspensurae) che sostenevano il pavimento, al di sotto del quale passava l’aria calda per riscaldare l’ambiente. Continuando la visita lungo il bordo della falesia si giunge al miglior punto di osservazione del palazzo settentrionale, dove è collocato un plastico che spiega il sistema di rifornimento idrico della città.
Erode aveva fatto scavare delle enormi cisterne, foderate di malta impermeabile, sia sulla sommità sia sui fianchi della montagna, che raccoglievano l’acqua piovana attraverso canali scavati apposta con una certa pendenza per far affluire l’acqua entro grotte e successivamente nelle cisterne. Di acqua ce n’era talmente tanta da poter resistere anche a un assedio decennale. Come del resto erano notevoli le derrate alimentari immagazzinate (grano, vino, olio, legumi, datteri) e le armi, sufficienti per diecimila uomini. L’acqua serviva anche per i piccoli orti ricavati al di sopra che fornivano frutti freschi, cui certo gli assediati non volevano rinunciare.
Un altro edificio che si ammira entro la fortezza è la Sinagoga, una delle poche d’Israele contemporanea al Tempio di Gerusalemme. È costituita da un’ampia sala connessa con le mura, con il tetto sostenuto da pilastri; gli zeloti vi aggiunsero poi dei sedili di pietra e una stanza per scrivere. Sotto il pavimento sono stati ritrovati dei frammenti del Deuteronomio e del Libro di Ezechiele.
Ma, indubbiamente, ciò che colpisce maggiormente i visitatori è la tragica fine di Masada. Dall’alto dello sperone si vedono ancora i resti degli accampamenti dei romani (castra) con un lungo muro di cinta, che impediva la fuga agli assediati. I Romani spiavano la fortezza a distanza da una cresta montuosa più alta. La loro capacità tecnica li spinse alla fine a costruire, dal lato opposto al sentiero del Serpente, una rampa alta 200 cubiti, più un’ulteriore piattaforma di 50 cubiti (per una complessiva altezza di 111 metri), dove eressero un’alta torre di assedio in modo da raggiungere l’altezza delle mura e lanciare pesanti massi con le catapulte. Nello stesso tempo riuscirono ad aprire una breccia nel muro con l’ariete. Gli zeloti, da parte loro, avevano rafforzato il muro con l’allestimento di una struttura in travi e terra battuta che assorbisse la spinta dei colpi dell’ariete. Alla fine i romani riuscirono a incendiare le travi di legno e, poiché era già notte, rimandarono al giorno dopo l’entrata nella fortezza. Quando gli assediati si resero conto di non avere più scampo, decisero di uccidersi in massa durante la notte. Un atto di coraggio che lo stesso Flavio Giuseppe riconosce ai “sicarii”, che egli in realtà considerava alla stregua di banditi, crudeli contro la loro stessa gente.
Il luogo è ora visto dagli ebrei come un simbolo della libertà dall’oppressione. Reclute dell’esercito israeliano vengono condotte sul luogo per pronunciare il giuramento di fedeltà al grido di: “Mai più Masada cadrà”.
Nica FIORI Maggio 2023