di Massimo PULINI
Sul campo della Pittura
Immagino che diversi storici dell’arte in questo momento si trovino a scrivere un ricordo di Maurizio Calvesi, sicché vorrei provare a farlo da pittore.
È da questa specifica angolazione che nel 1984 lo conobbi, fu Italo Tomassoni a presentarci a Perugia, nell’occasione di una mia mostra curata proprio dal raffinato critico umbro. Erano gli anni cruciali di una breve, ma intensa stagione del pensiero estetico italiano, quella che registrava (e insieme stimolava) un nuovo dialogo della pittura contemporanea con la storia e la memoria dell’arte.
Anacronismo lo definì per primo lo stesso Calvesi, ma venne da subito declinato in Ipermanierismo (Tomassoni), in Pittura Colta (Mussa) e poi in Nuova Maniera (Gatt), titoli che corrispondevano a differenti drappelli di artisti, ma tutti avevano intrapreso un’analoga via di ritorno ai pennelli, dopo che negli anni Settanta la principale ricerca artistica li aveva bruciati, lasciati seccare assieme ad un alfabeto millenario che invece aveva (ed ha ancora) infinite cose da dire.
Per Maurizio Calvesi quella stagione segnò forse l’ultimo momento di ‘critica militante‘, come veniva definita allora, anche se, nei discorsi che con lui feci in quel periodo, trapelava il rammarico della dispersione nei soliti piccoli eserciti ‘ducali’, che finirono per spuntare i talenti e le promesse di quel pensiero.
Calvesi, puntando l’attenzione su di un racconto rinnovatosi dopo il diluvio, aveva captato non solo un sentimento trasversale tra i cavalletti e le scrivanie italiane, ma anticipato le posizioni radicali di Jean Clair e insieme la poetica di Yves Bonnefoy.
Tutto il lavoro di ricerca, di insegnamento, di promozione editoriale e di pensiero che Maurizio svolse, sono certo che altri commenteranno, io mi limito ad accennare a questo episodio che lo vide di nuovo in mezzo a un campo di artisti, come vent’anni prima aveva fatto con i protagonisti della Pop Art italiana.
Le mie frequentazioni successive si spostarono sempre di più verso argomenti di storia e verso questioni di filologia, accompagnate sempre dalla presenza vulcanica e dalla costante ironia di Augusta, alla quale va ora il mio pensiero più affettuoso.
Massimo PULINI 26 luglio 2020