di Valeria FEDERICI Storica dell’Arte
Valeria Federici è attualmente ricercatrice associata presso il Center of Advanced Study in the Visual Arts della National Gallery of Art di Washington, D.C., USA. Ha conseguito il dottorato in Studi Italiani nel 2019 presso la Brown University, con una tesi a carattere interdisciplinare nella quale ha esplorato l’utilizzo delle tecnologie informatiche da parte di artisti e collettivi attivi nelle grandi aree urbane italiane nelle ultime decadi del ventesimo secolo. Ha pubblicato diversi articoli nati da questa ed altre ricerche su temi quali le teorie e le pratiche nel campo dell’arte contemporanea (Oxford Art Journal; Caareviews.org; Interdisciplinaryitaly.org); la rappresentazione della donna nel cinema e nella televisione in Italia, nel volume “Representations of Female Identity in Italy: From Neoclassicism to the 21st Century” (2016); e la storia dell’Italia post-unitaria (Italian Americana, 2018). Ha presentato queste tematiche in numerose conferenze internazionali e curato mostre e progetti indipendenti in italia e negli Stati Uniti.
“MEMESTETICA, il settembre eterno dell’arte” di Valentina Tanni: un libro sul gioco serio della cultura dei meme.
“MEMESTETICA, il settembre eterno dell’arte”, è un volume veloce e scorrevole dedicato all’analisi del rapporto tra arti visive e culture digitali. Gli argomenti sono organizzati in sei aree discorsive: da “L’immagine instabile” che mette in relazione le immagini mediate e la fotografia, al rapporto tra arte digitale e concettualismo, al fenomeno “meme”, ovvero la relazione con l’identità virtuale o virale e dunque la partecipazione. L’autrice ha il merito di navigare un soggetto irrefrenabilmente vasto e in continuo aggiornamento con chiarezza, dando l’opportunità di avvicinare in modo analitico un fenomeno che ci riguarda quotidianamente come la relazione tra la quantità di contenuti che ci scorrono davanti come un fiume in piena e l’interazione come effetto di questa inondazione. Tale interazione genera a sua volta altri contenuti in un vortice che si perde nell’inafferrabilità della rete e che viene qui analizzato dal punto di vista delle immagini catturate, modificate, reinventate e reinserite nuovamente nel flusso, generando un loop infinito.
L’autrice ripercorre una storia che attraversa due decenni, dal post-moderno al post-internet, e che è legata agli albori del web sociale, quando la piattaforma era attraversata da molti meno utenti e possedeva mezzi più limitati di condivisione. Allo stesso tempo, il “meme” è vicino alle pratiche artistiche lontane dalla “cultura alta” già emerse negli anni Settanta e che erano state notate da Umberto Eco (1977), citato dall’autrice (242). Nel “meme” si annida un fenomeno culturale ormai storicizzato, il web degli anni ’80 e ’90, riscoprendo l’immagine GIF “pixelata” (ovvero a bassa risoluzione) che rinnega la qualità di stampo professionista e perfezionista dell’immagine ad alta risoluzione, dando vita ad una estetica di gusto rétro che inneggia all’amatoriale.
Accennando al rapporto tra la fotografia e il “meme” digitale, Valentina Tanni evidenzia come la ricerca di realismo all’interno dell’estetica digitale abbia di fatto generato un desiderio di tornare ad un momento nell’evoluzione di questa tecnologia che precede l’attuale affidabilità della ricostruzione 3D, dello schermo dai margini netti e ben definiti. Il libro filtra tali caratteristiche sotto la lente della “rimediazione” (Bolter, Grusin, 1999). La rimediazione si riferisce a come gli strumenti tradizionali abbiano l’opportunità di rivivere attraverso quelli emergenti. Pertanto, è come se il ”meme” digitale avesse dato al fotografico la possibilità di reiventarsi e uscire rafforzato dal confronto. McLuhan nel suo saggio iconico “Il medium è il messaggio” aveva espresso tale possibilità affermando che “il contenuto di un medium è sempre un altro medium” (McLuhan, “Understanding Media”, 1964).
Come suggerito dal titolo “MEMESTICA”, uno dei temi principali del libro è la partecipazione degli utenti nella creazione di immagini fruibili dalla rete. Così come altre metafore che legano il mondo del computer e dell’informatica alla biologia – si è parlato di tale sovrapposizione tra il mondo elettronico ed il corpo umano ben prima dei “meme” (Vannevar Bush, As we might think, 1945 e J.C.R. Licklider, Man-Computer Symbiosis, 1960) – anche la parola “meme” proviene dagli ambienti scientifici, e in particolare dagli studi sulla genetica.
La “memetica” è infatti una teoria diffusasi negli anni Settanta che ci spiega che un “meme” ha la stessa funzione di un gene, ma agisce in ambito culturale ed ha una predisposizione al contagio, “cioè la capacità di attecchire e dilagare viaggiando da mente a mente, da persona a persona” e poi, di conseguenza, “da computer a computer”, come scrive Valentina Tanni (68-69). Fondamentale risulta pertanto essere l’interazione con il soggetto umano, con gli utenti, che determina il successo di un “meme”, ma attraverso risvolti imprevedibili, ovvero non è dato sapere se un “meme” diventerà virale o meno.
MEMESTETICA ci parla dunque dell’“emergere prepotente e incontrollato della creatività amatoriale” (7) e di come questa creatività poggi su un patrimonio ben consolidato e condiviso, poiché “la lista delle opere più scaricate e modificate corrisponde a quella delle opere più note” (99), anche dal punto di vista commerciale, basti qui citare gli artisti presi in considerazione, ovvero Leonardo, Michelangelo, Van Gogh e Munch. Si conferma dunque quel legame imprescindibile tra internet come lo conosciamo oggi e il cosiddetto mainstream. A ciò si lega la tematica del tempo, richiamato nel sottotitolo “il settembre eterno dell’arte” che si rifà ad un’espressione del 1994 di Dave Fischer, videoartista e fotografo statunitense (5). Anche se Fischer si rivolgeva in particolare ad un fenomeno legato ai primi accessi internet che aumentavano nel mese di settembre negli Stati Uniti, quando le matricole potevano accedere alla rete, in realtà ci sembra riecheggiare di nuovo McLuhan che vedeva l’elettricità come la componente che rendeva tutto istantaneo (McLuhan, 1964).
Nell’analisi di questi fenomeni non poteva mancare il confronto con le avanguardie storiche. L’arte legata alle nuove tecnologie è stata spesso affiancata, se non direttamente collegata, alle avanguardie che hanno caratterizzato la svolta determinante dell’arte moderna verso il concettualismo. Ciò nonostante, le istanze artistiche legate alla tecnologia informatica in generale, ed al web in particolare, sono anche lo specchio del contesto culturale definito dal cosiddetto post-internet.
L’autrice cita l’artista Marisa Olson che per prima parlò di post-internet nel 2008 in riferimento ai cambiamenti dovuti a tale fenomeno e che si estendono ben oltre la dimensione virtuale (246). Il dibattito sul post-internet è stato poi portato avanti sulle pagine di Rhizome piattaforma nata per dare un quadro comprensivo delle istanze artistiche legate al digitale e in particolare alla rete, e che offre una riflessione su come la definizione di post-internet possa in realtà essere mutata oggi rispetto a quella che ne diede la Olson.
Sotto la lente di tali trasformazioni il libro delinea le differenze tra queste pratiche e le avanguardie storiche, o le performance, sviluppatasi a partire dalla metà degli anni Sessanta e soprattutto Settanta. L’autrice afferma che da un lato “questo brulicare di creatività spontanea e irregolare appare come la realizzazione di uno dei progetti storici delle avanguardie” (133).
Nella momentanea, istantanea e allo stesso tempo eterna temporalità, la trasformazione post-internet ha raggiunto il fondersi della cultura “alta” e “bassa” in un “continuo presente”, per dirla con le parole dell’autrice, nel quale “tutta la storia delle immagini si mostra sotto i nostri occhi” (68). Dall’altro lato, è importante ricordare come l’attitudine giocosa di tali fenomeni sia avvicinabile all’esperienza di Fluxus e alla sua non necessità di competere proprio con l’avanguardia (136). Il patrimonio visivo è a disposizione degli utenti che in preda ad “impulsi creativi” danno vita alla profezia del “citizen artist” (Noll, 1967, citato a p. 8). Così contenuti esistenti vengono nuovamente ripescati nella rete, riutilizzati o appropriati dalla collettività. Un fenomeno che Henry Jenkins aveva definito “convergenza” (Jenkins, 2006) e una volta manifestatosi, “il vettore più potente in questo contesto è costituito dalla forma parodica” (62), un “gioco serio”, come viene definita dall’autrice la relazione tra utenti e “meme”.
Consideriamo, tuttavia che il ”meme” che Valentina Tanni discute in termini strettamente estetici e dunque artistici, si manifesta oggi esclusivamente all’interno del contenitore internet, fruibile a chi ne ha accesso e da chi ha dimestichezza con il mezzo. Questo rivela non solo una dimensione del tutto peculiare al fenomeno stesso che già lo distingue dai suoi predecessori, che siano il ready made o il détournament, ma la necessità di un lessico appropriato che non può che dipendere pesantemente dal mondo anglosassone, come emerge anche scorrendo le pagine del libro.
“MEMESTETICA” non può che essere un invito all’approfondimento, con numerose note in calce e riferimenti ad artisti e critici di cui si possono naturalmente trovare tracce in rete. Diversi sono infatti i progetti di cui si fa menzione. Alcuni esempi rilevanti sono “The Nine Eyes of Google Street View” (2009) dell’artista canadese Jon Rafman, ovvero una riflessione sulla presunta etica ed estetica di un dispositivo che fotografa il nostro mondo in modo solo apparentemente neutrale. Un altro esempio interessante, legato alla temporalità, è il progetto 24 Hrs in Photos dell’artista e curatore olandese Erik Kessels (2012) che ha creato un’installazione stampando tutte le fotografie caricate in un solo giorno su Flickr. Allo stesso tempo, ci sono esempi non ritenuti puramente artistici o di cui non si conosce l’artefice, proprio perché la creazione stessa del “meme” si perde nella sua viralità rendendo impossibile risalire alle origini.
L’autrice sembra anche affermare che gli artisti si sentano spaventati da questa raggiunta fusione tra arte e vita che dopo essere stata auspicata per oltre un secolo sembra compiuta (98). Che domande possiamo porci su questa interazione e sulle motivazioni che spingono gli utenti a questa partecipazione: è il bisogno di far parte della scena? Il desiderio di riconoscimento di rappresentanza nonostante i “meme” siano anche anonimi? Quali significati ci sono dietro la ricerca di un “like”?
Il libro restituisce un quadro complesso che lascia dunque spazio per altre analisi, approfondite e dettagliate di un fenomeno difficile da contenere e da definire, in parte pratica artistica, in parte rifiuto della stessa per puro intrattenimento. A ciò si lega pertanto la difficoltà di riconoscere tale pratica come appartenente al mondo dell’arte. Il contributo dell’autrice non solo ne arricchisce l’analisi, ma ovviamente ne studia il suo significato in corrispondenza ad un mondo dell’arte ancora restio a far i conti con l’effimero digitale poiché nega l’esistenza stessa di un autore o la durabilità del prodotto visivo e artistico. Intorno a questo nodo si articola una delle osservazioni del libro che sembra voler spronare il panorama artistico ad accogliere istanze che non possono neppure dirsi nuove. Pertanto, conclude l’autrice “È necessario espandere una volta per tutte la nostra idea di arte, accettando la possibilità che si tratti di una modalità di espressione e di soggettazione diffusa” (242).
Valeria FEDERICI Roma 7 marzo 2021
Si ringrazia la Nero Editions per le immagini.
Valentina Tanni, MEMESTETICA, il settembre eterno dell’arte. (Nero: Roma, 2020), 62 b&w illns., 247 pp., paperback, ISBN 9788880560982