di Giusy EMILIANO
Critica d’arte, curatrice museale e di eventi
Quando mi è stato proposto di scrivere un articolo sull’Arte al Femminile, i miei pensieri hanno viaggiato attraverso la memoria visualizzando scatole immaginarie e scrigni che contengono o nascondono qualcosa.
Il tema dell’Arte al Femminile può essere affrontato da molteplici punti di vista, ma non desidero parlare dell’emancipazione femminile, nemmeno attraversare clichè e stereotipi di genere. Desidero scrivere di libertà intellettuale, d’indipendenza e possibilità di esprimersi totalmente.
L’universo di un essere umano può essere racchiuso in una “scatola” o etichettato con singoli postulati? A volte si …
La mia scelta cade inevitabilmente su Louise Nevelson (1899-1988) scultrice ucraina e naturalizzata americana. Fin dall’inizio della sua carriera Louise comprende che l’approccio all’arte da parte di una donna deve essere identificabile, ma parallelamente deve fuggire da ogni forma di categorizzazione.
Le opere di Nevelson appaiono come lavori forti e vigorosi ma attraverso un’osservazione attenta è possibile soffermarci nel gesto che restituisce cura e delicatezza di scelta: “… il mio modo di pensare trascende il concetto tradizionale di quello che rende il femminile opposto al maschile”.
In questa frase vi è l’esigenza di staccarsi da qualsiasi stereotipo nel quale Nevelson non voleva entrare e che ha chiarito fin dalle sue prime interviste. -Non trascurabile la collocazione storica.- I suoi soggetti non sono mai neutri, la sua arte è sussurrata all’orecchio del fruitore e grazie a “suggerimenti chiave” ne indica la corretta interpretazione.
Le sue opere spesso sono state definite dei quadri scolpiti, infatti, restituiscono una bidimensionalità parallelamente a una scultura che non si sviluppa mai a tutto tondo.
Fin dagli anni ’30, osservando i suoi disegni di nudo femminile, s’intravede chiaramente che le sue esperienze di vita privata sono un tutt’uno alla sua ricerca. Si dedica per molto tempo all’apprendimento della danza con Martha Graham, soffermandosi sull’utilizzo dello spazio. Louise comprende che il movimento crea naturalmente un luogo-ombra: l’aria spostata dal corpo durante la danza può essere –concettualmente- annerita e quindi resa materica, visibile.
Louise utilizza il legno recuperato per strada, elemento di scarto, lo rende contemporaneo pur trattenendo il messaggio del passato. Assemblando oggetti di scarto e creando scatole vuote l’artista realizza volumi/spazi complessi nel quale è evidente un senso di spazialità musicale. Bruno Corà scrive:
“C’è un ritmo in questa composizione, ci sono scatole mute, delle pause e poi ci sono dei vuoti, delle ombre, dei ritmi di luce”.
Questa ricerca abbinata alla musica compone un linguaggio meglio espresso in pentagrammato.
La scultura di Luoise ha nel suo interno un processo continuo di rinnovamento estetico che è, apparentemente, facilmente decodificato. La sua gestualità artistica esprime libertà e leggerezza, crea voci plurali abbattendo il dibattito teorico nel quale ancora oggi l’arte scultorea è prigioniera.
Il suo processo indagativo è di cosi facile interpretazione che appare in contraddizione rispetto alle sue opere dalle grandissime dimensioni. Le stesse dimensioni sembrano far intuire la determinazione che le sue opere vivano nel luogo espositivo per eccellenza: il museo.
Durante gli anni ‘50 la Nevelson assembla opere denominate “paesaggi da tavola” come per esempio Moon Spikes IV (1955) nelle quali linee e spazi vuoti si ripetono in serie … prefazione dei suoi successivi lavori. Nello stesso periodo induce sulla scelta di un colore che li racchiude tutti: la pittura monocroma nera. L’artista afferma:
“Non penso di aver scelto io il nero. Penso che mi abbia scelto per dire qualcosa. … Nel mondo accademico, si diceva che il bianco e nero non sono i colori, ma … il nero per me è il colore totale. Significa la totalità. … il nero racchiude tutti i colori … è il colore più nobile di tutti”.
L’artista costruisce scatole sovrapposte, recuperando anche vecchie cassette, e nel loro interno adagia vari oggetti recuperati o da lei creati, come possiamo ammirare in Moon Garden Reflections (1956). Da qui sembra che il sentiero del suo cammino sia per Louise Nevelson molto chiaro: utilizzare scatole modulando e definendo uno spazio nel quale l’ombra possa diventare materica-solida. Il colore nero diventa elemento trainante di un suo segno artistico distintivo. L’oggetto, pur portando in se un evidente passato, restituisce una storia che va verso il futuro diventando oggetto fuori dal proprio tempo. L’assemblaggio degli oggetti non toglie il senso ma solo il significato stesso restituendo, però, nuova rigenerazione.
Successivamente Luoise cambia scala adoperandosi per dimensioni sempre più architettoniche approcciando a uno spazio verticale e orizzontale: compone strutture a griglia apparentemente irregolari. Con gesti casuali, Nevelson pone all’interno delle sue scatole frammenti di legno, di forme astratte con rimandi alla natura, una suggestione poetica che sollecita un dialogo intimo rispetto al tema dei ricordi e della memoria; anticipando temi di cura della natura e attenzione verso una concreta sostenibilità ambientale.
Il nuovo colore sperimentale di Luoise diventa il bianco e l’oro, senza abbandonare mai il nero. L’utilizzo dell’oro per l’artista è un ritorno agli elementi naturali (l’oro riflette il grande sole) ma vuole anche restituire agli oggetti un valore più alto di quello reale. Le sue ricerche volgono verso altri materiali come la plastica che entra nelle sue scatole con rigore compositivo e ordine (per esempio End of the Day _1972).
Negli anni successivi l’artista continua a inserire differenti materiali come acciaio, plexiglas e alluminio, ma il segno intramontabile e distintivo rimangono gli oggetti che lei creativamente assembla su tavole verticali di supporto (sedie, tavoli, letti..). Negli anni ’80, ultima parte della sua produzione, i colori trovano disposizioni materiche quasi a indicarne la sua partenza pittorica: sperimentale e mai scontata.
Desidero immaginare Louise Nevelson come una donna con grande immaginazione visiva. Nella sua mente una danza e un grande pentagramma sono idealmente sempre presenti durante le creazioni delle sue opere. Se avessi l’opportunità di bere un tè con Louise Nevelson avrei tanto da ascoltare, ma sono certa che mi farebbe molte domande. La curiosità e la sperimentazione sono insite nel suo sguardo fiero sul mondo fuori da ogni tempo.
Giusy EMILIANO Roma 10 gennaio 2021