redazione
Secondo un lancio d’agenzia Ansa la Procura di Rimini ha chiesto la confisca di un crocifisso custodito in una cassetta di sicurezza a San Marino e attribuito, seppur in maniera controversa, a Michelangelo Buonarroti.
Domani è prevista l’udienza. L’opera è una statuetta lignea di 40,2 centimetri che sarebbe stata in passato in possesso dell‘ambasciatore di San Marino in Giordania e Egitto Giacomo Maria Ugolini, morto nel 2006, il quale l’avrebbe poi affidata ad Angelo Boccardeli, suo uomo di fiducia, prima di essere sequestrata. Fin qui il lancio battuto dall’ANSA.
Non è inutile però ripercorre in breve almeno alcuni passi della ingarbugliata vicenda dove insieme ai tratti di quello che appare un autentico giallo si allungano le inquietanti ombre della massoneria e della mafia.
Va ricordato infatti che appena due mesi fa l’opera – per anni custodita nella Repubblica di San Marino– doveva riapprodare in Italia e ad accoglierla, con grande e comprensibile soddisfazione da parte della cittadinanza, era stata designata la città di Ascoli Piceno; qui il Crocifìsso sarebbe stato allocato all’interno dello splendido Battistero della Cattedrale di Sant’Emidio. Non sorprende che proprio la città delle cento torri fosse stata fatta obiettivo di un simile dono: è infatti la stessa città dell’avvocato Francesco Ciabattoni , difensore di Angelo Boccardelli -incappato come vedremo nelle maglie della giustizia- il quale l’aveva ricevuta in eredità (e non sarà l’unico ‘colpo’ come vedremo) dal conte Giacomo Maria Ugolini, ambasciatore della Repubblica di San Marino in Giordania ed Egitto, nonché rappresentante della Loggia massonica del Grande Oriente d’Italia del quale il Boccardelli era segretario.
Ma come era arrivata la statuetta nelle mani dell’Ambasciatore Sanmarinese?
L’opera si trovava in effetti nel monastero di Ain-Traz, in Libano, sottoposto alla giurisdizione del Patriarca Melchita di Costantinopoli Maximos V, un posto tutt’altro che sicuro, vista la situazione del Libano del tempo (siamo negli anni ’70), dov’era altissimo il rischio di bombardamenti. Fu dunque questo motivo che avrebbe spinto il patriarca ad affidare il prezioso manufatto al conte Ugolini. Ma i colpi di scena erano appena all’inizio. A qualcuno infatti venne il sospetto che il passaggio di mani fosse stato tutt’altro che limpido ed anzi si fece strada il dubbio che il Crocifisso –come pure altre opere d’arte- fosse stato trafugato. Di qui le indagini a suo tempo avviate prima a Torino e poi a Rimini dalle rispettive Procure, che aprirono fascicoli con ipotesi di reato di riciclaggio ed esportazione illegale di opere d’arte, non escludendo presunte infiltrazioni di stampo mafioso e della massoneria.
Fu specificatamente il tribunale della città romagnola ad aprire nel 2012 un procedimento, a carico di Angelo Boccardelli, e di Giorgio Hugo Balestrieri, ex capitano della Marina Militare, ex ufficiale Nato, ex tessera 2191 nella P2 di Licio Gelli, per 24 anni presidente della potentissima sede del Rotary di New York, sospettato da alcuni magistrati di essere stato un agente dei servizi segreti americani in Calabria, cointestatario della cassetta della Euro Commercial Bank, dove il crocifisso era custodito, configurando il reato di riciclaggio, disponendo altresì il sequestro dell’opera, assicurata per 50 milioni di euro. C’è da dire che di fronte alle contestazioni che gli venivano sottoposte Boccardelli giustificò il fatto di aver allocato il prezioso Crocifisso “sul Titano” (il rilievo montuoso che è il principale rilievo della Repubblica di San Marino, ndA) perché minacciato dalla ndrangheta che voleva sottrarglielo, tranne poi venire lui stesso accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Ma i fatti che portarono l’ex segretario del conte Ugolini alla sbarra non erano collegati se non parzialmente al Crocifisso. Secondo la ricostruzione de Il Sole 24ORE del 20 settembre 2015, Boccardelli venne accusato dal Tribunale di Reggio Calabria nel processo Maestro “perché in concorso con altri avrebbe offerto un contributo concreto, specifico e determinante per il perseguimento delle finalità della ‘ndrina Molè – della quale pur tuttavia non faceva parte organicamente – con particolare riferimento alla acquisizione da parte della stessa ‘ndrina della struttura alberghiera Villa Vecchia di Monte Porzio Catone (Roma), di proprietà del conte Ugolini, del valore (all’epoca) di 20 milioni ed ereditata da Boccardelli alla sua morte, nonché al controllo da parte della stessa cosca sulle attività economiche che si svolgevano nell’area portuale di Gioia Tauro”. Occorre infatti ricordare che il 18 novembre 2011 erano finiti alla sbarra alcuni presunti affiliati e fiancheggiatori della cosca Molè di Gioia Tauro. Le indagini della Dda di Reggio Calabria si concentrarono sulle ingerenze delle cosche al porto di Gioia Tauro nelle importazioni di merci. Tra i condannati figurava appunto Angelo Boccardelli cui toccarono sette anni e sei mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la sottoposizione, dopo la pena espiata, per tre anni alla misura della libertà vigilata. Il 19 giugno 2013 l’appello confermava la sentenza al Boccardelli, salvo poi essere definitivamente assolto nel 2015.
Non appena assolto dalle accuse, invero infamanti, e mentre cadeva anche l’accusa di traffico di opere d’arte mossagli dalla procura di Torino e poi, per competenza, da quella di Rimini Boccardelli, assistito dall’avvocato ascolano Francesco Ciabattoni, si mise ad inseguire il sogno di rientrare in possesso del prezioso Crocifisso affinchè, dichiarò alla stampa, “non possa mai essere venduta ma solo messa a disposizione di esperti e studiosi… nonché di cittadini, anche per continuare gli studi su Michelangelo”.
Dopo anni di battaglie giudiziarie finite senza condanna la statuetta stava per essere restituita a Boccardelli, ma il pm Davide Ercolani, ritenendo che per il reato di esportazione abusiva di beni culturali si possa comunque chiedere la confisca, ha avanzato l’istanza al Gip del tribunale riminese Vinicio Cantarini, come riferiscono quotidiani locali.
La vicenda come si vede è tutt’altro che chiusa e inoltre il dubbio rimane :
Ma il Crocifisso è davvero di Michelangelo ?
p d l roma luglio 2019