di Mario URSINO
Non so a voi, ma a me non convince l’identità del ritratto della donna
che non mi pare corrisponda alla fisionomia della famosa modella di Modigliani, la polacca Hanka Zborowska, moglie del poeta Lèopold Zborowskj, amici del pittore livornese, conosciuti a Parigi nel 1916. Più di un ritratto di entrambi, soprattutto della donna, Modigliani li ha eseguiti appunto dal 1916. È tuttora in corso, e il giudizio è ancora pendente, una difficile vicenda giudiziaria sul caso di 21 dipinti dichiarati falsi, che erano stati esposti nella mostra al Palazzo Ducale di Genova due anni fa; molto se ne è occupata la stampa, con le relative aspre polemiche derivate, ma che non è il caso qui di ricordare. Ma non è questo l’oggetto della mia attenzione, bensì l’identità della signora Zborowska nel ritratto, che si ritiene datato al 1917, comprensivo del clamoroso sequestro e appartenente alla Fondazione milanese del collezionista Francesco Pasquinelli. L’opera al momento è stata restituita in custodia giudiziale alla Fondazione stessa. Ora, non certo per intromettermi in tale delicata questione (sebbene nel corso della mia attività professionale mi sono imbattuto in giudizi, quale CTU, su alcuni falsi Modigliani alquanto grossolani, sui quali ancora recentemente ho riferito al Tribunale di Milano in qualità di teste), ma mi ha incuriosito il dipinto in questione [fig. 1], sul quale, ripeto, mi astengo da un parere non richiesto, ma che tuttavia mi ha suscitato qualche dubbio, come dicevo, sull’identità della persona raffigurata, definito come il Ritratto di Hanka Zboroswka, 1917. A questo proposito, desidero ricordare ai lettori che un paio di anni fa dedicai un mio lungo articolo al più celebre ritratto della Zborowska, conservato nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna, che ho avuto sempre con interesse sotto gli occhi durante il mio servizio nel prestigioso museo, ed è stata l’opera spesse volte oggetto della mia pubblica attività didattica istituzionale. Mi permetto qui di riproporre un brano del suddetto articolo:
La Signora dal collaretto, ovvero il Ritratto di Hanka Zborowska
Modigliani dipinse La Signora dal collaretto nel 1917 [fig. 2] (Ritratto di Hanka Zborowska), Galleria Nazionale d’Arte Moderna, l’anno in cui realizzò quella strepitosa serie di nudi femminili che tanto scandalo suscitarono alla sua prima personale a Parigi, Galerie Berte Weill, organizzata da Léopold Zborowskj (1889-1932), grande amico e protettore dell’artista, incontrato solo l’anno precedente. E la protagonista del nostro ritratto è appunto la moglie di questo sensibile poeta polacco.
“Aveva sposato una polacca – ha scritto Jeanne Modigliani – di buona famiglia, una donna con un volto di un perfetto ovale pallido, occhietti neri vicini alla radice del naso, collo sinuoso. Anna Zborowska diventerà uno dei migliori modelli di Modigliani […]. La Signora Zborowska tende tutt’oggi un mento acuto, sul collo, più flessuoso che abbia mai potuto vedere…”.
La Signora dal collaretto fu uno dei primi ritratti che Modigliani realizzò per la moglie del suo amico Zborowskj, a sua volta soggetto per altri suoi dipinti (si veda il Ritratto di Léopold Zborowskj, 1916, fig. 3, Museo d’Art di San Paulo). Modigliani e la sua compagna Jeanne Hébouterne vissero insieme a loro dal 1916 al 1920, l’anno della loro tragica scomparsa. E ciò spiega la quantità dei ritratti che l’artista produsse per questi suoi affezionati protettori.
La signora Anna Zborowska (1885-1978), inoltre, per quel suo ovale perfetto, il sinuoso collo lungo, sembrava corrispondere pienamente ai canoni estetici del nostro artista. In particolare, nel ritratto in esame, esalta (ed esaspera) tali caratteristiche e, nello stesso tempo, sottolinea con grande originalità, l’aspetto aristocratico della donna, con il bianco collare inamidato e sollevato che incornicia elegantemente il volto dell’amica, rinviando iconograficamente, anche in modo involontario, a modelli della ritrattistica seicentesca, con gli effigiati che spiccano le loro altere fisionomie su collari di merletti e gorgiere bianchissime, posti sulla sommità di sontuosi abbigliamenti rigorosamente scuri. Significativamente, quindi, il dipinto fu esposto con il titolo La colerette, [sic] (collerette, appunto, vuol dire “gorgiera”) per la prima volta in Italia nel 1930, a dieci anni dalla scomparsa dell’artista. Alla XVII Biennale di Venezia egli ebbe (forse tardivamente) il pieno riconoscimento nel nostro paese, e quindi gli fu dedicata, in questa esposizione internazionale, un’intera sala presentata da Lionello Venturi. Il ritratto riapparve in Italia oltre vent’anni dopo, alla VI Quadriennale Romana (dicembre 1951-aprile 1952), sempre in una sala individuale (quarantanove opere),presentata da Jeanne Cassou e Enzo Carli, con il titolo La Signora dal bavaretto (Parigi, coll. Max Kaganovitch). In questa occasione fu deciso l’acquisto per le collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, che non possedeva ancora opere di Amedeo Modigliani. Della signora Zborowska sono noti almeno una decina di ritratti e alcuni disegni, eseguiti tra il 1916 e il 1919; tra i quali il nostro alla Gnam, che è tra quelli della più alta qualità, come anche il ritratto di Hanka Zborowska seduta su un divano, 1917 [fig. 4],
conservato al MoMA, New York, a figura intera, seduta longitudinalmente in un ampio abito scuro.
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A questo punto, propongo il confronto tra i dipinti sopra descritti, e soprattutto con il ritratto della Zboroswska a New York: a mio avviso l’impostazione dell’opera, oggetto del sequestro, appare con molta evidenza derivata da quella americana al MoMA, ma dimezzata rispetto alla figura intera nell’elegante posa della donna [figg. 5-6].
A parte l’alta qualità del ritratto newyorkese, l’esame fisiognomico fra i due dipinti non regge (e si veda anche il nostro nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna), i tratti somatici, sempre ben rappresentati da Modigliani, non corrispondono nel dipinto sequestrato; la signora Zboroswka, come ha ricordato Jeanne Modigliani, nelle parole sopra riportate, aveva ben precisato la fisionomia della donna:
“un perfetto ovale pallido, occhietti neri vicini alla radice del naso, collo sinuoso”.
Non mi pare che queste caratteristiche (sulla qualità della pittura il lettore può giudicare da sé) ricorrano nell’opera oggetto del clamoroso sequestro giudiziario.
Mario URSINO Roma 2019