di Marco FIORAMANTI
Roma, Teatro Arcobaleno
PIRANDELLO SEGRETO
Con Ennio Coltorti e Laura Forgia
Regia di Ennio Coltorti
Cet amour […] Cruel comme la mémoire / Bête comme les regrets / Tendre comme le souvenir / Froid comme le marbre […].
Jacques Prevert
“MÙSAMI, O DIVA…”
Interpretato dall’attore/regista, l’immenso Ennio Coltorti – che da sempre predilige introspezioni volte a individuare verità nascoste – Pirandello prende forma e lineamenti direttamente in scena. In una sorta di gioco delle parti, anche lui, come l’autore, porta al definitivo debutto una sua allieva, Laura Lena Forgia, investita in modo egregio, nei panni di Marta Abba.
Si vive qui il dramma interiore di un autore che diventa personaggio. Inchiodato al suo stesso ruolo, si trova a vivere una delle tante vite da lui raccontate sulla scena.
La scenografia è eternamente divisa in due parti, nel gioco perverso del tormento di chi soffre per amore e l’estasi di chi s’offre come Musa.
Bella, dai capelli rosso fiamma, talentuosa e versatile, la giovane Marta, reduce dal successo milanese col Gabbiano di Checov, è ancora ignota al Maestro fin quando non gli viene segnalata dal suo fidato amico e critico, Marco Praga.
È il 7 febbraio del 1925 quando, invitata a Roma, si presenta al Teatro d’Arte dove Pirandello stava mettendo su una compagnia. Immediata l’infatuazione di Pirandello – scosso dal coté erotico dell’attrice – che freme nel sottoporla al provino, ignaro del fuoco interno che lo porterà a un amore sofferto e sublimato. Amore che lo obbligherà a un sacrificio sublime, fin’anche crudele, alla maniera di Wanda von Dunajew.
La pelliccia della Venere in questione, infatti, è di nuovo quella di una Dea – la Nostra Dea di Bontempelli che Pirandello stava per mettere in scena. Un ruolo questo che Marta impersona indossando con naturale eleganza e rigorosa sapienza, tutti i costumi delle opere del Maestro di Girgenti il quale resta impressionato dalla Abba al punto di dedicarle le successive opere.
Ai tre anni di profondo sodalizio a diretto contatto, fanno seguito lunghe assenze a causa dei viaggi di lavoro per entrambi e un interminabile epistolario (non sempre ricambiato) in cui Pirandello, straziato e frustrato dalla distanza – lei in America, lui su e giù tra Parigi e Berlino – impedito e inadeguato ad agire, entra in una profonda depressione che già lo aveva minato in anni precedenti.
L’artista vive così, suo malgrado, una sorta di psico-sadomasochismo sotto uno sguardo a volte disperato, a volte divertito, di lei che scrive:
“Io vivo solo di teatro e per il teatro. Il resto non mi interessa se non quando può darmi un mezzo in più per esprimere un lato della verità che chiarifichi e depuri la mia sensibilità di donna.
Una tragedia annunciata dunque, quella dell’Autore, forse da sempre rincorsa, opera dopo opera, e culminata in una disperata, quanto magica esistenza d’autore perché, inevitabilmente, “Artista è chi/ porta il suo respiro/ oltre il guado”.
Marco FIORAMANTI 10 Novembre 2024