di Eleonora PERSICHETTI
Da domenica 20 settembre a giovedì 31 dicembre 2020 l’esposizione temporanea al Museo d’Arte cinese di Parma si arricchisce di nuovi pezzi della propria collezione: da quelli donati ai Missionari Saveriani all’abbigliamento che essi stessi indossavano nei vari continenti in cui hanno operato. Un vero e proprio atlante dell’abbigliamento che si dispiega lungo il moderno e ampio percorso museale.
Il Museo d’Arte Cinese di Parma, voluto nel 1901 dal fondatore dei missionari saveriani e grande visionario Guido Maria Conforti (allora vescovo di Parma) proclamato santo nel 2011, rappresenta un contenitore artistico e documentario di eccezionale importanza, frutto di un lungo percorso storico. Per alcuni decenni i Saveriani operarono esclusivamente sul territorio cinese e fu proprio ai missionari presenti in Cina che il Conforti si rivolse, chiedendo loro di inviare periodicamente a Parma oggetti significativi di arte e vita locali
Come sottolinea Chiara Allegri, vicedirettore del Museo d’Arte Cinese ed Etnografico
“Il nostro viaggio nel mondo grazie all’abbigliamento e agli accessori dei popoli extraeuropei prosegue coinvolgendo nuovi pezzi della collezione del Museo d’Arte Cinese ed Etnografico. Si tratta sia di pezzi, dono dei popoli ai Missionari Saveriani, sia di abbigliamento locale usato proprio dai missionari per avvicinare le popolazioni locali. Come indicava San Guido Maria Conforti, fondatore dei missionari Saveriani e precursore delle missioni in Cina ‘occorre farsi cinesi con i cinesi’. Per questo il nostro museo custodisce e conserva abbigliamento da tutte le terre in cui i missionari hanno operato nei vari continenti”.
Sbirciando qua e là nel riallestimento, patrocinato dal Comune di Parma e sostenuto anche da Coop, dalla Cina abbiamo un Longpao, abito di corte molto elegante, colore bordeaux, insieme a un abito lungo moderno azzurro. Un’altra novità è la sezione dedicata all’abbigliamento dei missionari utilizzato in Cina nei primi anni del secolo scorso: tra questi un abito Chang Pao e un copricapo. Dalla Sierra Leone un abito e una tunica con accessori vari: dagli oggetti magici a una roncola rituale, passando per una curiosa tabacchiera e una collana in cuoio. Ritroveremo calzature femminili tipiche del grande impero, le scarpette con tacco a zoccolo, oltre all’ornamento nuziale: collare in tubolare a sezione rettangolare la cui faccia superiore rappresenta due draghi (simbolo di fertilità maschile).
È documentata anche la moda indonesiana e ancora, dal Giappone, giacche Haori rigorosamente di seta, con gli stemmi di famiglia “mon”, parasole di bambù e carta giapponese dipinta, Kimono femminili e Obi per donne sposate; dal Sudan, zucchetti, scarpe e babbucce tribali; dal Ghana, tessuti cerimoniali in seta della tribù Ashant; dal Bangladesh il Burqa delle donne musulmane bengalesi e parure di gioielli; dal Camerun le collane Kweyma KJella e le cavigliere di alluminio decorate a testa di uccello. Vasto il repertorio proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo. La mostra ospiterà gli elementi dell’abbigliamento tradizionale che costituiscono il corredo classico, l’emblema di appartenenza, della misteriosa società “segreta” iniziatica “Bwami”. Ci saranno i copricapi maschili nkumbu e sawamazembe, i muzombolo femminili, decorati con piume e bottoni, fasce decorate con le conchiglie-moneta conosciute come Cauri, gonnellini in fibra vegetale, bandoliere mukoma, fasce pettorali e diademi. Sorprendente l’angolo dedicato alle popolazioni amazzoniche: non mancherà nulla del corredo decorativo del popolo Kayapò.
Grazie all’abbigliamento e agli ornamenti è facile intuire, in qualsiasi popolo, l’appartenenza a ad uno stato sociale o un’etnia. L’abbigliamento è una vera e propria forma di comunicazione codificata e facilmente interpretabile a livello sociale. E al Museo d’Arte Cinese ed Etnografico di Parma sarà possibile leggere tante storie impreziosite dai busti sartoriali in lino e manichini bimbo realizzati da Bonaveri, leader mondiale nella creazione di manichini d’eccellenza.
Tutti i pezzi in mostra appartengono alla collezione del Museo, ma molti di essi non sono mai stati esposti: proprio per questo si è pensato un riallestimento per dare spazio a diverse testimonianze della moda nel mondo, raccolte durante i viaggi da parte dei missionari Saveriani.
Durante la visita, dovrà essere indossata la mascherina (a chi fosse sprovvisto verrà fornita dal Museo) e dovrà essere mantenuta una distanza minima di due metri tra un visitatore e l’altro. Ogni locale è dotato di dispenser per la sanificazione delle mani. Le visite guidate (in lingua italiana, francese e inglese) sono possibili per piccoli gruppi di massimo sei persone (costo di 5 euro a persona) previa prenotazione.
Il Museo ha poi un nuovo strumento che permette di intraprendere un viaggio tra le collezioni, mediante l’impiego dell’app MuseOn. Facilmente scaricabile sul proprio dispositivo (smartphone o tablet) una volta arrivati al museo, funziona comodamente senza l’utilizzo del wi-fi, e permetterà di vivere una visita guidata personalizzata, tra schede didattiche, audio e video, per favorire l’incontro tra il visitatore e le molteplici culture del mondo che il Museo ospita, permettendo inoltre di rimanere aggiornati sulle iniziative future.
Eleonora PERSICHETTI 13 settembre 2020