di Claudio LISTANTI
Hӓndel e Sardelli. Vivo successo per I Concerti Grossi op. 3 a Santa Cecilia
Mercoledì 30 gennaio la Stagione di Musica da Camera dell’Accademia Nazionale di
Santa Cecilia prevedeva l’esecuzione dei Sei Concerti Grossi op. 3 di Georg Friedrich Hӓndel affidata allo ‘specialista’ Federico Maria Sardelli che ha guidato l’Accademia Barocca di Santa Cecilia ottenendo al termine un lusinghiero successo di pubblico accorso numeroso presso la Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica. (Fig 1)
La creazione dell’Accademia Barocca è da ritenersi una delle operazioni più importanti messe in campo dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nell’ambito della sua straordinaria attività nel campo della Musica, sia nazionale che internazionale. Nata nel 2005 per arricchire la già rilevante attività cameristica della prestigiosa istituzione musicale romana, con l’intento di rinnovare l’insegnamento della grande tradizione romana della musica barocca che si è tradotta negli anni non solo nella cospicua produzione musicale ma anche nella formazione del gusto del pubblico che qui a Roma ha sempre seguito con interesse le esecuzioni di questo genere di musica.
L’Accademia Barocca è formata da strumentisti appartenenti all’Orchestra Sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, tutti in possesso di una notevole esperienza esecutiva accumulata in anni di concerti sinfonici dedicati a composizioni di tutti i tempi, esperienza che consente loro di affrontare con particolare efficacia il repertorio barocco. Oltre ai concerti di Santa Cecilia, la formazione ha partecipato a diversi festival dedicati al barocco ed a tournée all’estero ottenendo sempre ottimi successi. (Fig 2)
Dal 2013 i concerti dell’Accademia Barocca sono presenti in maniera costante nelle stagioni di Musica da Camera di Santa Cecilia e la guida è stata affidata a Federico Maria Sardelli, flautista e direttore d’orchestra, musicista tra i più apprezzati per l’esecuzione di musiche del ‘600 e del ‘700. Particolarmente esperto di Antonio Vivaldi, è stato nominato curatore del Catalogo Vivaldi ed è anche membro del comitato scientifico dell’Istituto Italiano Antonio Vivaldipresso la Fondazione Giorgio Cinidi Veneziarendendosi anche protagonista di riscoperte di opere vivaldiane come Motezuma e una nuova versione di Orlando Furioso. La sua attività direttoriale spazia a 360 gradi nel vasto orizzonte della musica barocca e le sue esecuzioni sono sempre apprezzate dal pubblico e dalla critica.
La raccolta dei Sei Concerti Grossi op. 3 di Georg Friedrich Hӓndel può essere considerata un’opera musicale dalla storia controversa ma affascinante. E’ la prima raccolta di musica strumentale del grande musicista sassone ma da lui non pubblicata direttamente. La pubblicazione, infatti, fu opera dell’editore londinese John Walsh che nel 1734 ne produsse una edizione a stampa. Questi era un editore molto attivo nella Londra del primo ‘700; con questa operazione volle soddisfare le numerose richieste di musica scaturenti dai fasti dei successi dei vari Albinoni, Vivaldi e Corelli per celebrare quello ‘stile italiano’ molto in voga e la musica di Hӓndel, visti i trascorsi romani del musicista e la frequentazione personale con Arcangelo Corelli per acquisire, e condividere, la forma a ‘Concerto Grosso’, che fondeva la parte più squisitamente solista del ‘concertino’ con quella di ‘riempimento’ e di ‘raddoppio’ del concerto grosso, era certamente l’ideale per esigenze estetiche di questo tipo. (Fig. 3)
Dei sei concerti grossi editi come op. 3, non vi è prova del coinvolgimento diretto di Hӓndel ma, con ogni probabilità, fu lo stesso Walsh a procedere ad una operazione di assemblaggio di altre composizioni, pratica della quale era indiscutibile esperto. Tutti brani utilizzati sono di provenienza squisitamente haendeliana, composizioni che coprono un periodo che va dal 1712 al 1722; quanto oggi ascoltiamo, quindi, risulta indiscutibilmente organico nell’insieme ed è testimonianza assoluta della poetica musicale di un grandissimo musicista.
I sei concerti grossi op. 3 sono tutti di ispirazione ‘italiana’, escludendo forse il n.4 in fa maggiore il cui ritmo spiccatamente danzante lo porta ad essere considerato di stampo ‘francese’. Tutti hanno come protagonista l’oboe al quale sono affidati parti di grande virtuosismo come nel n. 1 in si bemolle maggiore, dove lo strumento viene esibito in coppia così come nel n. 5 in re minore dove emerge anche un notevole spessore ed una non comune sapienza strumentale. Poi il n. 3 in sol maggiore con l’incantevole Allegro iniziale ed il serrato dialogo tra il violino primo del concertino e l’oboe il cui canto appassionato è proiettato poi nel suadente Adagio centrale. Come non ricordare anche lo strepitoso finale del n. 2 in si bemolle maggiore con la coppia di oboi dalle linee melodiche ‘intrecciate’ e ‘filigranate’ ma, soprattutto, il n. 6 in re maggiore, il più haendeliano dell’op. 3, i cui intrecci di suoni ricordano l’Hӓndel maturo dei grandi oratori e delle grandi opere. A proposito di questo concerto c’è da sottolineare il fatto che nell’esecuzione ceciliana che stiamo recensendo gli esecutori hanno inserito tra i due unici movimenti pubblicati da Walsh, un movimento centrale palesemente mancante, un Adagio per organo solo proveniente da Pastor fido; una scelta condivisibile perché, oltre a dare completezza al concerto inserendosi con efficacia tra i due movimenti esistenti, Vivace e Allegro, creano anche una ideale linea di congiunzione con quest’ultimo, anch’esso proveniente da Pastor Fido. (Fig. 4)
L’esecuzione ascoltata all’Auditorium Parco della Musica si è rivelata eccellente in ogni suo aspetto con Federico Maria Sardelli che ha saputo guidare al meglio gli strumentisti per raggiungere la necessaria amalgama tra tutti gli strumenti esibendo un suono, nell’insieme, felicemente calibrato e curando, poi, con particolare attenzione non solo la dinamica dei suoni ma anche il ritmo ed i tempi di esecuzione.
Un risultato, quindi, ottimo, raggiunto anche grazie al singolo valore di ogni singolo strumentista ognuno dei quali in possesso di una indiscutibile professionalità. Tra questi vanno ricordati i violini di concertino, primo e secondo, Paolo Piomboni e Ruggiero Sfregola, assieme ad Andrea Coen clavicembalo di basso continuo e organo concertante e, soprattutto i due oboi solisti, Paolo Pollastri e Simone Bensi. (Fig. 5)
Il successo ottenuto al termine della serata è stato molto evidente, prova del gradimento da parte di un pubblico appassionato che conferma l’esistente stretto legame con la grande tradizione romana della Musica Barocca;
un risultato lusinghiero che sia di sprone per gli organizzatori dei concerti dell’Accademia di Santa Cecilia a reiterare nel futuro questa meravigliosa esperienza e che porti anche ad un auspicabile incremento dei concerti dedicati a questo genere di musica.
Claudio LISTANTI Roma febbraio 2019