di Beatrice BAISTROCCHI
Dal 23 aprile al 1° settembre 2024, l’Accademia Carrara di Bergamo presenta l’esposizione Napoli a Bergamo. Uno sguardo sul’ 600 nelle collezioni De Vito e in città, a cura di Elena Fumagalli con Nadia Bastogi. Il tema della mostra è insolito e assai poco studiato: nel XVI e XVII secolo Bergamo è legata a Napoli da importanti relazioni commerciali, dove Venezia rappresenta lo snodo attraverso il quale i quadri viaggiano dal Viceregno alla Lombardia. La presenza di opere a Bergamo nella seconda metà del Seicento si deve all’importante ruolo rivestito dai committenti, appartenenti al Consorzio della Misericordia Maggiore e del Capitolo del Duomo, che si impegnavamo nella decorazione delle principali chiese cittadine.
La mostra offre un completo sguardo sulla pittura napoletana del Seicento, affiancando i dipinti dell’Accademia Carrara a quelli di Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito, nata per volontà del collezionista e studioso napoletano, con cui l’Accademia ha stretto un partenariato. La Fondazione è prestatrice di più di venti dipinti della propria raccolta che illustrano lo svolgimento della pittura a Napoli. Il percorso, caratterizzato da un’illuminazione calda e soffusa, inizia con opere di Battistello Caracciolo (Napoli, 1578 – 1635) e Massimo Stanzione (Orta di Atella, 1585 c.a.– Napoli, 1656), contraddistinte da una dolcezza espressiva, testimoniata dall’influenza di Caravaggio che soggiornò a Napoli due volte, tra il 1606 e il 1610. Anche il Sant’Antonio Abate di Jusepe de Ribera (Xàtiva, 1591 – Napoli, 1652) abbraccia lo stile caravaggesco, lasciando spazio a toni più morbidi (fig.1).
Di particolare interesse sono le mezze figure dipinte dal Maestro degli Annunci ai Pastori (attivo a Napoli tra il 1625 e il 1650).. Egli, come de Ribera, dipinge filosofi, allegorie dei Sensi e personaggi in meditazione, volti a stimolare riflessioni su tematiche morali molto apprezzate nel contesto dell’Accademia napoletana. Nella sala successiva passiamo ad un tono divenuto più ricercato ed elegante.
Le tele, per la maggior parte provenienti dalla collezione de Vito, sono di Paolo Fenoglio (Orta di Atella, 1590 – Conversano, 1645), Antonio de Bellis (1630- 1656), Bernardo Cavallino (Napoli, 1616 – 1656) e Andrea Vaccaro (Napoli, 1604 – 1670). In questa sala vengono inoltre esposte figure femminili, eroine e sante, contraddistinte dai panneggi ampi e teatralità delle pose (fig.2). Dai pannelli in mostra capiamo che questi soggetti vengono molto amati dai collezionisti napoletani seicenteschi.
Nel medesimo spazio sono collocate opere di Mattia Preti (Taverna, 1613 – La Valletta, 1699) e Luca Giordano (Napoli, 1634 – 1705), ciascuno presente con due dipinti: uno degli anni Cinquanta e un altro degli anni Settanta. L’obbiettivo di questa scelta espositiva è quello di mettere in relazione le diverse peculiarità stilistiche tra i due artisti coevi (fig.3).
Sarà Luca Giordano a fungere da ponte tra la prima fase della mostra, importante per comprendere il contesto della scuola napoletana seicentesca, e la seconda, dedicata alla presenza di pittori partenopei in terra bergamasca. A questa sezione veniamo introdotti con una proiezione che mostra da vicino il grande dipinto del 1682 raffigurante il passaggio del Mar Rosso e la gratitudine degli israeliti di Giordano, collocato tuttora nella basilica di Santa Maria maggiore di Bergamo. La tela viene rievocata in mostra da una versione di Antonio Cifrondi, dipinta qualche anno dopo l’originale.
La sala successiva rappresenta il fulcro dell’esposizione. Interamente dedicata a Giordano, troviamo esposte le quattro tele di martirio custodite nella chiesa di Sant’Evasio a Pedrengo e per la prima volta collocate in una sede museale (figg.4,5,6).
Qui si rifà al collega spagnolo Jusepe de Ribera, caratterizzato da un naturalismo reso attraverso tonalità cromatiche scure e forte risalto chiaroscurale. Di poco precedente è l’incoronazione di spine, inedito giovanile già nei depositi dell’Accademia Carrara, che presenta effetti di luce e colore di derivazione veneta (fig.7).
L’ultima sala è dedicata a Nicola Malinconico (Napoli, 1663 – 1727). Qui viene presentata una serie di dipinti poco noti o mai mostrati al pubblico. Allievo di Luca Giordano, giunto a Bergamo grazie all’intermediazione del mercante veneziano Simone Giogalli, agente del maestro, completerà quasi dieci anni dopo la decorazione della navata centrale della basilica di Santa Maria Maggiore, non portata a termine da Giordano.
Malinconico lavorerà successivamente nel duomo cittadino dipingendo la pala principale dell’abside, raffigurante il Martirio di sant’Alessandro. Sono inoltre esposti due bozzetti prestati dal Museo Gaetano Filangeri di Napoli e dalla Pinacoteca di Brera. In queste opere bergamasche impiega la cromia vivace usata dal maestro, come è evidente nel Convito di Baldassarre, che chiude l’esposizione (fig.8).
La mostra si pone l’obbiettivo di riscrivere il capitolo sulla pittura partenopea seicentesca a Bergamo; è la prima volta che il rapporto tra le due città viene indagato in maniera così organica, venendo negli studi precedenti appena accennato. L’esposizione aiuta visitatori e critici ad avere un quadro più completo sull’argomento, portando all’attenzione nuove attribuzioni, documenti e opere, per l’occasione restaurate, già presenti in città e in diversi centri della provincia, facendole conoscere maggiormente al pubblico. Infine, questa ricognizione degli artisti napoletani a Bergamo è senz’altro fondamentale per comprendere le peculiarità stilistiche che contraddistinguono i dipinti bergamaschi successivi alla grande impresa di Giordano.
Beatrice BAISTROCCHI Bergamo 30 Giugno 2024
Accademia Carrara, Piazza Giacomo Carrara, Bergamo
Dal 23 aprile 2024 al 1 settembre 2024
Orari: lunedi, mercoledi, giovedi, venerdi: 10.00 – 19.00. Martedi: 10.00 – 13.00 Sabato domenica e festivi: 10.00 – 20.00