Napoli città obliqua. Il recupero urbanistico “tra passato e presente” delle gradinate ‘Suor Orsola’

di Daniela CARDONE (foto di F. Soprani))

I gradini Suor Orsola si estendono sull’antico tracciato  che da oltre cinque secoli cinge la cittadella monastica Suor Orsola Benincasa di Napoli.

I gradini fanno parte delle storiche scale di Napoli,  oltre duecento in città, che a partire dal XIV secolo, rappresentavano l’intreccio delle complesse gradinate con rampe: assi di congiunzione tra la zona centrale della città e quella collinare del Vomero.

Come le ‘rampe del Pietraio’ o la salita Pedamentina, i tipici assi viarii, sorti tra il XIV e il XVII secolo, sono gradinate spesso nate grazie all’interramento di torrenti o sorgenti, che un tempo scorrevano appena ai margini della città, vuoi per la natura estremamente pietrosa del territorio, vuoi per  il susseguirsi continuo di ascese e discese che caratterizzano la morfologia della città.

La famosa Pedamentina di San Martino, ad esempio, con i suoi 414 gradini, nacque per collegare la favolosa Certosa di San Martino con il Corso Vittorio Emanuele,  via di fuga e via di difesa per tutelare anticamente Castel  Sant’Elmo dagli assedi esterni.

Dallo stesso Corso Vittorio Emanuele partono le ‘rampe del Petraio’, costruite per collegare il Vomero al quartiere Chiaia.

Percorso  che inizia poco più avanti il Complesso monastico Suor Orsola Benincasa per poi proseguire verso la zona collinare. In questa diramazione intessuta come una trama che ‘spacca’ Napoli da cima e fondo, converge la bellissima pedamentina ‘Suor Orsola’ che  da Corso Vittorio Emanuele ‘sale’ lungo la cinta muraria del monastero: una rampa seicentesca che fungeva da accesso alla struttura monastica su, fino alla Chiesa dell’Immacolata  e al romitorio del convento delle oblate, fondato nel XVI secolo.

Da giorni le piccole gradinate ‘Suor Orsola’ sono sotto i riflettori non per gli onori oscuranti della cronaca napoletana o per la declamazione degli squarci di non ordinaria bellezza ch’essi possiedono.

Un progetto di notevole rilevanza urbanistica per il recupero e la valorizzazione della storica pedamentina è stato recentemente varato grazie a un protocollo di intesa stipulato tra il Comune di Napoli e il Suor Orsola Benincasa, oggi una delle  più antiche Università d’Italia. Una strada pubblica che di fatto viene ‘restituita’ ai cittadini, attraverso l’investimento in opere di riqualificazione viaria e in opere di arredo urbano,  lasciando alla città la memoria di un segno urbanistico che per tipologia architettonica ancora la caratterizza, insieme con le altre scalinate che compongono il  ‘reticolato’ dei Quartieri spagnoli.

Il vecchio percorso conduce direttamente al portone storico della cittadella monastica fondata nel 1582 da Orsola Benincasa, la mistica di cui conserva il nome, raggiungendo attraverso scorci di incomparabile fascino, la Chiesa dell’Immacolata e la restante complessa struttura monastica. Le gradinate esterne diventeranno  un museo ‘aperto’  per gli arredi e gli allestimenti murari previsti e, contestualmente, condotta principale verso la struttura  museale del convento. Negli spazi oltre la cinta muraria in tufo, che si innalza per quasi venti metri, gli affreschi di Michele Foschini,  Pietro Bardellino, le opere del Museo dell’Opera universitaria: dalla grande tela de La salita al Calvario attribuita a Jusepe de Ribera alla maestosa tavola cinquecentesca dell’Immacolata Concezione, al Cristo deposto di Giacomo Colombo,  alle opere di Andrea Vaccaro,  Andrea Malinconico, Salvatore Mollo, custodite nella ‘Sala degli Angeli’ , l’antica chiesa del monastero risalente al XVII secolo.

Il restauro dei gradini ‘Suor Orsola’ è un’ulteriore operazione sinergica di ricongiunzione tra la parte alta della città e il nucleo storico dei Quartieri spagnoli. La tradizione umanistica e la progettazione scientifica si intersecano con la necessità di  recuperare e riscoprire, in un certo senso, la realtà di percorsi antichi e popolari, sottratti alla vita quotidiana della città. Nel 1950, dopo il romanzo d’esordio ‘Spaccanapoli’, Domenico Rea pubblicava un saggio dedicato alle ‘Due Napoli’, mostrando come la città fosse stata sempre raccontata dall’esterno, impedendo che venissero allo scoperto le sue verità viscerali. La realtà cioé, spesso violenta, popolare e carnale della Napoli  iperbolica, sconnessa, esattamente al pari delle vie in salita e in discesa che la compongono e ricompongono e che la disegnano obliquamente, come nella celebre canzone di Edoardo Bennato  degli anni Ottanta: né piana, né verticale.

È ancora così la Napoli delle gradinate e dei Quartieri spagnoli per cui il tentativo progettuale di interpretarne nuove esigenze e nuove prospettive  si è risolto più spesso in varianti o alternative a quelle pedamentine che, provate dall’antico degrado, sono rimaste a lungo isolate nel silenzio e nell’abbandono della città.

Nel 1987  Richard Meier in un progetto di riqualificazione dei Quartieri spagnoli, li ricordava per la loro caratteristica più sorprendente:

«il loro reticolo, tracciato in modo uniforme, unico nella spettacolarmente scenica, collinosa e caotica città di Napoli».

Il tracciato di cui parlava Meier è elemento inviolabile di quel tessuto urbano a cui si riallacciano  le gradinate e le scale di Napoli, proprio come il progetto che a partire dalla cittadella monastica di Suor Orsola ci restituisce  tra conservazione e rinnovamento, un segno storico, dialogando tra il passato e  il presente della città.

Daniela CARDONE   Napoli  14 febbraio 2021