di Francesco MONTUORI
Migranti sull’About
di Massimo Martini e Francesco Montuori
Le cattedrali romaniche di Tuscania
Parte Prima
LA CATTEDRALE DI COLLE SAN PIETRO
A quanti provengono da Roma l’acropoli di Colle San Pietro a Tuscania si staglia con chiarezza all’orizzonte; svettano le torri di difesa dell’antica acropoli e incorniciano la facciata cuspidata della grande basilica di San Pietro (fig. 1).
E’ un paesaggio suggestivo, pressocchè identico a quello che i viaggiatori del medioevo potevano apprezzare quando vedevano il Colle profilarsi all’orizzonte; ce lo ricordano Totò e Ninetto Davoli nel film di Pier Paolo Pasolini Uccellacci Uccellini (figg. 2a e 2b).
L’acropoli sorge sulla primitiva città etrusca, situata come un baluardo nel punto più alto del territorio (fig. 3); qui si insediò la sede vescovile della diocesi di Tuscania sancendo l’unificazione del potere civile con quello religioso.
Sappiamo da un iscrizione del ciborio che la costruzione della chiesa ebbe inizio nel 1093 e si protrasse fino allo scadere del XIII secolo quando fu completato il registro centrale della facciata.
Avvicinandosi alla città il panorama cambia rapidamente; ora prevale la grande tribuna absidale rivolta ad occidente che precipita giù dal Colle con la sua imponente massa muraria; rilevanza figurativa acquista la sua superficie esterna e la fusione di valori strutturali e decorativi che i costruttori della basilica le conferirono.
Il sistema viario per giungere agevolmente alla basilica di San Pietro è ancora quella di epoca etrusca. Al Colle si arriva ancor oggi da una strada originaria attualmente denominata via delle Crocette, una biforcazione dell’antica via Clodia, una strada lastricata e ben conservata che perviene alle spalle della basilica di San Pietro. Percorrendo via delle Crocette il panorama si apre da un lato verso la basilica di Santa Maria Maggiore posta ai piedi della salita, mentre dal lato opposto è possibile ammirare da vicino i dettagli decorativi della basilica di San Pietro pensati dai costruttori dell’Alto medioevo.
La basilica, esposta ad occidente, ha l’abside illuminato dalla luce del tramonto; il terreno in forte discesa amplifica la scenografica visione della costruzione (fig. 4).
L’abside suggerisce a chi perviene da via delle Crocette il significato formale dell’edificio; i costruttori calcolarono il punto di vista di chi sale al monumento e svolsero il programma decorativo dell’abside fino a tutta la fiancata nord che ne continua e ne completa le premesse (fig. 5). Non è dunque casuale che il lato opposto della grande chiesa appaia più trascurato ma essenziale.
Il repertorio decorativo rende l’insieme un vibrante e cromatico tessuto murario che mette in secondo piano la grande massa muraria della basilica. I costruttori sfruttarono ogni tendenza figurativa dell’epoca, l’XI secolo, evitando di rendere l’involucro murario un semplice volume e facendo prevalere i partiti decorativi; la soluzione cromatica delle superfici murarie immerse nella luce è pensata per alleggerire la massa imponente della costruzione.
I costruttori usarono materiali diversi, il tufo ed il mattone, e variarono la superficie muraria con l’alternanza dei vuoti e dei pieni, dei rincassi e degli aggetti. La massa muraria è alleggerita grazie al raddoppio del partito decorativo delle esili semicolonne in tufo, interrotte da due giri di archetti ciechi che modulano la superficie; dagli incassi e dai pieni che determinano forti contrasti di luce; dai rombi realizzati a mattoni disposti di taglio; dalle grandi aperture, inquadrate dalle colonnine, organizzate con un’accorta alternanza radiale di pieni e di vuoti (fig. 6).
La grande massa muraria, grazie alla variazione di scelte decorative, vibra, levigata dalla luce del tramonto.
Proseguendo per via delle Crocette si incontra la strada in salita che proviene dalla città; essa permette di giungere in vetta al Colle e di accedere all’acropoli medievale (fig. 7).
Il paesaggio muta radicalmente. Dove prevaleva la verticale ora domina l’orizzontale: la piazza pianeggiante è delimitata per tre lati: le torri altomedioevali di difesa della città; di fronte ad esse il Palazzo episcopale; sul fondo lo spazio è chiuso dalla facciata della basilica di San Pietro (fig. 8).
Le quattro grandi torri ricordano la presenza dell’architettura civile sull’antica acropoli: il basamento bugnato, le porte di accesso ogivate di piccole dimensioni per motivi di difesa, appartengono ad una tipologia ben radicata nella Toscana medioevale; il Palazzo vescovile, un edificio rettangolare formato da un ambiente voltato a botte e da un grande vano superiore, è edificio più tardo della costruzione dell’antica cattedrale sulla quale si appoggiano le mura dell’episcopio.
Il fronte della Cattedrale, distrutta da un antico terremoto, fu riedificato a partire dall’anno 1093. La facciata cuspidata affiancata dalle ali laterali a spioventi è soluzione di antichissima origine, ma ciò che distingue la facciata di San Pietro è il risalto del corpo anteriore centrale sottolineato dalla sua straordinaria decorazione. Ai lati le arcate cieche sorrette da due esili colonnini inquadrano gli ingressi laterali (fig. 9).
Il forte aggetto del corpo centrale è concluso da una loggetta marmorea, una forte linea chiaroscurata che definisce la parte superiore arretrata della facciata, destinata al grande rosone; due paraste laterali sorreggono una trabeazione sorretta da mensole raffiguranti maschere o teste di animali su cui si imposta il triangolo della copertura (fig. 10).
Si entra finalmente nella Cattedrale. L’interno è impostato su un attento equilibrio delle forze; occorreva superare grandi difficoltà per la grandiosità dei volumi, della natura del terreno argilloso e del territorio soggetto a frequenti terremoti. Fu necessario un virtuosismo tecnologico che spiega la presenza di costruttori d’Oltralpe, probabilmente normanni. Punto focale dell’interno è il nucleo dell’edificio, un presbiterio a forma allungata, evidenziato dall’arco trionfale e da arconi laterali all’incrocio fra i bracci longitudinali e traverso (fig.11).
Si realizza così una reale pianta a croce latina, un edificio profondamente rinnovato e lontano dallo spazio indefinito ed indifferenziato degli interni delle basiliche paleocristiane (fig.12).
San Pietro è una basilica a tre navate senza transetto; le murature perimetrali si restringono asimmetricamente in corrispondenza del presbiterio; una scalinata precede due grandi pilastri, su cui si appoggiano le semicolonne degli archi della navata e del grande arco centrale.
Pesanti murature premono sugli archi a doppia ghiera e sulle tozze colonne della navata in opposizione alle forme slanciate dell’insieme. Gli archi presentano nella ghiera inferiore un motivo strutturale innovativo, la pietra incavata e dentata che, come raggi ruotanti, trasformano la greve massa statica in elemento di tensione, contribuendo a creare una scansione ritmica e un’ alternanza chiaroscurale (fig.13).
La pietra in aggetto che aggredisce la superficie sprigiona un senso di primordiale forza che raggiunge il massimo nell’arco terminale della navata destra: qui i conci non sono legati fra loro e appaiono come cunei divisi simili ad un’enorme dentatura. Una semplificazione delle stalattiti, desunta forse da fonti islamiche (fig.14).
Nella parte terminale orientale della navata si nota che lo spazio fra gli intercolumni è più breve e che le ghiere si appoggiano su mensole figurate. Si tratta della parte cronologicamente più recente della navata la cui datazione è fissata allo scadere del XII secolo.
Presto Tuscania non sarà più sede vescovile; l’abbandono del Colle di San Pietro fu un fenomeno di lunga durata. Nel ‘300 si tentò di incoraggiare, senza successo, il ripopolamento del Colle. Dopo il drammatico sacco del 1495 da parte delle soldatesche di Carlo VIII, il titolo di cattedrale che ancora spettava a San Pietro fu trasferito alla chiesa di Santa Maria della Rosa, dove si andava sviluppando l’attuale città. Il Colle della Civita fu quindi abbandonato.
San Pietro e Santa Maria Maggiore scaglionati, com’erano, fra il IX e l’XI secolo, suscitarono la meraviglia di tutti gli storici dell’arte. Si domanderà Cesare Brandi:
“Come nacquero in quell’angolo morto della storia? Ma è che, a quel tempo, non era un angolo morto….”.
Apparivano isolati perché i loro rapporti non erano con l’arte di Roma, ma con le correnti artistiche nuove che venivano dalla Francia, dalla valle del Reno, dalla Sicilia.
Attraverso l’antica via Clodia, un vero e proprio corridoio medioevale, giunsero dai territori del nord e del sud maestranze che si erano formate presso le civiltà settentrionali o grazie alla cultura islamica siciliana; percorrendo la via Clodia, allora più sicura dalle scorrerie saracene delle strade della costa e della via Cassia, artigiani, scalpellini, muratori si fermarono a Tuscania provenendo dalla Francia, dalla valle del Reno, o risalendo dalla Sicilia. I monaci che percorrevano la via Clodia portavano con loro un bagaglio di conoscenze, notizie fresche di quel che si faceva nell’Ile de France.
Tuscania era allora una diocesi antica e potente; vantava il suo primo vescovo già nell’anno 595, Viburno Episcopus Civitatis Tuscanensis.
Si formò allora un nuovo linguaggio architettonico impostato sul repertorio costruttivo delle basiliche romane ma contaminato dalla maniera lombarda e comacina, con la cultura di Cluny e con quella islamica. Così a Tuscania, dopo un lungo intervallo di inerzia edilizia, si manifestò un rinnovamento profondo e ampio che riguarderà tutto il territorio dell’Alto Lazio.
Le basiliche di Tuscania diverranno esempio tipologico e figurativo dell’architettura religiosa della Tuscia romana; sull’esempio delle basiliche di Tuscania sorsero il Duomo di San Savino a Castro, San Pietro di Norchia, San Pancrazio di Corneto a Tarquinia, San Martino al Cimino, la Cattedrale di Sovana con i suoi grandi pilastri a file di conci bianchi e neri, che anticipano il Duomo di Siena.
La Cattedrale di San Pietro a Tuscania sarà la massima espressione della cultura architettonica italiana dell’XI secolo: per la schema basilicale innovativo; per le ardite soluzioni strutturali e decorative; per lo straordinario sviluppo in altezza della navata centrale, per il suo imponente grande arco trionfale (fig. 15).
Francesco MONTUORI Roma 8 ottobre 2020
NOTA BENE
Per l’accesso alla basilica di S. Pietro occorre contattare la sig.ra Paola Bartoccioni 347 8838069