di Emilio NEGRO
Il principio di “sussidiarietà” è una sacrosanta norma giuridica che è andata via via affermandosi nei più disparati ambiti della nostra società in cui il vocabolo viene adoperato con diverse funzioni semantiche a seconda del campo in cui viene usato. In termini più espliciti, la sussidiarietà può essere considerata come quel principio regolatore secondo il quale, se un’istituzione sottoposta -nel nostro caso l’associazione Proprietari Immobili del Centro Storico di Giaveno- è in grado di svolgere bene un compito determinato, l’ente superiore, ossia il Consiglio Regionale del Piemonte, deve intervenire unicamente per coadiuvare e favorire la buona riuscita dell’operazione.
Gli ambienti in cui più di frequente si realizza la sussidiarietà sono le scienze, la politica gli ordinamenti giuridici, l’assistenza sanitaia ecc., ma negli ultimi decenni di “vacche magre”, come è a tutti ben noto, tale principio giuridico è stato utilmente applicato anche alla storia delle arti figurative, soprattutto agli eventi ad essa collegati. E’ questo il caso della deliziosa esposizione Omaggio a Gonin. Enrico e Francesco, artisti piemontesi dell’Ottocento, inaugurata il 20 dicembre 2018 a Torino (dove resterà aperta fino al 1° febbraio 2019) nelle meravigliose sale di Palazzo Lascaris (via Alfieri, 15), attuale sede del Consiglio Regionale del Piemonte, presieduto da Nino Boeti che, insieme a Marco Marinello, presidente dell’associazione Proprietari Immobili del Centro Storico di Giaveno, ha meritoriamente patrocinato l’intelligente iniziativa volta a celebrare il talento di una coppia di artisti non sempre opportunamente considerati.
La mostra e l’utile pubblicazione ad essa collegata è stata inserita nella collana “L’occhio dell’anima” da EFFATA’ Editrice, mentre la curatela di entrambe è stata affidata alla solida esperienza di Arabella Cifani e Franco Monetti, storici dell’arte di lungo corso.
L’agile volume monografico ha il titolo esaustivo “Omaggio a Francesco Gonin (1808-1889)”, si apre con l’introduzione di Piergiorgio Dragone e si avvale della collaborazione di Marinello, Carlotta Venegoni, Lorenza Santa, Costanza Robasto, Enrica Coffano, Paolo Venco e Concetta Leto.
C’è un nome preciso dietro all’immaginario collettivo di generazioni di studenti e lettori dei Promessi sposi: il nominativo è quello di Francesco Gonin, valente pittore e incisore torinese che, su precisa richiesta di Alessandro Manzoni e i buoni uffici di Massimo D’Azeglio (noto genero dello scrittore), fu scelto per eseguire le illustrazioni del testo; dunque fu Francesco Gonin ad illustrare la cosiddetta “Quarantana”, cioè l’editio princeps della famosissima storia di Renzo e Lucia, pietra miliare della letteratura italica, edita nel 1840.
Una disperata vicenda d’amore e morte si nasconde invece nel bel Ritratto di Erminia Agnese Provana Del Sabbione e di suo figlio, una delle opere più significative presenti nelle sale espositive, dipinta dopo la scomparsa dell’avvenente protagonista: di lei si conserva ancora una treccia di capelli biondi legata da fiocchi di seta azzurra, e ovviamente la tela rilucente di raso e taffetà di gozzaniana dolcezza, magistralmente realizzata da Francesco Gonin.
In poco più di mezz’ora d’auto, costeggiando il lago d’Avigliana, si passa da Torino ai muri di Giaveno – là si spense il poliedrico Francesco -, dove un gruppo di agguerrite pittrici locali nel 2017 ha riprodotto sulle facciate delle case del borgo vecchio le notissime illustrazioni del Gonin per i Promessi sposi.