“Ombra Cara”: Mario de Maria detto Marius Pictor (1852-1924), al Museo Ottocento Bologna (fino al 30 giugno).

di Beatrice BAISTROCCHI

Ombra Cara: Mario de Maria detto Marius Pictor (1852-1924) in mostra al Museo Ottocento Bologna fino al 30 giugno.

Su iniziativa dei Musei Civici Bologna si tiene in città, fino al 30 giugno, la mostra diffusa dal titolo La pittura a Bologna nel lungo Ottocento 1796-1915 che coinvolge diciotto sedi espositive. In questo contesto il Museo Ottocento Bologna ospita una monografica su Mario de Maria, un’occasione per scoprire il talentuoso artista simbolista nel centenario della morte. Per la prima volta viene allestita una così vasta raccolta di opere del pittore; suddivisa in otto sezioni in dialogo con l’allestimento permanente del museo, ci permette un bellissimo gioco di confronti con gli artisti a lui contemporanei.

Il percorso espositivo segue cronologicamente la carriera pittorica di de Maria. Nato a Bologna nel 1852 in una famiglia nobile che si era distinta in ambito culturale, frequentò l’Accademia di Belle Arti felsinea. Il suo Autoritratto, realizzato in giovane età durante un soggiorno a Parigi, accoglie il visitatore (fig.1). Qui la sua pittura è già contraddistinta da sperimentazioni sul reale ed evidente risulta il legame con l’arte dei macchiaioli.

Fig. 1 Mario de Maria, Autoritratto, 1878, collezione privata

Nella seconda sezione della mostra troviamo l’artista a Roma. Fondamentale per lui fu la frequentazione del Caffè Greco dove si incontrava regolarmente con l’élite culturale italiana e dove ebbe modo di conoscere Gabriele D’Annunzio, che lo soprannominerà “Mario delle lune”, in riferimento ai paesaggi notturni e crepuscolari che questi prediligeva creare. De Maria e il poeta saranno legati da profonda amicizia; infatti nel 1886, quando verrà pubblicata L’Isotta Guttadauro, D’Annunzio gli commissiona due illustrazioni: L’Alunna (fig.2) riscoperta dalla direttrice del museo Francesca Sinigaglia,

Fig. 2 Mario de Maria, L’Alunna, 1886, Museo Ottocento Bologna

e l’Eliana (fig.3) per la prima volta riunite in mostra.

Fig. 3 Mario de Maria, La danza dei pavoni o Eliana, 1886, collezione privata

In queste raffigurazioni tocca straordinari effetti luministici, dove la luna a teschio diventa l’emblema del naturalismo spiritualistico dell’artista. Il pittore, giunto a Roma come Mario de Maria, ripartirà come Marius Pictor.

La sala successiva ci racconta del periodo veneziano. Il suo stile è qui caratterizzato da grande virtuosismo e totale aderenza al colore, accogliendo completamente la lezione di Rembrandt che scoprì come unica via da seguire. In questi anni sarà anche nel Comitato Ordinatore della prima Biennale e darà un’impronta internazionale all’esposizione invitando importanti artisti stranieri. Inoltre confezionerà il progetto architettonico della facciata del primo padiglione ed esporrà a tutte le edizioni della Biennale fino alla morte.

Nel 1903, tra i pittori della Sala Emiliana, sarà presente con tre opere visibili oggi a Museo Ottocento; la più significativa, La luna ritorna in seno alla Madre Terra (fig. 4) è uno dei suoi indiscussi capolavori.

Fig. 4 Mario de Maria, La luna ritorna in seno alla Madre Terra, 1903, Fondazione di Venezia

In città frequentò Vittore Grubicy de Dragon, pittore con il quale sviluppò un’amicizia fraterna ed una collaborazione attiva. Frammenti di lettere che i due artisti si scambiarono, vengono riportate sui pannelli che accompagnano i dipinti esposti in mostra a partire da quelli del periodo veneziano. Queste corrispondenze private, finora inedite, ci aiutano a comprendere meglio l’identità di Marius Pictor, uomo dai profondi valori.

Nel 1904 morì l’adorata figlia Silvia. Grubicy, per alleviare l’enorme dolore dell’amico, realizza un ritratto della bambina a perenne memoria, dal titolo Ombra Cara, che dà nome a questa esposizione. Il visitatore è accompagnato nella visione dell’opera dai brani delle lettere, posti accanto al dipinto, e viene così trasportato nel pathos della vicenda.

Superato il periodo doloroso, nel 1909 realizzò una grande personale alla biennale di Venezia, dove espose trentaquattro opere, alcune visibili in mostra. La personale ebbe una forte eco ed ottenne innumerevoli riconoscimenti.

Nell’ultima sezione troviamo Mario de Maria ad Asolo, suo rifugio durante il primo conflitto mondiale. I dipinti di questi anni si collegano ai temi della guerra e alla situazione italiana del periodo, approdando al grottesco e a racconti popolari e macabri (fig.5). L’artista morì il 18 marzo 1924 presso l’Ospedale Maggiore di Bologna.

Fig. 5 Mario de Maria, Storia di un mercante di scheletri, 1914, Fondazione di Venezia

La mostra, assolutamente da non perdere, curata dalla direttrice del museo Francesca Sinigaglia, apre a nuove situazioni critiche e ci accompagna nell’animo del pittore grazie alla moltitudine di quadri esposti di cui molti in collezioni private italiane e internazionali. Non solo: sono inoltre presenti importanti dipinti dagli Uffizi, dalla GNAM di Roma, dalla Fondazione di Venezia e dalle GAM di Roma e Milano. Il percorso espositivo permette quindi di comprendere appieno i mutamenti pittorici dell’artista e i suoi importanti successi, mettendo in luce anche le sue esperienze personali ed i suoi sentimenti. Ciò dà modo al pubblico di conoscere maggiormente de Maria, regalando ai visitatori un’esperienza unica e intima.

Beatrice BAISTROCCHI  Bologna 12 Maggio 2024

Museo Ottocento Bologna, Piazza San Michele 4/C, aperto tutti i giorni dalle 10:00 alle 19:00
Visite guidate incluse nel biglietto d’ingresso (12€/10€).