di Vitaliano TIBERIA
A proposito degli spostamenti delle opere d’arte dalle loro sedi istituzionali, per ordine di appartenenti all’attuale Regime politico della Russia riferiti coraggiosamente dal Prof. Oleg Voskoboynikov, del quale condivido l’analisi sugli errori politico-culturali dell’attuale classe dirigente di quel Paese, mi permetto di fare le seguenti riflessioni. E ricordo che gli abusi menzionati dal professore sulle opere d’arte non avvengono solo nell’autoritaria e oligarchica Russia, ma anche, per strano che possa sembrare, nella democratica Italia, nonostante esistano qui leggi e regolamenti da anni consolidati sulla tutela e la conservazione delle opere d’arte (la prima grande legge di conservazione artistica risale al 1939). Nel nostro caso, tralasciando i problemi per la tutela sollevati spesso dal profluvio di mostre, soprattutto quelle di opere lignee, si tratta di spostamenti di opere d’arte tanto rare quanto fragili in contrasto con la loro corretta conservazione, imposti” per ricorrenti motivi devozionali.
Clamoroso, anche se poco considerato dalla stampa ufficiale, il recente caso del Crocefisso ligneo del XIV secolo della chiesa di San Marcello al Corso a Roma, trasferito da quella sua sede temporaneamente sul sagrato di piazza San Pietro in una giornata di intensa pioggia perché il Papa pregasse al suo cospetto per la fine della pandemia.
Per esemplificare ulteriormente sull’argomento, ricordo anche lo spostamento dalla sua sede, per la processione annuale ad Orvieto, in occasione della festa del Corpus Domini, del Reliquiario del Corporale, opera insigne e fragile, di oro, argento e smalti, del senese Ugolino di Vieri, che la fece fra il 1334 e il 1338. Sono stato testimone negli anni Settanta del secolo scorso dell’amarezza del Soprintendente alle opere d’arte e alle architetture dell’Umbria, Francesco Santi, che cercò reiteratamente, nonostante le pressioni “dall’alto”, di opporsi al trasporto processionale del Reliquiario del Corporale .
Dunque, al di là di ogni confine geopolitico, non si può far altro che registrare mestamente ancora una volta la sconfitta del pensiero estetico kantiano su «l’armonia delle nostre facoltà spirituali», sul piacere disinteressato, sinonimo di libertà e di universalità, postulati dal geniale e metodico professore prussiano di Königsberg nella sua Critica del Giudizio, scritta a sessantasei anni, laddove è trattata la particolare realtà spiritualistica del bello che designa le opere d’arte e che è arcobaleno simbolico fra fede e morale.
Purtroppo, nella realtà, le testimonianze artistiche, per vari motivi concettuali o, più prosaicamente, funzionali alle logiche di vari poteri, sono state spesso usate senza cura della loro consistenza materica, che, è l’ineludibile requisito per la loro trasmissione a chi verrà dopo di noi. Non dimentichiamo che fondamentale nella speculazione estetica di Cesare Brandi sul restauro delle opere d’arte, accanto al concetto intangibile dell’immagine, fu proprio la materia designata come oggetto del restauro e intesa, pertanto, quasi parafrasando la dimensione arbitraria del linguaggio, come veicolo di una gnoseologia sensibile dell’idea artistica.
Dunque, le forzature sulla conservazione delle opere d’arte ci sono state e ci sono anche in Italia, che non è l’Arcadia, perché nel Bel Paese è stata talvolta mortificata la potestà di chi è giuridicamente preposto alla tutela storico-artistica: la prevaricazione non è di questo o quel regime politico, ma si realizza, sia pure con differenti fini e intensità, in qualsiasi parte del mondo, laddove, come pensò in grande John Locke, «ogni esercizio del potere va oltre il diritto, cui nessuno può avere diritto»!
Per quanto riguarda il ricordato episodio del Crocefisso della chiesa romana di San Marcello, stupisce il fatto che il Vertice del Dicastero vaticano denominato Pontificio Consiglio della Cultura, ora finalmente fuso nella Congregazione dell’Educazione Cattolica, non abbia rappresentato al Papa la possibilità di una preghiera certamente ecumenica ma meno dannosa per la conservazione della materia lignea di una scultura del XIV secolo, spettacolarmente esposta sotto la pioggia. Un fatto questo che dimostra ulteriormente quanto importante sia stata la determinazione di Papa Bergoglio di riformare, dopo una lunga gestazione, la struttura dei Dicasteri Pontifici, con la Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, promulgata nella festa di San Giuseppe del 19 marzo 2022; grazie a questo documento, il concetto di cultura cattolica è ricollocato nell’area pedagogica che tradizionalmente le compete nella formazione di un rinnovato umanesimo cristiano, al di fuori, dunque, di narcisistici tatticismi autopromozionali.
Mi permetto infine di ricordare sommessamente che i santi pregarono appartati e in silenzio, così che resta sempre potente ed esemplare il ricordo di San Benedetto in preghiera nel silenzio cosmico delle montagne sublacensi: ma fu da quel silenzio sconfinato che nacque il monachesimo occidentale e la civiltà che ne derivò. Ma questa è un’altra considerazione.
Se dunque è vero che le opere d’arte vanno vissute, è doveroso conservarle nel migliore dei modi. In tal senso, un esempio, che non ha riscosso tuttavia unanimità di consensi, è dato dal monumento equestre capitolino del Marco Aurelio, del quale, per sottrarlo alle intemperie, è stata fatta nel 1997, secondo un’idea certamente non romantica ma crudamente razionale, una copia posta al centro della piazza del Campidoglio.
Vitaliano TIBERIA Roma 28 Agosto 2022