di Alessandra IMBELLONE
Resterà aperta su appuntamento fino al 1° dicembre la mostra di Antonietta Orsatti presso la Galleria Lettera E di Paolo Cortese, rassegna che doveva concludersi con il finissage del 16 novembre e la presentazione del catalogo, ma che prosegue per via dell’incessante curiosità che sta suscitando. È una grande fortuna per quanti ancora non hanno potuto immergersi in questa piccola selva di opere esposte a terra e sui tavoli (i Cartocci, “foratini” modellati, teatrini e sculture di cartone), che con le carte dipinte appese al muro ci presentano il mondo ricco e variegato dell’artista.
Varcata la soglia degli ottanta anni, Antonietta Orsatti è alla sua prima personale a Roma: Antonietta Orsatti – “Ora ti racconto, non c’erano solo i fiori”. Realizzata in collaborazione con Gramma Epsilon Gallery di Atene, la mostra fa parte di un più ampio progetto dedicato a donne artiste che hanno lavorato in autonomia, spesso lontane dal mercato dell’arte. Il catalogo è curato da Paolo Cortese con la presentazione di Alfredo Accatino, figura di riferimento per la “outsider art”.
“Artista irregolare” la definisce a ragione Accatino per via del suo percorso lontano dai riflettori dell’arte contemporanea, ma non per la sua formazione, che ha seguito invece un iter tradizionale.
Antonietta Orsatti nel 1962, nel 1963 e nel 2023 ph di Piero Pompili
Nata a Casacanditella (Chieti) nel 1940, Antonietta ha lavorato da adolescente come modellatrice e decoratrice presso la manifattura Bontempo a Fara Filiorum Petri per poi frequentare la sezione di ceramica presso l’Istituto d’Arte di Chieti diretto da Tommaso Cascella. Nel 1963 s’è iscritta all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove ha frequentato il corso di scultura di Pericle Fazzini ed è stata seguita dal di lui assistente Goffredo Verginelli, già allievo di Publio Morbiducci. La tesi discussa con Antonio Del Guercio nel 1967 è un lavoro di ricerca su Felice Antonio Giuliante, scultore noto come “l’ultimo scalpellino della Majella” da Antonietta frequentato negli anni teatini. Parallelamente all’Accademia di via di Ripetta ha anche appreso la tecnica dell’affresco e dell’encausto a cera presso la Scuola di Arti decorative del San Giacomo.
Una creatività inesausta è quella luce interna che ha portato Antonietta a lottare per la propria emancipazione, imponendo il proprio percorso di studi contro il volere dei genitori, mantenendosi durante gli anni di studio con diversi lavori per poi sposarsi, mettere al mondo quattro figli (fra questi lo storico dell’arte Andrea Iezzi) e abbracciare l’insegnamento del disegno nelle scuole. Il suo lavoro scultoreo si volge allora dalla pietra della Majella, che scolpisce a mano con mazzetta e scalpello, alla modellazione dei “foratini”, i mattoni forati da costruzione prodotti nella fornace industriale di proprietà del marito, materiale che lavora ancora fresco per poi cuocerlo nella fornace. Antonietta sperimenta e utilizza diverse tecniche, dal collage alla linoleografia, dipinge su lenzuoli grandi come pareti e passa infine, nella sua piena maturità, all’ “età del cartone” (la definizione è, credo, sempre di Accatino), dove ogni retaggio accademico è ormai eliminato e la sua voce squilla limpida nel suo timbro originale, dando forma senza remore alle fantasie del proprio sé.
“Le mie ispirazioni nascono da piccole cose, come i fiori e oggetti che raccolgo anche da terra”, dichiara in un’intervista[i].
Per le sue opere Antonietta sceglie ora materiale povero e di recupero: cartoni da imballaggio che lavora nella vasca da bagno di casa, “panfuretti” e addirittura rotoli della carta igienica, che dipinge interamente richiamando al contempo le illustrazioni di botanica e la grafica dell’estremo Oriente. Crea assemblaggi di vario genere, scatole, oggetti, sculture, installazioni, teatrini e scenografie. “Per me il movimento delle mani è una cosa necessaria per riuscire a pensare”, rivela.
Nelle sue opere si respira il legame ancestrale con la forma e con la materia, con la religione popolare e con la terra d’Abruzzo, com’è evidente nei Cartocci, i grandi coni realizzati con stoffa indurita e modellata con il gesso, dipinti fuori e dentro, la cui forma è ispirata a quella de “lu scartozze”, che Antonietta, figlia di pastai, da bambina vedeva riempire di pasta sfusa e consegnare ai clienti per l’asporto.
“Ogni occasione è per lei spunto e fonte di ispirazione – scrive Paolo Cortese in catalogo -. Con quello spirito curioso, che solitamente caratterizza la fanciullezza, segue liberamente il filo della narrazione, un filo che si dipana tra fantasia, immaginazione e le memorie senza tempo dell’infanzia”.
La personale romana rende giustizia e speriamo porti fortuna a un’artista che ha a lungo operato isolata, la cui opera attende ancora una piena valorizzazione da parte dello Stato.
Alessandra IMBELLONE Roma 17 Novembre 2024
Antonietta Orsatti – “Ora ti racconto, non c’erano solo i fiori”
Roma, Galleria E, via Muzio Attendolo 14
Aperta su appuntamento fino al 1° dicembre 2024
tel. 3939677822
Nota