redazione
Orazio Riminaldi, un Maestro pisano tra Caravaggio e Gentileschi*
Grande mostra a Pisa, Piazza del Duomo, fino al 5 settembre
Al pari di tanti altri maestri che hanno affollato la scena artistica italiana dell’età moderna, il percorso di Orazio Riminaldi – nato a Pisa nel 1593 e scomparso nella sua città nel 1630 – è sconosciuto al grande pubblico.
La mostra che inaugurata a pochi metri da alcune delle sue opere più impegnative, e che perciò le ingloba nei suoi percorsi, vuole restituire all’artista il posto che merita nella storia dell’arte italiana.
Un posto che va ben oltre il pur grande prestigio delle committenze onorate dal pittore a Pisa, ma che lo situa tra i protagonisti del passaggio dalla stagione delle invenzioni di Caravaggio a quella del Barocco. Fu proprio il suo andirivieni tra Pisa e Roma a comportare non solo un costante aggiornamento sui fatti artistici dell’Urbe, ma a favorirne l’ inserimento tra i protagonisti di una accelerazione delle tendenze figurative che coinvolse tutti i principali centri artistici italiani.
Curzio Ceuli fu il protettore di Riminaldi negli anni della formazione e delle prime committenze importanti conseguite nell’Urbe.
Ceuli, banchiere e politico pisano in continuo pendolarismo con Roma, vantava in effetti stretti legami con l’alta borghesia gravitante intorno alla corte medicea e con varie famiglie aristocratiche romane. E fu Ceuli, in quanto Operaio della Primaziale di Pisa, a reclutare Riminaldi per le opere che conferirono la facies seicentesca al Duomo di Pisa. Ma Riminaldi poté contare anche sulla protezione della potente famiglia romana dei Crescenzi, che ne valorizzò e promosse le capacità. È dunque evidente che i committenti pisani di Riminaldi, in primis Ceuli, furono immersi nella koiné della Roma barocca, acquisendo strumenti critici tali da procurare al monumento simbolo della loro città il maestro più adatto a realizzare un corredo pittorico all’altezza delle loro ambizioni.
I contributi in catalogo vogliono mostrare i termini di questa dialettica e situarla nella storia sociale di Pisa; una storia ben più significativa di quanto appaia nella percezione attuale.
Questa mostra intende restituire al pubblico l’impatto delle opere di un grande pittore, il cui genio – dispiegato in un’attività poco più o che ventennale – fu spento dalla peste del 1630, all’apice di una forza creativa ancora oggi stupisce per l’altezza e l’originalità degli esiti.
Roma 30 maggio 2021