di Giulio de MARTINO
Pasolini prossimo nostro
Riprendo il titolo del documentario di Bernardo Bertolucci del 2009 – dedicato alla visione della società italiana che Pasolini professava quando girava, nel 1975, Salò o le 120 giornate di Sodoma – per commentare il pre-annuncio giunto ai giornali della mostra “Pasolini pittore” che, a partire dal 14 ottobre del 2022, si può vedere alla Galleria d’Arte Moderna di via Crispi a Roma. L’iniziativa si colloca tra quelle organizzate in occasione dei cento anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini (1922-1975).
Mi viene di osservare che – malgrado l’ingente lavoro storico, critico e filologico che ha investito Pasolini e la sua multiforme opera, dopo la tragica morte – la sua figura è rimasta possente e vitale, ma anche interrogativamente estranea e isolata nella cultura italiana del secondo ‘900. Adesso, però, siamo in un’epoca di piena discontinuità con le vicende novecentesche e ci si può attendere uno sguardo nuovo su Pasolini e su di un aspetto secondario – o almeno collaterale – della sua militanza intellettuale e artistica: il disegno e la pratica della pittura.
Fino ad oggi le mostre e gli studi che hanno riguardato Pier Paolo Pasolini come «pittore» hanno seguito due indirizzi. Uno è stato quello teso alla ricostruzione della sua specifica pratica di disegnatore e di pittore, l’altro è stato quello che ha cercato di illustrare il suo rapporto – di letterato prima e di cineasta poi – con la storia dell’arte. L’impegno di questa nuova mostra sarà quello di mettere al centro le attitudini e le specifiche attività grafiche e pittoriche di Pasolini contestualizzandole nell’ambito dell’arte a lui contemporanea.
Saranno in mostra ritratti, nature morte e paesaggi che documentano la sperimentazione artistica del giovane Pasolini e del Pasolini della maturità: nel complesso circa duecento opere provenienti dalla collezione del “Gabinetto Scientifico Letterario G. P. Vieusseux” di Firenze che documentano gli inizi pittorici di Pasolini collegati alle sue prime composizioni poetiche in friulano. Si vedranno anche dipinti e disegni degli anni Quaranta, conservati a Casarsa della Delizia (PN), dove sono stati riscoperti e restaurati pochi anni orsono, e che giungeranno in mostra tramite il locale “Centro Studi Pier Paolo Pasolini”. Non mancheranno i disegni e ritratti degli anni romani tra i ’50 e i ‘70.
Pasolini ebbe più volte a dire che i differenti linguaggi artistici (la poesia, la narrativa, la pittura, il cinema …) non vanno intesi come delle mere tecniche espressive, ma come delle vere e proprie lingue con specifiche e distinte potenzialità rappresentative e peculiari caratteristiche simboliche e concettuali. Tali caratteristiche delle arti non le rendono completamente traducibili l’una nell’altra.
Certamente – a partire dagli anni ’60 – il cinema sarebbe diventato il linguaggio artistico prevalente di Pasolini, ma, in generale, si può dire che la figurazione e la visualità gli sono apparse sempre come particolarmente immediate e fedeli nel descrivere la realtà e nel suscitare reazioni autentiche nel pubblico. In sostanza, i film lo avrebbero allontanato dalla pittura come pratica, ma la storia dell’arte non avrebbe mai perduto validità estetica e descrittiva nonché valenza concettuale. Il suo interesse costante per la storia dell’arte e per la tecnica grafica e pittorica, emergerà anche dai suoi scritti.
Dal punto di vista storico, particolare rilievo rivestirà nella mostra l’indagine e la documentazione riguardo all’ambiente creativo bolognese creatosi intorno alla rivista mensile della GIL, Gioventù Italiana del Littorio, di Bologna: «Il Setaccio» (dal novembre 1942 al maggio 1943). Sia Pasolini che Fabio Mauri realizzarono disegni per questa rivista. Come pure sarà ricostruita la genesi dell’interesse di Pasolini per la storia dell’arte.
Si sviluppò a Bologna dove frequentava la Facoltà di Lettere, grazie all’influenza di Roberto Longhi (28 dicembre 1890 – 3 giugno 1970). A lui lo scrittore chiese una tesi di laurea, poi non svolta, sulla pittura italiana del primo Novecento, da Carlo Carrà a Giorgio Morandi a Filippo de Pisis.
Pier Paolo Pasolini ebbe più dell’istinto e della grazia del pittore la vivacità e la sensibilità del disegnatore. Fu un habitus che mantenne per tutta la sua vita, producendo una serie di quasi duecento disegni, ignorati dai critici e dai filologi per lunghi anni: interessati piuttosto a quelle lezioni di Roberto Longhi che avevano assicurato a Pasolini la notevole competenza pittorica che sarebbe stata messa a frutto nei film.
Sul nesso originale e dirompente fra la pittura italiana rinascimentale e gli schemi e gli stili cinematografici e narrativi pasoliniani molto si è scritto. La grande pittura è presente nella concezione estetica e filmica di Pasolini, fino all’ultimo, il lucido e profetico Salò o Le 120 giornate di Sodoma. In Accattone (1961) e Mamma Roma (1962), nell’episodio di RoGoPaG (1963) e nel Il Vangelo secondo Matteo (1963-64), in Teorema (1968) e ne Il Decameron (1971), si sono scoperti riferimenti a grandi artisti del passato prossimo e remoto quali Mantegna, Caravaggio, Pontormo, Rosso Fiorentino, Piero della Francesca, Giotto, Velázquez fino a Brughel e a Francis Bacon. Sviscerato l’interesse del Pasolini regista e autore di cinema per la comunicazione pittorica, si è giunti poi ad occuparsi della sua personale pratica del disegno e della pittura.
I suoi disegni si sono sviluppati nel corso di un’ampia cronologia. I primi sono databili al 1941 e gli ultimi al 1975. Hanno i contenuti più vari e sono stati eseguiti con materiali differenti. In generale, si dividono in due gruppi: i disegni per contorni e quelli per macchie, molti dei quali eseguiti con tecnica mista.
Utili strumenti per l’indagine sui disegni pasoliniani sono: Pier Paolo Pasolini. I disegni 1974/1978 a cura di Giuseppe Zigaina pubblicato nel 1978, e il catalogo della mostra Organizzar il trasumanar. Pier Paolo Pasolini cristiano delle origini o gnostico moderno, organizzata dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini a Casarsa della Delizia dal 18 dicembre 2011 al 31 marzo 2012.
L’interesse di Pasolini per la materia della pittura, il confronto con gli artisti a lui contemporanei (da De Pisis a Bonnard a tanti italiani) e la predilezione per il ritratto e per la riproduzione del corpo umano diventeranno i tratti identificativi di una immaginazione pittorica in continua evoluzione. Abbiamo – nei decenni ’50/’70 – i ritratti di Ninetto Davoli, Maria Callas, Laura Betti, Andrea Zanzotto e la serie dei disegni dedicati a Roberto Longhi.
Sono opere che rivelano sia la continuità della pratica grafica e pittorica di Pasolini sia la caparbietà tecnica con cui si è confrontato con le regole di questa specifica lingua dell’arte.
Diventa così possibile collocarlo in linea con quella fase dell’arte pittorica italiana che proprio fra gli anni Sessanta e Settanta si qualificava, oltre che per la libertà e l’essenzialità espressiva, anche per l’impegno civile. Mi chiedo: forse lo si potrebbe ritenere un anticipatore in Italia – lui: divergente, scomodo ed eretico – della cultura Queer?
Giulio de MARTINO Roma 30 Gennaio 2022
RIFERIMENTI
“Pasolini e la pittura”, incontro presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma
Salone dell’ Ercole, 14 Marzo 2006.
Spiros Koutrakis, Pier Paolo Pasolini: il pittore sconosciuto, in: πολύφιλος / poliphilos, vol. 4, 2013.
Federica Pirani, Gloria Raimondi, Immagini e corrispondenze. Immagini e parole attraverso il ‘900 romano, Roma, Palombi, 2013.
“Centro Studi Pier Paolo Pasolini”, Casa Colussi-Pasolini, Casarsa, 2020.
Pier Paolo Pasolini, Fotogrammi di pittura, a cura di Stefano Roffi, Mauro Carrera, Parma, Fondazione Magnani Rocca, 2021.
SCHEDA MOSTRA