di Claudio LISTANTI
E’ iniziata il 15 luglio la 46^ edizione del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano.
È questa una edizione particolare perché sono state rinnovate le direzioni artistica e musicale giunte alla naturale scadenza.
È interessante per noi cronisti verificare se la direzione artistica di Mauro Montalbetti e la direzione musicale di Antonio Greco riusciranno a rinnovare lo spirito del Cantiere impresso dal suo fondatore Hans Werner Henze ed ottenere quell’equilibrio tra tradizione e innovazione che ha consentito alla manifestazione poliziana di affermarsi con crescente forza nell’ambito dell’ambiente musicale e artistico, non solo nazionale, ma anche internazionale.
Dalle prime due nostre esperienze di spettatore del Cantiere 2021, delle quali ora riferiamo, ci sembra che questo equilibrio sia ancora ben presente nel cartellone proposto lasciando ben sperare per una prosecuzione della felice esperienza di questo particolare festival estivo.
La prima manifestazione alla quale abbiamo partecipato è stato il concerto in Piazza Grande di domenica 18 luglio, alla base molto rischiosa per il direttore d’orchestra destinato a raccogliere l’eredità di Roland Böer che dallo stesso podio ha diretto numerosi concerti spesso con grande successo di pubblico.
Prima di passare alla disamina del concerto è giusto ricordare le parole espresse dal direttore artistico del Cantiere Mauro Montalbetti per la vicinanza del Cantiere al popolo tedesco:
“È una dedica sentita e doverosa per testimoniare la nostra solidarietà a un paese che ha un legame culturale e artistico privilegiato con il Cantiere Internazionale d’Arte e con Montepulciano: non a caso si è stabilita qui l’Accademia Renana, istituzione che proviene dall’area più colpita da questo dramma”.
Per quanto riguarda l’esecuzione ci è sembrato che Antonio Greco abbia affrontato la prova con una certa preoccupazione di base, una sorta di timore reverenziale, che è tutto scomparso con il procedere del concerto anche se le norme anticovid, che impongono una limitazione dei posti occupabili, non consentono agli interpreti di percepire quel ‘calore’ del pubblico che favorisca quella simbiosi interprete/ascoltatore necessaria per la riuscita di un concerto sinfonico. Condizione, questa, che ha influenzato non poco tutte le esecuzioni dal vivo in tempo di pandemia.
Per il concerto c’è stata la collaborazione dell’Orchestra Regionale Toscana (ORT) altro elemento di novità che contraddistingue il Cantiere di quest’anno così come interessante è stato il programma presentato che prevedeva l’esecuzione della Suite n. 1 “Water music” di Georg Friedrich Händel, la Sinfonia n. 44 in mi minore “Trauer-Symphonie” (Sinfonia funebre), Hob:I:44 di Franz Joseph Haydn con la conclusione affidata al “Triplo concerto” in do maggiore per pianoforte, violino e violoncello, op. 56 di Ludwig van Beethoven, composizione che possiede una specie di paradosso in quanto, pur essendo conosciutissima discograficamente perché nel repertorio dei maggiori solisti del mondo, in sede concertistica è di rara esecuzione. Nel corso della nostra ultracinquantennale esperienza di spettatore/ascoltatore abbiamo avuto il piacere di ascoltarla dal vivo una o due volte, prima di questa bella esperienza in Piazza Grande a Montepulciano.
Il concerto è partito, quindi, con una scelta coraggiosa alla base che rende onore all’equilibrio tra tradizione e innovazione che caratterizza lo spirito fondativo del Cantiere rivelatasi poi momento catalizzante della serata.
Per i brani di apertura (Händel e Haydn) c’è sembrato, forse, di scorgere qualche momento di ‘piattezza’ sonora pur conservando quell’eleganza strumentale che contraddistingue i due brani, condizione che con ogni probabilità ha risentito dell’infelice momento ‘meteorologico’ della serata nella quale il vento ha soffiato con una certa intensità intrecciandosi anche con la seppur ‘docile’ e necessaria amplificazione penalizzando quella ‘filigrana’ strumentale che esalta le due composizioni.
Nel finale, invece, è uscita fuori una esecuzione pregevole, molto curata nell’amalgama tra i tre soliti, per l’occasione il Trio Kanon formazione di esperti giovani strumentisti come Diego Maccagnola pianoforte, Lena Yokoyama violino e Alessandro Copia violoncello; i loro virtuosismi si intrecciavano con le sonorità della ORT che ancora ha messo in evidenza le qualità dei suoi strumentisti.
Composto nel periodo 1803-1804, il Triplo Concerto fu scritto con ogni probabilità per l’arciduca Rodolfo d’Austria, all’epoca allievo di Beethoven per il pianoforte. Le prime esecuzioni, quindi, avvennero nella residenza dell’arciduca ed in forma privata. Solo nel 1808 fu presentata in Vienna, Großer Redoutensaal del Burgtheater.
È quindi una composizione d’occasione, che la critica musicale ha sempre considerato rivolta più al passato che al futuro, elementi questi che hanno contribuito a questa sorta di ‘ostracismo’ che la ha allontanata, immeritatamente, dalle sale da concerto. Nonostante ciò la partitura offre dei momenti molto godibili e coinvolgenti come il tema in pianissimo dei violoncelli nell’Allegro iniziale, il lirismo e la delicatezza del pur breve Largo centrale che sfocia con grande forza nel Rondò alla polacca finale forse legato agli stereotipi delle composizioni d’occasione ma certamente pervasa da una elegante leggerezza del discorso musicale.
È stata quindi una scelta coraggiosa quella di proporre quest’opera per valorizzare la quale, più che le nostre parole, vogliamo citare quelle più appropriate dello stesso Antonio Greco:
“… è una partitura talvolta sottovalutata che io invece trovo meravigliosa perché l’autore si è cimentato con tre strumenti solisti, ma con la sua intelligenza finissima, ha creato non solo rimandi al trio, lui che è stato un grandissimo autore di trii, ma al tempo stesso ha delineato le caratteristiche di un concerto solista. Siamo dei cameristi e domenica chiuderemo con una pagina che è l’emblema del ‘camerismo’, perché dà luce a ciascuno e lascia armonia a tutti. Il Trio Kanon poi è formato da giovani talentuosi, già vincitori di concorsi prestigiosi: li stimo perché hanno una qualità di ensemble (sono tre virtuosi) ma hanno un gusto per un dialogo concertante che li fa i migliori protagonisti possibili per le pagine di Beethoven”.
Una scelta che ha dato i suoi frutti perché il numeroso pubblico convenuto in Piazza Grande ha applaudito a lungo al termine del concerto, testimonianza del pieno gradimento del programma scelto e degli interpreti tutti e, soprattutto, di un rinnovato feeling con il nuovo direttore musicale Antonio Greco che ha superato questa impegnativa prova con un esito del tutto convincente.
Venerdì 23 luglio presso il Cortile delle Carceri il Cantiere di Montepulciano ha ospitato uno spettacolo molto interessante nato da un progetto di Laura Catrani, Vox in Bestia, espressamente dedicato alle celebrazioni per i 700 anni dalla morte del nostro grande Dante Alighieri.
Come lascia immaginare il titolo, questa iniziativa è costruita su uno degli elementi tra i più affascinanti della Divina Commedia, vale a dire le varie citazioni di animali usate dal poeta per creare simbolismi, similitudini e metafore spesso ricorrenti nelle tre cantiche e creare così un meccanismo nel quale fiere e bestie per costruire un ponte ideale tra gli uomini e Dio, tra i morti e la luce divina.
Laura Catrani ha realizzato una sorta di pièce teatrale a carattere multimediale basato su un repertorio per voce sola che alterna la recitazione al canto con linee vocali create da compositori di oggi per esaltare le caratteristiche della sua voce, il tutto accompagnato da video animazioni inerenti i temi trattati.
Per ogni animale citato la Catrani ha recitato il testo originale della Commedia al quale è stato affiancato, per ognuno un testo ‘esplicativo’ di tutte quelle similitudini contenute nei versi danteschi e che evocano una interpretazione ‘attuale’ e scritto appositamente da Tiziano Scarpa, elementi ai quali facevano da sfondo i deliziosi video di Gianluigi Toccafondo. I musicisti chiamati a creare la parte vocale sono tra i più in vista di oggi: Fabrizio De Rossi Re, Matteo Franceschini e Alessandro Solbiati. Ciascuno di essi, in omaggio alla struttura della Commedia che vede il numero tre simbolo della perfezione, ha composto tre brani e, ognuno, relativio ad una cantica per un totale di nove brani.
Gli animali preso in considerazione sono: dall’Inferno Mosconi, vespe, vermi (Canto III), Stornei, gru, colombe (V) e Cerbero (VI); dal Purgatorio Li astor (VIII), I botoli (XIV) e L’Ape (XVIII) e dal Paradiso Il colùbro (VI), L’augello (XXIII) e L’agnello (XXIV).
Nel complesso lo spettacolo è risultato felicemente godibile in tutti i suoi aspetti grazie all’intensa interpretazione di Laura Catrani che ha saputo condensare la sua abilità di attrice a quella di raffinata cantante dimostrando di essere a suo agio con le impervie linee vocali create dai compositori di oggi con continui cambi di registro che raggiungono sia le sonorità più gravi e profonde come le alte e rischiose vette delle sonorità acute e sovracute senza dimenticare le frequenti, ed efficaci, citazioni ‘onomatopeiche’.
Il pubblico convenuto presso il Cortile delle Carceri ha apprezzato questa nuova proposta dedicando a Laura Catrani reiterati applausi.
Claudio LISTANTI Roma 25 luglio 2021