di Claudio LISTANTI
Il 14 luglio è partita la 48ma edizione del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano con proposte musicali di grande interesse. Molto apprezzati il concerto per Banda Musicale, il concerto sinfonico diretto da Roland Böer e la rappresentazione di Bastiano e Bastiana del giovane Mozart che hanno dato inizio con successo all’edizione 2023.
Come da consolidata tradizione è stata affidata alla Banda Musicale l’inaugurazione del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, quest’anno giunto alla 48ma edizione. Nella splendida cornice architettonica di Piazza Grande sul palco è salita la Banda Poliziana, frutto dell’attività didattica dell’Istituto di Musica della Fondazione Cantiere. Una scelta appropriata e molto significativa per l’essenza stessa del Cantiere che possiede nel suo Dna anche la valorizzazione di musicisti ed artisti provenienti dal territorio, elemento che ha donato a questo momento del Festival una preziosissima valenza.
Con la guida di Giacomo Valentini, sassofonista che ha debuttato 11 anni ora responsabile di questa formazione, la Banda Poliziana ha offerto un pomeriggio brillante e brioso grazie all’esecuzione di Queen in concert un arrangiamento di Jan Van Kraeydonck di brani del celebre gruppo rock inglese tra i protagonisti del panorama musicale internazionale fin dagli anni ’70 dello scorso secolo. A contribuire ad accrescere il clima festoso del pomeriggio c’è stato poi Johann Strauss figlio con uno dei suoi valzer più celebri, Wein, Weib und Gesang! (Vino, Donne e Canto!), op. 333 arrangiato per banda da Antonio Rossi e un altro pezzo brillante, Marciando con Verdi di Walter Deodati che arrangiato musiche del nostro grande musicista. Il concerto si è concluso poi con un altro omaggio allo spirito del Cantiere, quello delle commissioni di nuovi brani, prerogativa questa che negli anni ha accresciuto la valenza artistica del festival poliziano. Nello specifico è stato eseguito, in prima esecuzione assoluta, Medusa per sassofono contralto e banda, opera di Cristiano Arcelli che ha sostenuto anche la parte solista. Un brano molto brillante nell’insieme dai chiari riflessi jazzistici ma molto impegnativo per i virtuosismi della parte solista.
Un concerto molto gradito dal pubblico presente in Piazza Grande che ha applaudito a lungo tutti i musicisti per la loro esecuzione risultata all’ascolto vivace e briosa buon punto di partenza per un programma molto vario ed impegnativo che quest’anno ha costruito il Cantiere di Montepulciano sotto la direzione artistica di Mauro Montalbetti.
Il Concerto di Apertura
Alle 21,30 sempre in Piazza Grande, c’è stato il Concerto di Apertura che riservava agli spettatori ed agli appassionati diverse sorprese. In primis quella del direttore d’orchestra prescelto per la serata, Roland Böer, il musicista che per diversi anni ha ricoperto al Cantiere le prestigiose cariche di Direttore Artistico e Direttore Musicale. Era quindi un ritorno molto atteso, non solo da noi che scriviamo in quanto la sua presenza ci ha riportato indietro nel tempo con splendide serate sinfoniche e di opera lirica che ricordiamo con piacere e, forse, con un tantino di nostalgia, ma anche dall’attento pubblico di Montepulciano che ha affollato l’ampia platea di Piazza Grande per assistere al concerto.
L’altro elemento di interesse è stato la scelta del programma, nel complesso poco usuale per la sale da concerto, soprattutto quelle italiche che conosciamo in maniera più approfondita. Nello specifico la locandina prevedeva l’esecuzione di Coriolano, ouverture in do minore, op. 62 di Ludwig van Beethoven seguito da Tryst, eseguita in prima esecuzione italiana, del compositore scozzese James MacMillan uno dei musicisti più in vista di oggi, con la conclusione affidata ad uno dei capolavori della maturità artistica di Johannes Brahms, il Doppio concerto in la minore per violino, violoncello e orchestra, op. 102.
Come gli appassionati di musica potranno constatare si tratta di un programma poco usuale anche se il primo brano, il Coriolano di Beethoven è piuttosto conosciuto ma, in special modo per i secchi accordi contenuti nell’incipit ma meno per il suo sviluppo espressivo che, in poco più di sette-otto minuti, l’abilità del compositore porta l’ascoltatore dall’atmosfera quasi ‘sanguigna’ dell’inizio fino all’impalpabile pianissimo che ne caratterizza l’insolito finale. Questa Ouverture, pur se concepita da Beethoven per la tragedia “Coriolano” di Heinrich Joseph von Collin, autore austriaco di una certa fama in quel 1807 anno della composizione del brano, ha caratteristiche di brano a sé stante. Infatti non lo si può considerare, a dispetto del termine Ouverture, apertura dello spettacolo teatrale ma piuttosto come una sorta di ‘Intermezzo’. La cui prima assoluta del lavoro teatrale ebbe luogo il 24 aprile 1807 a Vienna, ma la musica fu eseguita certamente più tardi, sembra nel dicembre successivo.
Coriolano, come accennato, può essere considerato un intermezzo, come descrizione dello stato d’animo del protagonista e del suo dramma interiore che ne condiziona le gesta. Al contrario di quanto avviene nella tragedia di Shakespeare in Collin lo scioglimento del dramma è diverso. In Shakespeare Gaio Marcio, soprannominato Coriolano, dopo l’espugnazione della città dei Volsci, offre loro la collaborazione per combattere contro i romani. Intervengono però la moglie Volumnia e la madre Veturia che lo esortano a non tradire la sua patria. Coriolano sarà combattuto tra le due soluzioni; troverà la morte assassinato dai Volsci. Nella versione del drammaturgo austriaco, invece, i dubbi di Gaio Marcio sono senza soluzione al punto di spingerlo al suicidio. Proprio questo episodio sembra essere il focus della tragedia messo in evidenza in questa breve ma splendida composizione beethoveniana grazie ai contrasti ed agli stati d’animo evocati. Una convinzione, questa, avvalorata anche d alcuni studi estetici di Wagner che a metà dell’800 sostenne che Beethoven fu attratto da questo episodio decisivo del dramma; pensiero che ne valorizza i contenuti ideali e descrittivi.
L’esecuzione di Böer di questo capolavoro è stata a nostro giudizio esemplare soprattutto per l’amalgama dei suoni e la diffusa cantabilità elementi che riesce a trasfondere nelle sue esecuzioni beethoveniane al meno in quelle ascoltate per questo genere di repertorio qui a Montepulciano.
Atteso era anche Tryst di James MacMillan compositore di primo piano balzato all’onore delle cronache per la sua composizione utilizzata per il corteo funebre conseguente alla recente scomparsa della regina Elisabetta II uno degli eventi che ha caratterizzato lo scorso 2022.
Per Tryst MacMillan ha preso spunto da una poesia del poeta suo connazionale, William Soutar, una poesia d’amore scritta in lingua scozzese e intitolata The Tryst che il musicista ha originariamente musicato con una melodia del tutto semplice. Tale unità di base è stata sviluppata in sue diverse composizioni transitando anche per un brano per violino e pianoforte (After the Tryst) per giungere all’entità ascoltata oggi a Montepulciano. Come lo stesso MacMillan ha dichiarato, Tryst è stata concepita come “… un unico movimento continuo, ma diviso in cinque sezioni ben definite, di cui la sezione centrale lenta è il punto in cui viene nuovamente esplorato il potenziale melodico della melodia originale”. All’ascolto il brano risulta influenza da diverse poetiche del ‘900 specialmente nella prima parte dove appare con chiarezza il senso del ritmo di stampo stravinskiano così come appaiono sovente alcune derivazioni jazzistiche. Nel complesso, però, appare spesso ripetitivo al punto di comunicare monotono.
A conclusione della serata il Doppio concerto in la minore per violino, violoncello e orchestra, op. 102 di Johannes Brahms anch’esso come già accennato di non frequente ascolto nelle sale da concerto. Con questa opera il compositore amburghese concluse il suo iter creativo in ambito sinfonico. Infatti la composizione risale al 1887 due anni dopo la sua ultima sinfonia, la Quarta, ed allo stesso anno risale la prima esecuzione a Colonia il 18 Ottobre presso il Theater der Stadt.
La nascita del Doppio Concerto è ascrivibile alle vicissitudini della vita privata del musicista. Infatti qualche anno prima, nel 1881, Brahms ruppe con uno dei suoi amici di sempre, Joseph Joachim, il violinista a lui legato anche dal punto di vista squisitamente artistico. Motivo della rottura lo schierarsi di Brahms a favore della moglie di Joachim nelle loro controversie matrimoniali. Questo Doppio Concerto fu una sorta di ‘riconciliazione’ per un omaggio al vecchio amico nella cui partitura Brahms inserì materiale che aveva composto per una eventuale ‘Quinta’ sinfonia’. Nell’esecuzione fu coinvolto ovviamente Joachim ed al suo fianco il violoncellista Robert Hausmann componente del celebrato Quartetto Joachim. Nacque così una composizione che per il suo genere polistrumentale è del tutto inusuale per l’epoca ma nella quale si percepisce la grandezza e la complessità della piena maturità compositiva di Brahms.
L’esecuzione di Roland Böer è risultata curata e rivolta a valorizzare i valori intrinseci della partitura. A partire dall’attacco dello splendido Allegro iniziale ha preso il via un percorso esecutivo intenso che ha valorizzato la delicatezza e l’eleganza dell’Andante centrale dalla speciale vena lirica che poi confluisce nello strepitoso e brillante finale che ha messo indiscutibilmente in primo piano il dialogo tra i due strumenti solisti e l’orchestra. Per ottenere questi risultati, ovviamente, è stato determinante il contributo della violinista Hellen Weiss e del violoncellista Gabriel Schwabe entrambi strumentisti di gran classe che hanno esibito sicurezza nelle parti più virtuosistiche e delicatezza e cantabilità in quelle più espressive contribuendo a favorire lo stretto dialogo con tutta l’orchestra. A proposito di ciò è risultato determinante il contributo dell’Orchestra della Toscana che ha confermato ancora una volta la sua fama di compagine omogenea ed equilibrata specialista di un vasto repertorio che giunge fino al contemporaneo, doti che le hanno consentito di essere elemento ideale per questo concerto.
Nel complesso il concerto è risultato godibile in tutte le sue parti anche se occorre giudicare il tutto al netto di quei problemi acustici che affliggono tutte le esecuzioni ‘en plein air’. Roland Böer ha confermato tutte le sue doti di direttore attento alla poetica ed all’espressività dei brani interpretati. Il concerto ha avuto un buon successo grazie ad un pubblico convenuto numeroso in Piazza Grande che ha riservato incessanti applausi a tutti gli interpreti chiamandoli più volte al proscenio.
Bastiano e Bastiana. Un Mozart giovane per giovani interpreti.
Il giorno successivo, 15 luglio, per il Cantiere è stato il giorno dell’opera lirica di tradizione, altra peculiarità della rassegna poliziana che nel corso della sua storia ha prodotto diversi ed interessanti spettacoli dedicati all’opera lirica. Questa volta la scelta è caduta su Wolfgang Amadeus Mozart con una delle sue opere giovanili, Bastien und Bastienne, K50, (Bastiano e Bastiana), Singspiel in un atto su libretto di Friedrich Wilhelm Weiskern, Johann Andreas Schachtner e Johann Heinrich Friedrich Muller. Scritto a 12 anni, nel 1768, è il primo singspiel del compositore salisburghese, opera che segue le orme del più famoso Devin du village di Rousseau del 1752 scritto della coppia Guerville-Favart. Grazie agli attori Weiskern e Müller il testo fu importato nel 1764 a Vienna da due attori che poi, su commissione del conte Durazzo, approntarono il testo tedesco adottato da Mozart dopo che Schachtner intervenne con alcuni ritocchi al testo.
La trama è molto semplice. L’azione ci parla di due pastori Bastien e Bastienne il cui rapporto amoroso è in crisi a causa del ragazzo distratto da elementi esterni al suo ambiente. Bastienne ne soffre e per riconquistarlo chiede l’aiuto del mago Colas esperto di queste ‘faccende’ che suggerisce alla ragazza di essere ‘superiore’ a questo stato di fatto che porterà il ragazzo a ‘pentirsi’ e tornare tra le braccia della sua fedele compagna.
L’opera musicalmente è sicuramente pregevole soprattutto perché in essa si intravvedono caratteristiche di quello che sarà il Mozart ‘maturo’ in special modo nelle linee vocali concepite per i cantanti e nell’accompagnamento delle arie come nell’anticipazione futuri pezzi d’insieme che qui si può apprezzare ascoltando il delizioso terzetto finale.
L’esecuzione è stata affidata interamente a giovani interpreti, omaggio indiscusso alla prerogativa principale del Cantiere di Montepulciano che possiede nello status di ‘lavori in corso’ la quintessenza della sua esistenza elemento che ha reso il festival poliziano famoso al mondo. La conduzione ‘visiva’ dello spettacolo è stata affidata al regista Luca Fusi che ha concepito una messa in scena basata sulla giocosità proponendo, come egli stesso ha dichiarato “… un dialogo a tre voci fra musica, parola e movimento puro”. Inoltre ha voluto ricordare il mimo Marcel Marceau e la sua pluriennale collaborazione con Cantiere, inserendo nell’azione otto mimi affidando loro il ruolo di coro ‘silenzioso’ i cui movimenti hanno contribuito a evidenziare e, ravvivare, la semplicità che è alla base di questo soggetto teatrale. Una parte, questa, molto impegnativa per cui riteniamo opportuno citare per intero i nomi di tutti e otto i mimi: Chiara Antonelli, Lorenzo Baldini, Zaccaria Barraco, Sofia Chiodaroli, Marianna Federici, Alice Pagliaro, Giulia Rocchi e Lara Zaccara.
Per la realizzazione di tutto, soprattutto per reiterarne la semplicità, ideali sono risultati scene e costumi di Carlo Sala e Roberta Monopoli e le luci Giulia Bandera. Inoltre c’è da dire che le parti parlate sono state recitate in italiano mentre quelle cantate sono state eseguite nell’originale in lingua tedesca. Una scelta che può dar vita a discussioni da parte dei ‘puristi’ ma che, comunque, hanno contributo a rendere più facilmente fruibile lo spirito e lo svolgimento della trama.
Per quanto riguarda gli interpreti le parti vocali sono state affidate a tre cantanti promettenti ognuno dei quali ha messo a disposizione dello spettacolo il massimo impegno sia per la realizzazione della linea vocale sia nella recitazione dimostrando di seguire tutte le indicazioni del regista. In occasioni come questa non ci sembra giusto fare scale di valori tra interpreti citando così i loro nomi e i loro ruoli, ribadendo che i cantanti ci son sembrati in possesso di qualità vocali che con lo studio e l’approfondimento hanno la possibilità di aspirare ad una buona carriera. Sono il soprano Laura Zecchini Bastiana, il tenore Matteo Tavini Bastiano e il basso Paolo Leonardi Cola.
Tito Ceccherini ha diretto la Wunderkammer Youth Ensemble anch’essa giovanile come ci fa capire il suo nome, riuscendo a rendere omogenea parte musicale e parte recitata al quale, però, ci sentiamo di consigliare una più incisiva vivacità alla realizzazione di alcune arie, soprattutto quelle a carattere più passionale.
Uno spettacolo, comunque, pienamente godibile nell’insieme, che è stato salutato al termine dal pubblico che gremiva al limite della capienza l’elegante sala del Teatro Poliziano, applaudendo a lungo tutti gli interpreti e richiamandoli più volte al proscenio.
Tirando le somme di queste prime due giornate del Cantiere di Montepulciano 2023, ricordiamo diretta da Mauro Montalbetti, ci sembra che la rassegna sia partita con il piede giusto confermando così le sue caratteristiche strutturali per certi versi ‘invidiabili’ per la resa artistica e culturale che ha caratterizzato ogni anno della sua storia e che, immaginiamo, si rafforzerà con il proseguo di questa 48ma ediziona che prevede diversi appuntamenti fino al 30 luglio prossimo.
Claudio LISTANTI Roma 16 Luglio 2023