di Claudio LISTANTI
Il Festival delle Crete Senesi è uno degli appuntamenti più importanti nel panorama musicale dell’estate italiana.
Organizzato dal 2007 dal Collegium Vocale Gent riesce a coniugare con fascino ed efficacia le bellezze naturali e paesaggistiche di una delle zone più incantevoli del nostro paese, le Crete Senesi, delle quali se ne utilizzano le diverse bellezze architettoniche dall’aspetto incontaminato per un connubio ideale tra bellezza e misticismo, con programmi musicali di grande attrazione pensati ed eseguiti per esserne completamento artistico ideale e fondamentale.
Per una operazione di questo tipo occorre una personalità artistica di grande ed incontrastata valenza e quella del musicista Philippe Herreweghe si è rivelata fondamentale per il raggiungimento di questo scopo. Innamorato delle bellezze della zona e artista di grande professionalità e di profonda conoscenza della musica, ha fondato nel 2001 l’Accademia delle Crete Senesi e, successivamente, nel 2007 il Festival delle Crete Senesi del quale ricopre il fondamentale ruolo di direttore artistico, proponendo ogni anno raffinati ed attraenti concerti molti dei quali affidati alle cure delle sue sapienti mani di grande interprete ma, anche, a quelle di numerosi e diversi specialisti per tutti i tipi repertorio proposti nei numerosi concerti programmati.
Anche l’edizione 2022 del Festival delle Crete Senesi è stata costruita su queste prerogative e la presenza a tutti i concerti di un altissimo numero di spettatori conferma la validità assoluta delle proposte. Personalmente abbiamo assistito al concerto del giorno 1 agosto scorso presso la chiesa del Ex-Convento di Sant’Anna in Camprena, una luogo che per la sua magia à considerato, assieme alle chiese di Santo Stefano a Castelmuzio e di San Francesco ad Asciano, luogo simbolo di questa splendida manifestazione.
Sotto la guida di Philippe Herreweghe e con il contributo del Collegium Vocale Gent è stato proposto un programma di carattere polifonico, di enorme valore storico e musicale, per noi italiani di non facile ascolto nelle sale da concerto, l’Officium Defunctorum di Tomás Luis de Victoria tra i maggiori musicisti della sua epoca molto importante per la sua produzione esclusivamente di carattere sacro.
Tomás Luis de Victoria, infatti, è il musicista più rappresentativo del rinascimento spagnolo. Castigliano di origine, nacque ad Avila in un periodo stimato intorno al 1548, concluse poi la sua esistenza terrena a Madrid nel 1611. Fin da giovane mise in evidenza le sue precoci doti di musicista individuate da alcuni mecenati del suo paese grazie ai quali, nel 1565, fu inviato per completare la sua formazione religiosa e musicale al Collegium Romanun dove fu accettato come convictor e cantore. Inoltre a Roma, in quel periodo, operava un’altra importante istituzione musicale, il Collegium Germanicum, fondato da papa Giulio III nel 1551, su richiesta di Sant’Ignazio di Loyola per educare allievi provenienti dal mondo germanico. Questa istituzione, all’epoca diretta da spagnoli, accolse de Victoria tra i suoi discepoli.
Negli stessi anni Giovanni Pierluigi da Palestrina ricopriva la carica di maestro di cappella presso il Collegium Romanun, fatto che avvalora l’ipotesi che il castigliano abbia ricevuto insegnamenti fondamentali dal grande musicista italiano. A Roma de Victoria era molto stimato nell’ambiente musicale della Città Eterna nella quale la sua fama crebbe progressivamente. Nel 1571 successe a Palestrina presso il Collegium Romanun e, dopo due anni, nel 1573, divenne moderatur musicae presso il Collegium Germanicum e queste influenze italico/romane influenzarono senza alcun indugio molto delle sue composizioni.
Il catalogo delle composizioni di Tomás Luis de Victoria non è cospicuo come quello di importanti musicisti a lui coevi come Palestrina e Orlando di Lasso, soprattutto per il fatto che de Victoria scrisse solo composizioni di carattere sacro. Ma è un catalogo comunque sostanzioso e, allo stesso tempo, vario e di fondamentale importanza per la storia della musica spagnola. Scrisse circa 20 messe (da 4 fino a 12 voci), quarantaquattro mottetti (da 4 a otto voci) e più di 34 inni. Poi due passioni, diversi Magnificat e Responsori assieme all’Officium Hebdomadae Sanctae e all’ Officium Defunctorum.
Buona parte degli studiosi, come afferma anche Daniele V. Filippi nella sua monografia italiana su de Victoria, sostiene che proprio quest’ultima opera, l’Officium Defunctorum sia una delle più significative ed importanti del musicista castigliano.
Fu scritto per l’ufficio funebre dell’imperatrice Maria di Spagna, figlia di Carlo V e sorella di Filippo II d’Asburgo, moglie di Massimiliano II, che concluse i suoi giorni presso il Monastero de las Descalzas Reales a Madrid, dove morì il 26 febbraio 1603. Le esequie furono celebrate con solennità dopo due mesi, il 22-23 aprile, quando fu eseguita questa composizione.
L’Officium Defunctorum è composto da una Lectio a matutinum (Taedet animam meam), dalla Missa pro defunctis (Introito, Kyrie, Graduale, Offertorio, Santus, Agnus Dei e Communio), da un mottetto (Versa est in luctum) e dal responsorio Libera me.
I brani sono prevalentemente a sei voci secondo lo schema SSATTB (Soprano I e II, Alto, Tenore I e II e Basso) tranne la Lectio iniziale, il Christe del Kyrie e il responsorio del Libera me, tutti a quattro voci. Nell’insieme sono piuttosto chiari i richiami al Palestrina soprattutto per l’utilizzo del cantus firmus derivante da forme polifoniche primordiali come il Canto Gregoriano che donano alla composizione una certa solennità di base ed una più efficace comprensione del testo cantato un momento musicale che poi si sviluppa tramite la complessità del contrappunto e dell’armonia che ne arricchiscono lo spessore sonoro. Ci sono punti di grande emotività come nel Requiem Aeternam dell’Introito e frequenti momenti di carattere declamatorio che mettono in risalto la forza espressiva del canto. In certi momenti (Sanctus) la scrittura musicale risulta essere concisa denotando una certa maestosità dell’insieme. Di grande effetto anche la forma responsoriale del Libera me, un momento topico per questa composizione come lo sarà per altri Requiem che costelleranno la Storia della Musica fino ai nostri giorni, nella quale il musicista raggiunge lo zenit nel Tremens factus sum ego e nell’evocazione del Dies irae. Nel complesso sono circa 45 minuti di musica, una sorta di concentrato che riesce a conquistare l’ascoltatore conducendolo catarticamente ad emozioni e intense sensazioni.
La conduzione di Philippe Herreweghe è risultata esemplare per esaltare i contenuti spirituali di questa musica. Ci ha offerto una esecuzione ben preparata in tutti i minimi particolari per una resa sonora che non è facile ascoltare dal vivo. Questo grazie anche alla professionalità, indispensabile per una composizione di carattere polifonico, del Collegium Vocale Gent per l’occasione formato da Kristen Witmer e Barbora Kabatkova Soprano I e II, Alex Potter Alto, Benedict Hymas e Tore Tom Denys Tenore I e II e Edward Grint Basso.
Il pubblico che affollava la chiesa del ex-monastero di Sant’Anna in Camprena, la cui acustica ha valorizzato in maniera del tutto speciale la percezione sonora di questa meraviglia musicale, ha applaudito entusiasticamente e a lungo al termine dell’esecuzione richiamando più volte sul palco Herreweghe e tutti gli altri interpreti.
Claudio LISTANTI Roma 7 Agosto 2022