di Claudio LISTANTI
Peter Grimes è tornato con successo all’Opera di Roma dopo più di 60 anni
L’ultimo spettacolo lirico della Stagione 2023-2024 del Teatro dell’Opera di Roma, ospitato nella Sala Costanzi, ha visto il successo di uno dei capolavori del ‘900, Peter Grimes di Benjamin Britten.
Il capolavoro è tornato sul palcoscenico del maggiore teatro lirico romano dopo più di 63 anni considerando che l’ultima rappresentazione risale alla stagione 1960-1961 quando Peter Grimes andò in scena il 2 maggio del 1961 per la prima delle quattro recite previste per quella stagione dell’opera di Britten.
Una mancanza incomprensibile per una istituzione lirica tra le più importanti d’Italia soprattutto per la fama assoluta di cui gode questa opera che, finalmente, è tornata all’attenzione del pubblico che effettivamente ha mostrato di gradire la proposta visti i numerosi spettatori presenti in teatro ed il successo decretato al termine della recita.
Peter Grimes fu scritto da Britten a partire dal 1944 ed ispirato The Borough un poema di George Crabbe un poeta inglese vissuto tra il 1754 e il 1832, nativo di Aldeburgh un piccolo centro della regione orientale del Suffolk, terra che vide i natali anche di Britten, esattamente a Lowestoft. Il poema di Crabbe fu elaborato da Montagu Slater per ricavarne un libretto sul quale il musicista inglese predispose la sua musica.
La particolarità del Peter Grimes è quella di essere la prima grande affermazione di Britten, lavoro con il quale debuttò nell’opera lirica, genere per il quale produsse poi un’altra decina di lavori che a giudizio, seppur opinabile, di una parte della critica che la considera insuperata nell’ambito della produzione operistica del musicista inglese.
Britten all’epoca era ancora giovanissimo, classe 1913 quindi 32 anni, e quel 7 giugno del 1945, quando al Teatro Sadler’s Wells di Londra Peter Grimes fu proposto al pubblico ottenendo indubbio successo, ebbe l’effetto di una sorta di ripartenza. Londra e l’Inghilterra erano appena uscite dalla guerra e il paese era ancora alle prese delle devastazioni subite durante il conflitto, condizione comune a buona parte del resto dell’Europa. Quindi iniziava per il paese una nuova fase che, attraverso la ricostruzione e la cancellazione di quanto avvenuto, doveva portare alla rinascita e al rinnovamento della nazione. Parallelamente l’esperienza musicale di Peter Grimes segna l’inizio di un rinnovamento nel campo dell’opera lirica non solo inglese ma anche europeo e mondiale.
Come sottolinea nei suoi scritti il critico Massimo Mila, Britten riesce a dare una nuova via all’opera inglese che dopo i grandi capolavori di Purcell non aveva prodotto praticamente nulla, escludendo quelli di Händel esclusivamente derivati dalla cultura musicale italiana, donando così nuova linfa a questo genere. Infatti Peter Grimes è un’opera in piena regola, dove agisce un protagonista di spessore e personaggi ben caratterizzati con ariosi, duetti e concertati, accanto ad una notevole parte corale, tutto modellato vocalmente sulla lingua inglese e amalgamati da una orchestrazione sopraffina per una creazione plasmata anche sulle esperienze di musicisti come Purcell, Monteverdi, Wagner e Verdi per arrivare fino al ‘900 di Berg senza trascurare le esperienze sinfoniche di Mahler e Stravinskij. Il tutto valorizzato dall’elemento ambientale legato all’Inghilterra marinara dell’800 e ai relativi elementi popolari delle città sulle coste del Mare del Nord mettendo in evidenza la vita e gli ambienti di tutti i giorni, facendo riferimento anche alla musica popolare che spesso si intravvede nel tessuto connettivo dell’opera. Un nuovo organismo musicale quindi, che ha ravvivato anche l’opera lirica di altre nazionalità dimostrando che il genere non era arrivato ad estinzione, come molti all’epoca propugnavano, ma lasciava intravedere un proficuo futuro.
Peter Grimes è ambientato nel 1830, in un paesino di pescatori della costa orientale inglese. Qui vive Peter Grimes un pescatore che è accusato di maltrattamenti ai mozzi che lavorano sulla sua barca. Uno di essi muore e Grimes viene accusato dell’omicidio. Ma i giudici del processo sulla base di prove non certe lo assolvono. Egli, però, è inviso ai suoi concittadini, fatto per il quale si sente perseguitato e che lo spinge ad impegnarsi per guadagnare e mettere su una famiglia. Al contrario del Grimes dell’originale di Crabbe, persona veramente manesca e brutale, quello di Slater/Britten è un soggetto certamente aggressivo e iracondo ma allo stesso tempo dai sentimenti miti seppur espressi con i modi di tutte le persone semplici. Vuole lavorare, guadagnare per arrivare ad avere una famiglia e una vita più tranquilla che faccia cessare tutte quelle azioni, quegli sguardi che lo perseguitano e per i quali nutre una corposa diffidenza.
A tentare di aiutarlo sarà Ellen Orford una maestra vedova con la quale sorge, oltre ad una comprensione, anche un reciproco amore. Grimes riceve sempre l’ostilità dei paesani; nella locanda scoppia una rissa per un suo canto non gradito dai clienti. Intanto Ellen gli ha procurato John, un nuovo mozzo, che potrà aiutarlo. Alcuni indumenti di John vengono trovati sulla spiaggia e la folla si agita perché tutti immaginano sia stato ucciso da Peter. Notizia falsa perché il ragazzo si trova della capanna di Peter in una quiete interrotta però dalle grida della folla eccitata contro Peter che manda fuori il mozzo per evitare la violenza del popolo. John però scivola dalla scogliera e muore. Questo convince tutti che il ragazzo sia stato ucciso da Peter e organizzano una caccia per catturarlo. Il pescatore ormai è disperato e vaga nella nebbia. Ellen e Balstrode, un capitano di Marina in pensione molto vicino a Peter, lo raggiungono. Il capitano lo consiglia a mettersi in mare e lasciarsi affondare con la sua barca.
Uno dei temi dell’opera è il dramma dell’emarginazione e il sentimento di disagio provocato dal rifiuto degli altri. Un senso di isolamento e di rifiuto comune al sentire di Britten conseguenza della sua omosessualità non accettata dalla morale dell’Inghilterra dei suoi tempi. Da tutto ciò nasce una partitura molto organica e coerente con lo sviluppo drammatico suggerito dal testo realizzato con una sorta di declamato non molto asciutto per la presenza di diversi spunti melodici che rendono lo svolgimento dell’azione avvincente e coinvolgente per la cui comprensione, ovviamente, occorre una buona conoscenza della lingua inglese senza la quale non si riesce ad entrare pienamente nel dramma. La strumentazione è molto raffinata ma non sovrasta le parti cantate diventando pienamente ‘sinfonica’ nei sei interludi paralleli all’evoluzione della trama, che riescono a dare colore all’insieme ed arricchire quell’elemento ambientale che è tra le caratteristiche principali dell’opera che ben descrive la società marinara della provincia inglese dell’800, in maniera del tutto incisiva dove il mare con i suoi movimenti, il suo profumo, i suoi colori, fa sentire in continuazione la sua presenza.
La realizzazione scenica
La messa in scena di Peter Grimes che, ricordiamo, realizzata dal Teatro dell’Opera di Roma in coproduzione con Teatro Real di Madrid, Royal Opera House Covent Garden di Londra e Opéra National di Parigi, è stata affidata alla regista britannica Deborah Warner, famosa in tutto il mondo per le regie operistiche, qui a Roma molto attesa dopo il grande successo nel 2018 di Billy Budd che valse allo spettacolo diversi riconoscimenti risultando vincitore di un Premio Abbiati della critica italiana, di un Olivier Award e di un International Opera Award, dimostrando di essere specialista nel teatro lirico di Britten, elemento per il quale le è stata affidata la realizzazione di un altro capolavoro del musicista inglese, The Turn of the Screw, che sarà ospitato sul palcoscenico del Teatro dell’Opera nel 2025.
Per Peter Grimes dobbiamo dire che le attese sono state, almeno in parte, deluse. Innanzi tutto ha optato per una ambientazione moderna, contemporanea, elemento per certi versi condivisibile in quanto i sentimenti e gli stati d’animo che emergono dall’azione sono universali e senza tempo ma, a nostro giudizio, Peter Grimes è tenacemente legata all’ambiente e all’epoca di svolgimento dei fatti. Un elemento questo che è legato alla parte musicale dove l’elemento ambientale è costantemente presente, non solo per la continua presenza del mare ma anche per gli stilemi di carattere popolare che la musica con la sua orchestrazione fa risaltare con forza facendoci immaginare quel mondo dei pescatori inglesi dell’800 molto spesso descritto nelle diverse forme di spettacolo.
L’aula del tribunale prevista per prologo, che in teatro dovrebbe dare l’impronta di ciò che accadrà nella rappresentazione, qui è stata sostituita da una scena di sogno, che ci sembra che impoverisca la narrazione ed il contesto dell’azione, rinunciando alla forza che l’effetto della visione dei banchi di un tribunale riguardo al senso della tragedia che sta per compiersi. Così come animare alcuni di quei sei interludi che arricchiscono il già evidente sinfonismo dell’opera, immaginati dall’autore come momenti di riflessione e di raccordo tra una scena e l’altra, fanno perdere il filo drammatico dell’insieme.
Lo spettacolo, però si riscattava con una intensa scena finale grazie alla semplicità, alla scarna recitazione dei tre personaggi principali e dalla realizzazione di quell’atmosfera rarefatta dovuto alla fuga verso il mare e la morte di Peter Grimes come unico modo per superare le asperità della vita mentre dalla spiaggia gli altri osservano questa sorta di catarsi finale che è uno dei pregi di questo capolavoro musicale e teatrale.
Per la realizzazione scenica c’è da ricordare tutti le altre componenti teatrali, vale a dire le scene di Michael Levine, i costumi Luis F. Carvalho, le luci di Peter Mumford, la coreografia di Kim Brandstrup e la parte video di Justin Nardella che hanno integrato in maniera perfetta l’impianto registico voluto dalla Warner.
La parte musicale
La compagnia di canto era formata, per i personaggi principali, da specialisti di questo genere di opera. Innanzi tutto c’è da evidenziare la prova del tenore Allan Clayton che ci ha dato un Peter Grimes senza dubbio privo di eccessi ed in possesso di una linea vocale molto elegante e raffinata per una interpretazione appassionata e convincente.
Per giudicare la prova di chi affronta questa parte è da considerare che solitamente è affidata ad un tenore così detto ‘drammatico’ portato verso una ‘veemenza’ vocale mentre è scritta per un tenore ‘lirico’, più portato ad un canto elegante e delicato, parte destinata all’arte e alla vocalità di Peter Pears. Britten con il quale era legato nell’arte e nella vita, scrisse per lui la parte come del resto la totalità delle opere comprese nel suo catalogo.
La voce di Allan Clayton ci sembra orientata verso il genere ‘lirico’ e con Pears condivide anche il tipo di repertorio affrontato che va dal barocco al contemporaneo. Infatti la sua non è stata una prova di forza vocale, come spesso si verifica, ma elegante e raffinata, evidenziando molte sfumature ed un certo virtuosismo di base. Molto intenso è stato il suo terzo atto soprattutto il momento che lo vede prendere l’estrema decisione esistenziale, quella di terminare la vita terrena per uscire da quella ingiusta emarginazione che ha caratterizzato la sua sfortunata esistenza. Per lui un grande successo personale salutato alla fine da vere e proprie ovazioni da parte del pubblico.
Al suo fianco molte intense le prove di Sophie Bevan Ellen Orford e Simon Keenlyside Capitan Balstrode sia vocalmente che scenicamente, anch’essi particolarmente applauditi al termine della recita.
Qualche difficoltà vocale per le altre parti femminili anche se bene inserite scenicamente nella regia della Warner: Catherine Wyn-Rogers Auntie, Jennifer France First niece e Natalia Labourdette Second niece e Clare Presland Mrs. Sedley.
Nelle altre parti Clive Bayley Swallow, Jacques Imbrailo Ned Keene, John Graham-Hall Bob Boles, James Gilchrist Rev. Horace Adams e Stephen Richardson Hobson hanno dato il loro personale contributo alla validità della recita.
Menzione speciale per il Coro del Teatro dell’Opera guidato da Ciro Visco che ha mostrato intensità vocale e partecipazione scenica allo spettacolo, ottenendo al termine un buon successo personale.
Concludiamo il discorso sulla recita alla quale abbiamo assistito (13 ottobre) con Michele Mariotti, direttore musicale dell’Opera che ha diretto in maniera forse un po’ anonima tutta la recita, mostrando una spiccata propensione al puro sinfonismo, elemento che è uscito fuori però nei sei splendidi interludi orchestrali grazie anche alla collaborazione dell’Orchestra del Teatro dell’Opera. Una scelta forse obbligata da parte del direttore proprio per le caratteristiche strutturali della partitura basata, come prima esposto, su una sorta di fusione tra parte vocale e parte orchestrale, elemento che è emerso con decisione. Anche per Mariotti un successo personale confortante a dimostrazione di una intesa sempre più salda tra il musicista e il pubblico che frequenta il teatro.
Claudio LISTANTI Roma 20 Ottobre 2024