di Claudio LISTANTI
Trionfo per Herreweghe alla 74ma Sagra Musicale Umbra.
Nella mistica cornice della Basilica di San Pietro in Perugia un concerto di musiche di ispirazione sacra che ha conquistato il pubblico per l’ottima esecuzione fornita dal direttore assieme al Collegium Vocale Gent ed all’Orchestre des Champs-Elysées
La Basilica di San Pietro in Perugia è uno dei luoghi di culto più importanti del nostro paese. E’ un luogo per certi versi magico per la struttura architettonica che la contiene e per il suo interno, certo sfarzoso ma che induce coloro che vi entrano a provare un indiscusso senso di concentrazione, di meditazione e di contemplazione per consentire ad ogni individuo che la frequenta di ottenere quel raccoglimento necessario per giungere a quell’elemento di immaterialità straordinario mezzo per entrare a contatto diretto con Dio.
Già l’inconsueto ingresso (fig 1) collocato all’interno di uno dei tre chiostri da una porta dalle dimensioni ridotte rispetto alla struttura interna offre a chi entra un senso di grande meraviglia visiva per la eccezionale bellezza della navata centrale, sormontata da un soffitto a cassettoni in legno di Benedetto di Giovanni da Montepulciano del 1556 e delimitata in basso da arcate su colonne in marmo antico grigio frutto del riutilizzo, molto probabile, di strutture architettoniche romane, che la separano dalle navate laterali.
Di grande effetto il presbiterio impreziosito dallo stupefacente coro ligneo intarsiato (Fig. 2). Poi la parte superiore, di origine tardo cinquecentesca, presenta pitture con scene dal Vecchio e Nuovo Testamento (Fig 3) , opera di Antonio Vassilacchi (detto l’Aliense) al quale si deve anche la parte superiore della parete di ingresso interna rappresentante il Trionfo dell’ordine dei Benedettini.
Tutto questo non per fare una sottolineatura di Storia dell’Arte ma solo per far comprendere al nostro lettore qual è la sensazione che si trova entrando in questo luogo sacro e, soprattutto, per spiegare con più incisività il pregio del concerto al quale abbiamo assistito domenica 15 settembre, inserito nell’ambito della 74ma edizione della Sagra Musicale Umbra ed affidato ad uno dei direttori d’orchestra più importanti di oggi, Philippe Herreweghe (Fig 4), che si è esibito alla guida dell’Orchestre des Champs-Elysées e del Collegium Vocale Gent eseguendo un programma interamente dedicato alla spiritualità ed alla religiosità espresse da importanti compositori ottocenteschi come Felix Mendelssohn Bartholdy, Johannes Brahms e Anton Bruckner.
In un luogo del genere, infatti, l’ascolto della Musica Sacra conduce ad una emozione individuale grazie al particolare fascino che seduce ed avvolge completamente l’ascoltatore ammaliato da una completa fruizione che riesce ad amalgamare ciò che si ascolta a ciò che si vede per una straordinaria, quasi miracolosa sublimazione; anche pin questa occasione, per il pubblico convenuto, si è compiuta questa straordinaria catarsi come dimostrano i lunghi applausi che hanno salutato il termine del concerto.
Ovviamente il merito di queste sensazioni va ascritto anche al repertorio scelto per il concerto che prevedeva brani ispirati sia alla religiosità di origine protestante sia di origine cattolica a dimostrazione della forte unitarietà di base che animano le due dottrine. I brani scelti, inoltre, hanno come protagonista assoluto il Coro, per dimostrare come la ‘coralità’ sia elemento partecipativo fondamentale delle funzioni religiose.
Il programma constava di due parti. Nella prima c’era brani con coro ‘a cappella’, aperta da “Mitten wir im Leben sind” op. 23 n. 3, Choralkantate a 8 voci, composizione del 1830 di evidente ispirazione luterana di un Felix Mendelssohn Bartholdy (Fig 5) ventiduenne ma di grande maturità spitituale. Seguiva poi Anton Bruckner con “Christus factus est”, graduale a 4 voci composizione legata alla liturgia del Giovedì Santo, del 1884, appartenente quindi alla piena maturità artistica del musicista austriaco che evidenza con forza una indiscutibile intensità musicale la cui solennità è stata messa a fuoco incastonando questa piccola ma imponente composizione dentro la cornice sonora di due brevi Aequali per tre tromboni, entrambi in do minore che hanno avuto il pregio di amalgamare l’ascolto e la percezione sonora.
Al capolavoro bruckneriano era contrapposto “Warum ist das Licht gegeben?” op. 74 n. 1, mottetto a 4-6 voci di Johannes Brahms (Fig 6) composizione del 1880, quasi coeva della precedente, di carattere squisitamente meditativo il cui ascolto è stato utile per giungere a quell’unitarietà spirituale e mistica presente in brani provenienti da due religiosità costruite su diverse basi strutturali.
La Messa n. 2 in mi minore per coro a 8 voci e 15 strumenti di Anton Bruckner (Fig 7) ha illuminato la seconda parte del concerto. La sua composizione è legata alla figura dell’Arcivescovo di Linz, Franz Joseph Rudigier che chiese al musicista austriaco di comporre una messa per celebrare la consacrazione di una cappella votiva contenuta nel progetto di costruzione di una nuova cattedrale dedicata alla Beata Vergine Maria i cui lavori iniziarono nel 1862. Bruckner iniziò la composizione del 1866 mentre la prima esecuzione risale al 25 settembre 1869 quando ancora la cattedrale non era stata ultimata. La messa ebbe poi delle revisioni da parte del musicista nel 1876 e nel 1882. Quest’ultima è da considerarsi la versione definitiva ed è stata alla base del concerto che stiamo recensendo.
La particolarità di questa composizione risiede nella parte orchestrale in quanto essa è completamente mancante della sezione degli archi e costituita da soli strumenti a fiato, per l’esattezza 15: due oboi, due clarinetti, due fagotti, quattro corni, due trombe e tre tromboni. La parte vocale è molto impegnativa ed imperniata su un doppio coro suddiviso in due gruppi di quattro voci ciascuno, soprani (dalla vertiginosa linea vocale, contralti, tenori e bassi.
L’inconsueto organico strumentale porterebbe a pensare ad una musicalità piuttosto ruvida, aspra, forse grossolana ma le grandi doti di strumentatore di Bruckner rendono l’ascolto assolutamente gradevole e coinvolgente soprattutto perché il tutto si amalgama alla perfezione con la parte squisitamente vocale.
Certo anche in questo caso il coro è reso predominante come nel Kyrie iniziale o nella forza declamatoria del Credo e del Gloria. Evidente è anche il richiamo a Palestrina contenuto nel Sanctus al quale è riservata anche una certa solennità che può essere derivante da quella estremamente grandiosa del Parsifal wagneriano. Nel Benedictus si possono ravvisare reminiscenze di quegli Adagi che sono una delle peculiarità dell’eccellente sinfonismo di Brukner che sfocia poi nella sommessa invocazione del Dona nobis pacem che chiude con grande passione lo splendido Agnus Dei finale.
Per quanto riguarda l’esecuzione possiamo solo dire che è stata splendida. Ovviamente il Collegium Vocale Gent (Fig 8)ha confermato ancora una volta di essere formazione di incontrastata professionalità esibendo attacchi ed intonazione perfetti e dinamiche sonore molto appropriate, elementi che le sapienti mani di Phlippe Herreweghe riescono a plasmare per giungere ad un rapporto pressoché simbiotico tra la parte vocale ed il suo modo di sentire ed interpretare la musica eseguita; uno ‘status’ al quale si è aggiunto per questa occasione un’altra eccellenza quella dell’Orchestre des Champs-Elysées composta da straordinari strumentisti.
Il concerto è stato accolto al termine da un vero e proprio trionfo decretato da un pubblico che è risultato ammaliato dall’esecuzione e dalla strepitosa e meravigliosa cornice artistico-architettonica descritta all’inizio del nostro articolo. Herreweghe ha ringraziato eseguendo per il doveroso bis un altro gioiello dello strepitoso catalogo bruckneriano: la seconda delle tre versioni dell’Ave Maria in fa maggiore quella per coro a sette voci a cappella.
Claudio LISTANTI Perugia settembre 2019