“Picasso Lo straniero”. La mostra a Roma a Palazzo Cipolla che svela il vissuto dell’artista nella Francia xenofoba (fino al 29 Giugno).

di Nica FIORI

“Picasso Lo straniero”.

La mostra a Roma a Palazzo Cipolla che svela il vissuto dell’artista nella Francia xenofoba.

Picasso è tutto nervi, tutto brio, tutto fervore: a forza di pennellate veementi, scagliate sulla tela con una rapidità che tiene dietro a stento al volo dell’ispirazione, egli costruisce opere solide e rutilanti, gioia degli occhi attratti dalla pittura vistosa, a tonalità quando aspramente brutali, quando calcolatamente insolite”.

Così scriveva nel 1902 Adrien Farge nella prefazione al catalogo della mostra alla galleria Weill, tenutasi a Parigi tra il 1° e il 15 aprile di quell’anno. Ma già prima, nel 1901, altri critici avevano scritto su di lui, evidenziando la sua foga giovanile (si diceva che dipingesse tre tele al giorno) e l’indubbio talento. Talento sul quale non nutriva dubbi lo stesso Pablo Ruiz Picasso (Malaga 1881-Mougins 1973), che era stato indirizzato dal padre José Ruiz Blasco, insegnante di disegno e conservatore del museo di Malaga, a disegnare secondo i dettami accademici, salvo poi rompere in parte con la pittura tradizionale nel periodo trascorso a Barcellona, dove si era trasferito con la famiglia nel 1895. Per quanto Barcellona fosse una città intellettualmente vivace e piena di stimoli, Picasso sognava Parigi, la capitale indiscussa dell’arte, punto di convergenza di movimenti culturali d’avanguardia. Picasso vi si recò per la prima volta nell’ottobre del 1900, per esporre un suo dipinto all’Esposizione universale, e nei tre anni successivi visse tra la città catalana e la capitale francese, dove ebbe modo di studiare i capolavori della statuaria classica del Louvre e i dipinti dei contemporanei Bonnard, Denis e Toulouse-Lautrec, finché nel 1904 conobbe la modella Fernande Olivier e si stabilì con lei a Montmartre.

Nonostante l’apprezzamento da parte di altri artisti e intellettuali dell’epoca, la vita di Picasso a Parigi fu tutt’altro che facile, come viene ben evidenziato nella mostra “Picasso lo straniero”, ospitata a Roma a Palazzo Cipolla (Museo del Corso – Polo Museale), che affronta un argomento poco conosciuto, ovvero il suo essere sostanzialmente un immigrato, guardato con sospetto dalla polizia.

Questa è la quinta edizione di un’esposizione che, negli ultimi quattro anni, si è spostata da Parigi (Palais de la Porte Dorée) a New York (Galleria Gagosian), da Mantova (Palazzo Te) a Milano (Palazzo Reale). Nella versione romana della mostra circa 100 opere (alcune delle quali inedite), oltre a documenti, fotografie e filmati, approfondiscono la vita di Picasso straniero in Francia, con in più una sezione dedicata alla primavera romana del 1917.

Organizzata dalla Fondazione Roma con Marsilio Arte (editore del catalogo), la mostra si avvale della collaborazione del Musée national Picasso di Parigi (MNPP), principale prestatore, e di altri musei, tra cui il Musée national de l’histoire de l’immigration di Parigi e il Museu Picasso di Barcellona.

L’idea originale del progetto espositivo è della storica Annie Cohen-Solal (già autrice del libro pluripremiato “Picasso. Una vita da straniero” del 2021), con un intervento di Johan Popelard del MNPP.

1 Pablo Picasso, Adolescent © Succession Picasso by SIAE

L’immagine guida che accoglie i visitatori a Palazzo Cipolla è l’Adolescente: una figura emblematica caratterizzata da un elegante volto ovale con occhi neri che catturano lo sguardo, una corona di alloro che gli cinge la fronte, labbra ben disegnate e un collare arricciato, che sembra uscito da un quadro di Velázquez (1599-1660). Però le mani e i piedi, il naso deforme, gli occhi asimmetrici, i capelli ispidi, ribelli e i colori vivacissimi appartengono al mondo del cubismo (1907-1914), le cui tecniche di scomposizione delle forme segnarono una svolta decisiva nel percorso artistico di Picasso. Il quadro è stato dipinto il 2 agosto 1969 nel sud della Francia, quando l’artista aveva ottantotto anni (quattro anni prima della morte): sembra di cogliere il suo sguardo rivolto al passato e al dialogo con gli antichi maestri, come ha sempre fatto fin dall’adolescenza.

Come ha spiegato la curatrice, quando Picasso arriva a Parigi, appena diciannovenne, la Francia è un paese ferito, memore dell’umiliante sconfitta di Sedan (1870), sconvolto da attentati anarchici e dal caso Dreyfus. I servizi di polizia tengono d’occhio gli stranieri, specie quelli che potrebbero rappresentare una minaccia per l’ordine costituito. Nel dipinto Gruppo di catalani a Montmartre (1900), del quale è esposta una riproduzione, Picasso si autoritrae con il volto nascosto da una sciarpa, insieme a un gruppo di catalani dall’aria equivoca: proprio come li immaginava la polizia.

Picasso, in effetti, viene schedato e sottoposto a sorveglianza fin dal 1901, quando si trova a Parigi su invito del mercante catalano Pere Mañach, per lavorare a una mostra. In un rapporto del 18 giugno 1901, stilato dal commissario Rouquier sulla base dei pettegolezzi di alcuni informatori si legge:

Esce e rincasa a ore irregolari. La sera esce con Mañach e poi torna di notte, a tarda ora (…) parla malissimo il francese e si fa capire a malapena (…). Si evince da quanto sopra che Picasso condivide le idee del compatriota che lo ospita. Di conseguenza, va considerato anarchico”.
2 Copertina del fascicolo Ruiz-Picasso ©Archivio Prefettura di Parigi

Eppure la carismatica personalità di Picasso riesce a dar spazio alla propria creatività, nonostante le difficoltà d’inserimento nel Paese d’adozione. Stringe amicizia con i poeti Max Jacob e Guillaume Apollinaire, del quale è esposto un taccuino che contiene la testimonianza dei loro primi incontri. Jacob gli insegna il francese, leggendogli le poesie di Verlaine e Rimbaud, mentre Apollinaire lo sostiene anche con belle recensioni, come quella scritta nel 1905 su La Revue immoraliste, dove si accenna, tra le altre cose, a quei “saltimbanchi snelli”, nei quali il poeta riconosce “i giovani del popolo ingegnosi, maliziosi, furbi, poveri e bugiardi”. Il riferimento è al mondo del circo prediletto da Picasso nel cosiddetto periodo rosa (1905-1906), che segue il periodo blu (1901-1904 ca.), caratterizzato, invece, da opere più tristi con personaggi dagli occhi desolati e la testa reclinata, assorta in pensieri disperati. 

Nel capolavoro Famiglia di saltimbanchi (1905, National Gallery of Art, Washington D.C.), presente in riproduzione, l’Arlecchino sulla sinistra, di spalle, è in realtà un Picasso di dimensioni esagerate, accanto a un Apollinaire buffone forzuto e obeso, con tanto di calzamaglia e berretto a sonagli.

3 Pablo Picasso, Famiglia di saltimbanchi, riproduzione

Un’altra amicizia di quel primo periodo parigino è quella con il collezionista americano Leo Stein che si stabilisce a Parigi insieme alla sorella Gertrude, creando un vero salotto artistico-letterario. Durante le serate in casa Stein, la presenza fisica di Picasso colpisce particolarmente i presenti, e soprattutto Gertrude che in una lettera scrive:

Quando Picasso guardava un disegno o uno schizzo, mi stupiva che rimanesse ancora qualcosa sulla carta, tanto il suo sguardo era intenso”. 

Al 1907 risale il celebre dipinto Les demoiselles d’Avignon (non presente in mostra), che segna una vera sfida ai canoni estetici convenzionali, ponendo le basi del cubismo, e nel 1908 inizia il sodalizio con Georges Braque.

4 Picasso,Grenade, verre et pipe, 1911, Paris, Huile sur toile collée sur carton 24 x 29 cm. Dation Pablo Picasso, 1979 Inv. : MP33 © Succession Picasso

Nelle due sale dedicate allo sviluppo delle varie fasi del cubismo, troviamo opere come Mère et enfant (estate 1907), Grenade, verre et pipe (1911), Homme à la pipe (primavera 1914): dipinti che indubbiamente imprimono una svolta decisiva dell’arte figurativa verso l’astrazione. 

Una parentesi artistica particolarmente felice è quella trattata nella sezione intitolata “La strabiliante primavera romana del 1917”. Nel febbraio di quell’anno Picasso arriva a Roma, coinvolto dal giovane Jean Cocteau nella produzione di Parade, un balletto ispirato a un suo poema e musicato da Erik Satie, che doveva essere messo in scena dai Ballets Russes di Sergej Djagilev. Sono proprio i Balletti russi nei primi decenni del Novecento a dare inizio a una grande tradizione di ampliamento dei linguaggi artistici tradizionali, grazie all’unione del linguaggio espressivo della danza con le arti figurative, in una sorta di laboratorio pluridisciplinare, cui aderiscono i più importanti artisti del momento.

5 Picasso, Cavallo rosa, Teatro dell’Opera, Roma

Dei costumi disegnati da Picasso è esposto quello del Cavallo rosa (produzione 2009, Teatro dell’Opera, Roma), mentre del balletto è proposto un video.

Durante questo soggiorno italiano di due mesi Picasso conosce la ballerina russa Ol’ga Chochlova, che diventerà sua moglie l’anno successivo, e tra Roma e Napoli ha modo di immergersi nell’atmosfera delle strade di queste città scoprendo gli spettacoli popolari della Commedia dell’arte, ma anche la scultura monumentale classica e gli affreschi pompeiani.

Ma a Parigi, il 10 maggio 1917, in piena guerra, alla prima di Parade al teatro Châtelet l’estetica dissonante di Picasso provoca tra gli spettatori un’ostilità che solo Apollinaire, ferito di guerra, salito sul palco in divisa, con la testa fasciata, riuscirà a placare.

Picasso, anche se vulnerabile in quanto straniero, riesce a barcamenarsi in un’Europa lacerata dai nazionalismi: attraversa due guerre mondiali e una guerra civile, e affronta imponenti ondate di xenofobia, che travolgono la Francia. Il 3 luglio 1931, il commissario di polizia che rilascia a Picasso la carta di identità a uso degli stranieri, imprime con un grosso timbro nero la dicitura “Spagnolo”. Nel 1938, vengono aggiunte le impronte digitali.

L’artista, che negli anni del Surrealismo ha più volte disegnato tauromachie e il mitologico Minotauro, mimetizza in questa figura, fragile e potente al tempo stesso, il suo alter ego. Che cos’è il toro della corrida o l’uomo ibrido del mito se non una vittima designata al sacrificio? Non è certo un caso se, durante una fase di crisi, l’artista ha trasformato il Minotauro in una figura disarmata e cieca, tenuta per mano da una bimba con un piccione, come si vede in un’acquaforte del 1934.

5 Picasso, Minotauro cieco guidato nella notte da una bambina con un piccione, 1934 Parigi, Museo Nazionale Picasso

Nella primavera del 1937, durante la guerra civile spagnola, Picasso riesce a denunciare con un’opera dal linguaggio cubista estremamente espressivo il bombardamento nazi-fascista che distrugge la città basca di Guernica. Trattando il tema in parte come una corrida e in parte come una “strage degli innocenti”, Picasso realizza in cinque settimane nel suo studio parigino l’immenso pannello tragico destinato a diventare l’opera d’arte più famosa del mondo, documentata con una serie di fotografie dalla sua compagna del momento, la fotografa Dora Maar.

Ma quanti sanno che l’autore di Guernica, in quel preciso momento, viene considerato un “nemico della patria” dalla Spagna franchista, un “artista degenerato” dalla Germania hitleriana, uno “straniero pericoloso” dalla Francia che sta per soccombere all’occupazione tedesca? Appare addirittura un paradosso il fatto che nel 1940, mentre è ormai amato e rispettato nel mondo intero, la richiesta di naturalizzazione che ha inoltrato in Francia viene respinta.

Afferma la Cohen-Solal:

“L’esperienza dell’emarginazione subita da Picasso è simile a quella di tutti coloro che, oggi, si scontrano al sistematico rifiuto dell’altro. Picasso, capace com’è di sopportare le avversità e lavorare con inalterata fermezza, non è forse un nostro contemporaneo ? ”.

Picasso, sempre secondo le parole della curatrice della mostra:

“non è soltanto un artista prolifico, è anche un talento politico fuori del comune, capace di trasformarsi in protagonista della modernizzazione della Francia”.

Tra le opere più significative in senso politico appare un disegno del 1942, preparatorio per la scultura “L’uomo con la pecora”, la cui versione in bronzo verrà donata al comune di Vallauris nel febbraio del 1950, quando gli verrà conferita la cittadinanza onoraria. Il disegno raffigura il corpo di un uomo umile e fragile che, come offerta sacrificale, porta sulle spalle una pecorella smarrita. L’opera è una replica ai nudi imponenti di Arno Breker, artista tedesco che nella sua mostra del ’42 al museo dell’Orangerie annunciò l’avvento dell’uomo nuovo nella dinamica del nazismo, e lega il tema pagano dell’Ermete crioforo a quello cristiano del Buon pastore, proponendo l’unione tra antiche culture e il contemporaneo.

A partire dagli ultimi anni della seconda guerra mondiale, a seguito della liberazione di Parigi, Picasso si avvicina al Partito Comunista francese e il 24 ottobre 1944 annuncia la sua iscrizione al partito e si impegna per il movimento pacifista. Importante è il suo impegno per il movimento: è infatti dovuta a lui la diffusione della colomba come simbolo internazionale della pace (già presente con questo stesso significato nel dipinto Guernica) e chiama Paloma (colomba) la figlia nata nel 1949. In mostra possiamo ammirare, tra le altre cose, il Foulard Colomba della Pace, creato per il Festival mondiale dei giovani e degli studenti per la pace, che si tenne a Berlino, tra il 5 e il 19 agosto 1951.

Quando Picasso è un artista universalmente famoso, nel 1955, decide di lasciare la capitale per stabilirsi in Provenza, scegliendo il Sud e non il Nord, il Mediterraneo e non Parigi, gli artigiani e non l’Académie des beaux-arts. A Vallauris, un piccolo borgo di ceramisti, impara le “undici maniere tradizionali” per cuocere e smaltare l’argilla. Picasso si è sempre lamentato dell’instabilità della pittura ad olio, soggetta a subire nel tempo fenomeni di ossidazione. Nei colori della ceramica, che, una volta cotti, non cambiano più, vede la promessa di durata cui aspira per la sua arte. Tra gli artigiani del Sud, diventa a sua volta un maestro della ceramica, riprendendo liberamente le “sovversive” sperimentazioni cubiste, che era stato costretto ad abbandonare dopo la confisca di molte sue opere nel dicembre 1914.

Nelle ultime due sale sono esposte diverse ceramiche che rivelano la sua passione di sempre per gli animali, compreso il toro, mentre altre richiamano certe figure femminili della Grecia arcaica, ovvero di quel Mediterraneo del quale ha sempre fatto parte, e a cui evidentemente fanno riferimento alcune sue opere, come le tre sculture in bronzo del 1956, intitolate Bagnanti, provenienti dal Museo Nazionale Picasso di Parigi.

Il percorso cronologico della mostra, arricchito dai prestiti di importanti musei e collezioni private europee, riesce in modo originale ad approfondire la vita e il lavoro di un artista che, etichettato come un intruso, un radicale e un anarchico dal Paese ospitante, si afferma non solo per il suo genio, ma anche grazie alle sue doti di stratega, forse perché, come evidenziato nell’allestimento da una frase del filosofo e sociologo Georg Simmel:

Lo straniero impara l’arte di adattarsi in maniera più creativa, anche se più dolorosa, di chi si sente in diritto di appartenenza”.

Nica FIORI  Roma 2 Marzo 2025

PICASSO LO STRANIERO

Palazzo Cipolla, via del Corso, 320 Roma 27 febbraio – 29 giugno 2025

Orari: lunedì 15.00-20.00; da martedì a domenica 10.00-20.00; giovedì chiusura 22.30 (ultimo ingresso un’ora prima della chiusura della mostra). Biglietti: open € 20, intero € 15, ridotto standard € 13

Tel. 06/22877077

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