Piero della Francesca, e il “dominio razionale degli elementi compositivi”.

di Carmen D’ANTONINO

Con questo breve saggio su Piero della Francesca la nostra collaboratrice dott.ssa Carmen D’Antonino inizia una serie di articoli di carattere divulgativo su alcune delle figure più importanti e prestigiose della Storia dell’Arte, rimarcandone le caratteristiche e illustrando le opere a suo avviso maggiormente indicative. La studiosa, conosciuta maggiormente come critica d’arte e curatrice di eventi legati all’arte contemporanea,  è però una storica dell’arte con conoscenze a tutto tondo anche dell’arte medievale e moderna, che mira a proporre con questa iniziativa un quadro analitico di momenti e periodi storico artistici lontani dalla contemporaneità, e comunque significativi  in grado di arricchire il bagaglio culturale di tutti gli amanti delle belle arti.

 

Piero Della Francesca (Borgo Sansepolcro, giugno 1412 circa – 12 ottobre 1492) è una figura cardine della pittura rinascimentale, per l’estrema chiarezza con cui formulò la sua poetica, accogliendo e riproponendo alcune delle proposte fondamentali emerse col XV secolo.

Piero propose delle immagini fondate su una essenzialità monumentale, su un accortissimo calcolo di rapporti metrici e accordi coloristici, una pittura estremamente stabile, statica e bilanciata.

Ebbe larga fortuna e con il suo esempio mutò il corso della storia dell’arte in centri fondamentali come Urbino, Roma, Ferrara, Venezia, influenzando i migliori pittori della seconda metà del secolo. Perché tanto successo? Perché la sua poetica era chiara e formulata con radicale evidenza.

Da Masaccio riprese la maestosa plasticità delle figure, ma ne rifiutò la drammatica attualizzazione delle scene sacre: studiò senz’altro la Trinità di santa Maria Novella o il Tributo della Moneta al Carmine, non la vicina Cacciata del Paradiso Terrestre.

L’immagine dipinta per Piero doveva essere la sede del dominio razionale degli elementi figurativi, non uno studio della psicologia umana. Per questo rifiutò anche le strade battute da Donatello e da Filippino Lippi. Al suo spettatore non chiedeva un coinvolgimento emotivo, ma intellettuale.

Fig. 1 Piero della Francesca, Polittico della Misericordia, Museo Civico di San Sepolcro, 273 cm X 330cm, olio tempera su tavola

La prima opera documentata da Piero Della Francesca è il Polittico della Misericordia (fig. 1) in ventitrè scomparti commissionato nel 1445 ma portato a termine con lentezza alternandolo ad altri lavori, nei quindici anni successivi e con l’aiuto di collaboratori cui competono, come acutamente vide Roberto Longhi, la predella e sei tavolette di santi alle estremità laterali. Sono invece di Piero, attorno al 1445, la Crocifissione (fig. 2) e i maggiori santi di sinistra, San Sebastiano e San Giovanni Battista, dov’è evidente l’influenza di Masaccio.

. 2 Piero della Francesca, La Crocifissione, Frick Collection New York, tecnica mista su tavola, 37,5 X 41 cm, 1465.

Quanto alla prima si può instaurare un confronto stringente con la cuspide del polittico di Pisa di Masaccio, sia per l’enfasi plastica e l’impostazione drammatica, sia per l’analogo contrasto tra la volumetria delle figure e l’arcaico fondo oro imposto a Piero come a Masaccio dai committenti. Masaccesche, nei santi sono le espressioni dei volti, nettamente squadrati e la pesante materialità dei corpi. Il volto di San Giovanni Battista è severo e malinconico. Con le dita sta ad indicare l’agnello con aureola crociata, tenuto dall’altra mano, nascosta dal manto in segno di reverenza. L’agnello è chiaramente simbolo di cristo e del suo sacrificio.

Il Santo si situa su un terreno brullo, unica relazione con la natura dato che lo sfondo si annulla in un uniforme ed irreale colore dorato. Per contrasto la tavola centrale del polittico, la Madonna della Misericordia (fig. 3)  eseguita attorno al 14460, ha le caratteristiche delle opere mature del pittore: il plasticismo masaccesco non è scomparso, ma è sottoposto a una severa regolarizzazione geometrica.

Fig. 3 Piero della Francesca, Pala centrale Polittico della Misericordia, Museo Civico di San Sepolcro, 273

La vergine allarga il mantello come a formare una cupola semisferica che accoglie i devoti della confraternita della Misericordia, raccolti intorno a lei e prospetticamente rivolti alle gambe della Madonna. Le figure diventano nitidi corpi geometrici rilevati dalla luce. L’essenza della poetica di Piero è già manifestata con piena evidenza: la ricerca d’una maestosa staticità, la subordinazione della narrazione al ritmo geometrico, la plasticità evidenziata dalla luce e dal colore.

Fig. 4 Piero della Francesca, Battesimo di Cristo, National Gallery, tempera su tavola, 167 X 116 cm, 1445.

Entro il 1450 fu dipinto il Battesimo di Cristo (fig.4), la cui ricchezza figurativa si combina a un’insolita formulazione iconografica. La tavola venne commissionata dall’abbazia camaldolese di Sansepolcro, città natale e residenza del pittore, come tavola centrale per un polittico terminato negli scomparti centrali e nella predella da Matteo di Giovanni verso il 1465, che probabilmente decorava l’altare maggiore. Gli altri scomparti del polittico sono conservati oggi nel museo Civico di San sepolcro.

Il Battesimo di Cristo è una delle opere più controverse riguardo alla datazione nel corpus di opere pierfrancescane. Secondo alcuni studiosi i riferimenti al concilio di Ferrara- Firenze, quali il corteo di dignitari bizantini sullo sfondo, la collocherebbero a un periodo immediatamente successivo al 1439 (anno del concilio), facendone una delle prime opere conosciute dall’artista. Anche la colorazione con tenui toni a pastello farebbe pensare a un’influenza ancora forte di Domenico Veneziano, del quale Piero fu collaboratore della seconda metà degli anni trenta. Secondo altri, basandosi sulle caratteristiche compositive e stilistiche, l’opera andrebbe invece collocata nella fase matura dell’arista, dopo un primo soggiorno urbinate (1450 circa), dove avrebbe sviluppato l’interesse per i complessi schemi geometrico- matematici e per i molteplici significati teologici, oppure addirittura a dopo il soggiorno romano (1458-1459), vicino ad opere chiave come la Resurrezione o la Flagellazione di Cristo. Il dipinto venne riscoperto nella sagrestia del Duomo di Sansepolcro verso il 1858.

Passando alla descrizione dell’opera possiamo notare come i tre angeli, vestiti di colore differenti, diversamente dalla norma iconografica non reggono i vestiti di Cristo, ma si tengono per mano, in segno di concordia. Molti critici vedono in loro la celebrazione del Concilio tenutosi in quegli anni a Firenze per l’unificazione della chieda occidentale con quella orientale. Tale simbolo sembra essere testimoniato anche dalla presenza, subito dietro il neofita, di personaggi vestiti all’orientale.

Nell’opera risalta il ferreo rigore compositivo della pala, il reciproco valorizzarsi delle tinte, l’atmosfera rischiarata da una luminosità solare Il Cristo frontale occupa l’asse centrale del quadro, lungo il quale sono disposti più in alto, anche la ciotola retta dal battista e la colomba che scende dall’alto, simbolo dello spirito Santo. Attorno a questo asse tutta la composizione è bilanciata secondo un accorto calcolo di pesi, non uguali ma equivalenti: cosi il tronco dell’albero equilibra la figura del Battista, i tre angeli, il battezzando che si spoglia e i pagani in ambito orientale nello sfondo a destra, uno dei quali indica stupefatto il cielo. Il gesto è posto in rilievo dall’incorniciatura, tramite linee di forza, del battezzando col braccio del Battista che appare come un prolungamento del gesto del sacerdote, della schiena arcuata del discepolo che si spoglia e della gamba del Battista in parallelo.  La testa di Cristo stagliata davanti al cielo e isolata dal profilo dei colli, è il centro focale della tavola.

Come nel Polittico della Misericordia anche nel Battesimo, Piero usa gli strumenti della geometria per accentuare la sacralità. L’opera pervasa da linee geometriche e da uno schema apparentemente naturale, dà un senso di serenità, in cui l’azione è sospesa nel momento in cui l’acqua sta per discendere sul capo di Cristo.

Lo sfondo è composto da un paesaggio collinare, con un piccolo borgo fortificato alle pendici: si tratta di Borgo Sansepolcro, figurata come nuova Gerusalemme. Le colline in lontananza descritte nei minimi dettagli non sfumano per effetto della foschia, ma il cielo è gia sfumato con toni più chiari vicino all’orizzonte, un modo di dare profondità e luce al dipinto derivato dalle miniature francesi. Le nuvole tridimensionali, a forma di cilindri distesi e fortemente chiaroscurate, sono uno dei dettagli più tipici della pittura di Piero, che si ritrovano anche in altre opere.

Ci troviamo di fronte ad una pittura basata sugli strumenti più raffinati messi a punto dall’Umanesimo pittorico e sulle formulazioni teoriche più avanzate della cultura rinascimentale.

Carmen D’ANTONINO  Roma  7 luglio 2024

Bibliografia essenziale

ARGAN G., C., “Storia dell’Arte Italiana”, Firenze, Sansoni, 1968.
ALLEGRETTI P., “Piero della Francesca”, Milano, Skira, 2008.
BERTELLI C., BRIGANTI G., GIULIANO A.” Storia dell’Arte Italiana”, Milano, Electa Mondatori, Milano, 1990, pp. 242-258.