di Nica FIORI (foto di Francesca LICORDARI)
GLI AFFRESCHI ASTROLOGICI DEL PALAZZO DELLA RAGIONE A PADOVA
Nel gigantesco Salone oltre 300 immagini con le personificazioni dei Mesi, dello Zodiaco e dei tipi umani legati agli astri, traducono visivamente le concezioni medievali di Pietro d’Abano
L’età comunale e la successiva signoria dei Carraresi (1318-1405), segnarono per Padova l’epoca di maggior splendore storico, economico e artistico. Parallelamente alla crescente importanza della città, pur in mezzo a entità politiche ancora più potenti, quali la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano, si manifestò l’esigenza di disporre di edifici destinati a soddisfare le necessità della vita pubblica e amministrativa.
Cuore storico di quella splendida capitale tardo-medievale, governata “con ragione”, è il Palazzo della Ragione: qui si amministrava la giustizia, ma vi si svolgeva anche il mercato, tradizione questa tuttora in uso al piano inferiore e nell’adiacente Piazza delle Erbe da un lato, e in Piazza della Frutta dall’altro lato.
Edificato nel 1218, il palazzo venne agli inizi del XIV secolo dotato della doppia loggia e del tetto a carena, ammirevoli sia come architettura sia come lavoro di carpenteria, e decorato al suo interno con un grandioso ciclo pittorico astrologico attribuito dalle fonti a Giotto, il cui nome dipinto è ricordato sotto un riquadro che raffigura Mercurio nella Vergine.
Un incendio, avvenuto il 2 febbraio 1420, provocò la distruzione del tetto e della parte superiore delle pareti affrescate; il rifacimento della decorazione venne eseguito tempestivamente dai pittori Nicolò Miretto da Padova e Stefano da Ferrara, i quali presumibilmente cercarono di ripristinare le primitive immagini giottesche. Il palazzo presenta al piano superiore, cui si accede da scalinate laterali, un’enorme sala rettangolare (m 27 x m 78,5), chiamata popolarmente “il Salone”, con una copertura lignea a carena di nave. Un grande cavallo ligneo quattrocentesco (in precedenza erroneamente attribuito a Donatello), un pendolo di Foucault e la duecentesca “pietra del vituperio” sono gli unici oggetti che vi si conservano. Lo spazio, pertanto, appare veramente immenso e il nostro sguardo
si perde in un fantastico e magico universo di immagini, che ci permette di affacciarci su un mondo dimenticato, quello medievale, nel quale si intrecciano conoscenze e aspirazioni religiose, valori morali ed esoterici, visioni fantastiche ed enigmatiche, che sono spesso deformazioni di entità e concetti astrali.
In origine vi erano tre sale (adibite a tribunale, uffici dei sigilli ed esattoria) e una cappella intitolata a San Prosdocimo, ma l’intervento architettonico di fra’ Giovanni degli Eremitani nel 1306-1309 trasformò il piano in un’unica enorme sala per l’amministrazione della giustizia, con una nuova copertura che rievocava il cielo con le stelle, mentre sulle pareti trovavano posto gli affreschi con i pianeti e le costellazioni zodiacali, i mesi e i giorni formando una sorta di orologio cosmico che scandiva i tempi della natura e dell’uomo.
La decorazione quattrocentesca che oggi ammiriamo consiste in una specie di enorme almanacco composto da 333 riquadri disposti su tre fasce sovrapposte entro una cornice che collega le scene all’architettura della sala. Le raffigurazioni astrologiche e zodiacali, come pure le scene di vita privata e di attività umane, si susseguono secondo un filo logico di non facile decifrazione.
Una così ampia e articolata serie di immagini, in effetti, presuppone una mente ispiratrice che trascende il semplice ambito artistico, fino ad investire tutta una concezione del mondo e della posizione in esso dell’uomo: concezione che si ritrova nelle teorie astrologiche del filosofo, medico, matematico e astronomo Pietro d’Abano (1250-1315), che insegnò a Parigi e poi a Padova negli anni che videro la nascita dalla sua celebre università. Egli era convinto che il corso degli astri avesse una reale influenza sui fenomeni dalla Terra e in particolare sull’uomo. Nella sua opera De imaginibus sono descritte e raffigurate 360 immagini, una per ogni grado del cerchio zodiacale, al quale sono abbinati i corrispondenti significati determinati dall’ascendente.
Grazie al ritrovamento di quest’opera è stato possibile interpretare gli affreschi del Palazzo della Ragione e riuscire anche a ricostruire l’oroscopo medievale secondo Pietro d’Abano, integrando l’influenza che l’ascendente assume, per ogni grado in cui cade, con le caratteristiche dei sette corpi celesti allora conosciuti: Sole, Luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere, Saturno. Un oroscopo così costruito metteva in luce la necessità di conoscere in modo preciso e immediato la posizione degli astri del cielo, esigenza che fu risolta dall’astrario di Giovanni Dondi dall’Orologio (altro insigne esponente dell’ambiente scientifico padovano del ‘300), uno straordinario congegno che permetteva di vedere ogni momento gli spostamenti dei pianeti. Si poteva così prevedere in maniera “scientifica” il futuro e il Signore di Padova poteva scegliere per le sue attività il momento e le circostanze più propizie. Niente di strano visto che prima e dopo di lui re, imperatori, condottieri, papi spesero somme ingenti per ottenere quello che i giornali oggi democraticamente regalano a ognuno di noi: un oroscopo.
Per tutto il Trecento il grandioso ciclo pittorico continuò a essere visto dai padovani dell’epoca in tutto il suo significato di espressione dell’influenza degli astri sulla vita quotidiana e ricordava ai giudici le tendenze e i caratteri degli uomini, rassicurandoli nei loro giudizi. Non sappiamo quanto essi credessero realmente all’astrologia, ma il fatto che il Palazzo della Ragione, massima espressione della cultura “laica” dell’epoca, fosse decorato così fa pensare che ad essa venisse attribuita notevole importanza.
Anche se risalgono al Quattrocento, gli affreschi risentono ancora di una rigida concezione nell’impostazione, tipica dello stile gotico; le immagini sono inserite in formelle rettangolari, o ad arco semplice, o trilobate, determinate dalla necessità di seguire il disegno delle pareti e nello stesso tempo di far cogliere il nesso che le lega.
L’uomo vi viene rappresentato con una quantità incredibile di gesti, atteggiamenti, allusioni e significati che sono una preziosa testimonianza della vita sociale nel Medioevo; la Terra viene descritta nella sua possente interazione con il lavoro dell’uomo, legato al succedersi delle stagioni e la presenza astrologica evidenziata con insistenza.
Queste straordinarie immagini, che si sviluppano su tre livelli partendo da una base lineare di 211 metri, sono 333, un po’ meno di quelle descritte da Pietro d’Abano.
Possono essere divise in due gruppi: quello superiore descrive le immagini del cielo astronomico, mentre l’inferiore rappresenta le influenze caratteriali che da tali immagini derivano nella vita dell’uomo.
Al primo gruppo appartengono la fascia superiore con le rappresentazioni delle costellazioni extrazodiacali e degli ascendenti, e la fascia mediana con le personificazioni dei mesi, dei segni zodiacali, dei pianeti domiciliati, e degli apostoli (ad esempio Marzo, con il segno dell’Ariete, con Marte come pianeta e San Giacomo maggiore come apostolo) e ancora le figure che rappresentano il giorno, determinato dalla posizione dell’astro più lucente della costellazione propria di ogni segno, fissato sull’ora di mezzogiorno secondo la teoria astrologica dell’ascendente, il quale nella concezione medievale è dato dalla posizione o grado del cielo al mezzogiorno o alla mezzanotte di ogni giorno del mese e quindi dell’anno.
Il secondo gruppo, quello delle influenze astrali sulla vita dell’uomo, descrive le influenze universali determinate dalle costellazioni maggiori, quindi le influenze generali del segno o mese, e infine quelle particolari legate all’ascendente: a queste si ricollegano le rappresentazioni dei variegati aspetti della vita umana, sia nelle sue diversità psicologiche che nella vasta gamma delle attitudini professionali; le immagini sono raggruppate attorno al segno zodiacale e al mese corrispondente, e scandite dal pianeta dominante per tutto il corso dei dodici mesi dell’anno.
Ed ecco qualche esempio di come vanno interpretati i dipinti secondo la concezione di Pietro d’Abano, che va naturalmente inquadrata nel pensiero dell’epoca circa il significato da attribuire al segno zodiacale ed al pianeta dominante. Se l’ascendente Cancro determina, nel grado corrispondente a una certa data di nascita, una predisposizione allo studio, a essa si ricollega il dipinto che rappresenta un fanciullo che siede tenendo un libro aperto e una penna; se dallo Scorpione deriva il carattere di persona misericordiosa,
negli affreschi fa da riscontro l’immagine di una donna che fa l’elemosina a un povero; se il Toro rende una persona litigiosa o rissosa, nel reparto corrispondente si vedono due donne che litigano; se, invece, lo stesso Toro determina il carattere di uomo invidioso, la scena mostra due cani che si mordono, e così via.
Due grandi affreschi attribuiti a un pittore vicino ai modi di Altichiero da Zevio interrompono il ciclo astrologico al centro dei due lati brevi. Rappresentano l’Incoronazione della Vergine e San Marco distribuisce l’elemosina ai poveri: realizzati forse intorno al 1406, subito dopo la conquista veneziana di Padova, esaltano il ruolo della Serenissima nei confronti della città stremata da guerre e pestilenze. Molti leoni di San Marco, inoltre, ribadiscono la presenza della Repubblica Veneta, che aveva immediatamente provveduto alla ricostruzione del Palazzo dopo il disastroso incendio del 1420. Questa ricostruzione quattrocentesca è indubbiamente interessante e ricca di significati, ma, per un preciso disegno ideologico inteso a cancellare perfino la memoria dei Carraresi, ha alterato la fisionomia dell’edificio.
Resta un mistero la totale scomparsa di ogni traccia dell’opera di Giotto, mentre altri affreschi, pure trecenteschi, si sarebbero invece conservati. Per spiegare questa perdita è stata avanzata l’ipotesi che egli in realtà non avesse lavorato ad affresco, ma su tavole di legno sovrapposte alle pareti, così da formare una sorta di immenso polittico, che sarebbe stato completamente distrutto dalle fiamme.
In Europa non vi è niente che possa paragonarsi agli affreschi del Palazzo della Ragione, se non forse quelli dell’Aula Gotica del convento dei Santi Quattro Coronati a Roma (scoperti alla fine degli anni Novanta del ‘900),
eppure il ciclo astrologico di Padova è ancora poco conosciuto dai turisti, probabilmente perché la città offre molti altri cicli pittorici più famosi, come quello della Cappella degli Scrovegni, capolavoro di Giotto, quello del Battistero affrescato da Giusto de Manabuoi, quello dell’Oratorio di San Giorgio, affrescato da Altichiero, quelli della Basilica del Santo e altri ancora, tanto che la città è stata giustamente definita “urbs picta”.
Nica FIORI Padova marzo 2018
Palazzo della Ragione Piazza delle Erbe – Padova
Orario: da martedì a domenica ore 9 – 19; chiuso il lunedì Biglietto d’ingresso: € 6; ridotto € 4