Pietro Sigismondi, Paolo Guidotti e Pietro Paolini; tre artisti caravaggeschi in un convegno a Lucca (venerdì 18 ottobre)

P d L

Si apre a Lucca un importante Convegno dedicato a tre pittori lucchesi nella Roma di Caravaggio. Si tratta di Pietro Sigismondi, Paolo Guidotti e Pietro Paolini. Il convegno si presenta come una delle iniziative più importanti nel campo degli studi caravaggeschi. Ne abbiamo parlato con Gianni Papi, che oltre ad essere uno dei massimi studiosi di temi e artisti caravaggeschi, è curatore del convegno con Paola Betti

Il convegno che si apre a Lucca riguarda tre artisti che vissero per quel che si sa in modo diverso la rivoluzione caravaggesca; vuoi spiegare il filo conduttore di questo importante evento?

R: Intanto lasciami dire che a mio avviso si tratta di uno degli eventi più importanti sul tema del caravaggismo da diversi anni a questa parte, se non altro perché si parla di artisti non sempre trattati in sede critica; per quanto concerne Guidotti e Sigismondi si sa che l’aderenza alla rivoluzione caravaggesca avviene assai presto, già dentro il primo decennio; il quadro di Sigismondi che rappresenta Sansone e Dalila, ora nella collezione della Banca del Monte che organizza l’evento,  risale al 1606, ed è un dipinto vicinissimo soprattutto al mondo di Orazio Gentileschi, tanto da ritenerlo prossimo proprio alle prime opere di carattere caravaggesco del maestro pisano, e quindi si può senz’altro dire che Sigismondi mostra un’adesione immediata al caravaggismo e questa è una novità.

Pietro Sigismondi, Sansone e Dalila

-Viene da chiedersi allora per quale motivo risulti così poco studiato fino ad ora.

R: Perché gli si riconoscono pochissimi dipinti, probabilmente soltanto quattro, ed uno di questi, cioè lo stupendo Martirio di San Sebastiano, che si trova a Roma nella chiesa di San Sebastiano fuori le mura,

Pietro Sigismondi, Martirio di San Sebastiano

proprio in questa circostanza del convegno è stato restaurato ed i risultati del restauro verranno presentati da Yuri Primarosa e Ilaria Sgarbozza.

-Per quanto riguarda Paolo Guidotti invece?

Paolo Guidotti David con la testa di Golia
Caravaggio, David con la testa di Golia

R: Di Guidotti si conosce molto di più, la sua figura è stata messa a fuoco in varie circostanze; conosciamo una serie di documenti, ad esempio sappiamo che è stato per due volte principe dell’Accademia di San Luca, sappiamo che era legato ai Borghese –tanto che è conosciuto anche col nomignolo di Cavalier Borghese– e che in qualche misura contava anche a livello “politico” sulla scena romana del tempo. Dal lato pittorico i quadri che dipinse nel corso del primo decennio e che conosciamo hanno una rilevanza importantissima; pensiamo ad esempio al David con la testa di Golia che si trova nella basilica di San Paolo fuori le mura; è un dipinto sensazionale, che risale al 1608, e che si può giudicare una immediata reazione all’omonimo dipinto di Caravaggio della Galleria Borghese che io infatti da tempo ho retrodatato al 1606, rispetto ad una datazione creduta al 1610, anche in ragione di questo fatto, ossia di come Guidotti rimanesse influenzato dalla redazione del Merisi; senza contare quanto dipinge in seguito, negli anni immediatamente successivi, nel 1608 – 9, vale a dire quell’opera sensazionale che è la Deposizione di San Frediano.

Paolo Guidotti, Deposizione

-Fu anche un valente frescante.

R: Si, in particolare si fece valere  a Bassano Romano, a Palazzo Giustiniani, ma è un momento diverso rispetto al periodo caravaggesco.

Dunque, Guidotti e Sigismondi vivono nel periodo in cui la rivoluzione caravaggesca è in pieno sviluppo, mentre Pietro Paolini arriva qualche anno dopo; ti domando quindi se aver messo insieme comunque Paolini agli altri due nel convegno è stato per motivi eminentemente geografici, diciamo così, cioè per l’appartenenza alla medesima città, ovvero perché sono ravvisabili anche elementi di contiguità artistica, cioè la possibilità che Paolini possa esserne stato influenzato in qualche modo?

R: Detto che di questo credo che parleranno altri relatori al convegno, posso qui esprimerti la mia idea, e cioè che se Paolini arriva a Roma intorno alla fine del secondo decennio, diciamo tra il ’18  il ’20, è difficile credere che possa aver incontrato colui che da sempre si dice fu maggiormente influenzato, cioè Angelo Caroselli il quale, come è noto, allora era a Napoli, ragion per cui mi chiedo – ma lo voglio ripetere, si tratta di una mia supposizione- se Paolini non possa aver in qualche misura interagito con Guidotti che al contrario di Caroselli nel 1618 torna a Roma; sappiamo che è stato a Lucca, poi a Reggio ma in quell’anno è di nuovo a Roma e quindi non escluderei che possa esserci stato qualche confronto.

E’ una ipotesi di studio o hai potuto trovare precisi riscontri a questa idea?

R: No, non ci sono riscontri al momento, però sta di fatto che il rapporto tra Caroselli e Paolini non può essersi formato in quel torno di anni visto che l’artista romano è documentato a Napoli e torna nella capitale in anni successivi, né mi pare percorribile un’ipotesi che contempli la possibilità che egli tornasse ogni tanto da Napoli a Roma non si sa bene a fare cosa e che in questi improbabili frangenti stringesse legami artistici con Paolini.

-Questa secondo te può essere una strada da seguire per delineare il percorso formativo iniziale di Paolini a Roma?

R: Beh, questo non posso dirtelo io, vedremo cosa diranno gli studiosi che parleranno di Paolini al convegno; io ti ho illustrato una ipotesi che non mi pare peregrina, perché è ovvio che il rapporto tra Paolini e Caroselli ci sia stato ma probabilmente si forma successivamente, perché non si può credere che quest’ultimo tornasse da Napoli, anche se certezze in proposito non ci sono.

-Torniamo a Guidotti e Sigismondi; ebbero a tuo parere un contatto diretto a Roma con Caravaggio? si conosce qualcosa a questo riguardo che possa farlo credere?

R: Credo di no, o quanto meno non mi pare che esista qualche elemento che possa farlo credere possibile; del resto se torniamo al dipinto di Sigismondi in San Sebastiano fuori le mura come dicevo si deve parlare di più di un contatto con i toscani, magari Commodi, o più propriamente Orazio in particolare,  che con Merisi con il quale non vedo un legame così stretto, senza contare che questi nel 1606 come tutti sanno era già via da Roma.

E tuttavia, per quanto interni alla rivoluzione caravaggesca né Guidotti né Sigismondi vengono collegati dal Mancini alla famosa ‘Schola del Caravaggio’ insieme a Ribera, Manfredi, Cecco e Spadarino; per quale motivo ? forse perché li considerava minori rispetto agli altri?

R: No, il fatto è che Mancini ne cita solo quattro e secondo giustamente perché li considerava come i veri seguaci del Caravaggio, coloro i quali – e io l’ho scritto tante volte- o lo hanno conosciuto direttamente, cosa che certamente è stato per Cecco e per Manfredi, o in ogni caso lo hanno conosciuto, nel senso di studiato, dal vero, e che comunque hanno iniziato con lui. Per Guidotti e Sigismondi il discorso è differente perché è certo che non ebbero questa possibilità; d’altra parte, mentre di Sigismondi non si sa quasi niente, si sa che Guidotti aveva fatto parte del coté manierista, era stato nei cantieri sistini, alla Biblioteca lateranense e solo in un secondo momento cambia, come del resto lo stesso Orazio Gentileschi, prima di incontrare la rivoluzione caravaggesca.

-Tu sei il curatore del convegno insieme a Paola Betti, come vi siete divisi i compiti?

R: Paola Betti si occupa in particolare della figura di Guidotti e presenta alcune novità attributive; da parte mia riguardo a Guidotti rivedo alcune attribuzioni del passato e n propongo altre peraltro con molta prudenza perché Guidotti è un artista difficile, affascinante ma strano, qualche volta sgrammaticato ma ovviamente non basta trovare opere con qualche sgrammaticatura per attribuirla per forza a Guidotti.

-Tu hai studiato le opere di molti pittori caravaggeschi come forse nessun altro ricercatore di questo ambito artistico, in particolare più di molti altri hai messo a fuoco la figura e l’opera di Jusepe de Ribera; allora ti chiedo, i nostri pittori lucchesi hanno avuto un qualche rapporto con l’artista di Jativa?

R: No, lo posso escludere con certezza, non ci sono elementi che lo giustifichino.

-E quale dei tre artisti secondo te si può ritenere il più caravaggesco, se si può dire?

R: Forse potrei indicare Guidotti, ma per quello che si conosce attualmente e che ci consente di dire che fu tra quanti reagirono più prontamente ai temi del Merisi, e comunque già nel 1610 al tempo degli affreschi di Bassano romano se ne allontanò; tuttavia, quello che è certo è che a mio parere la pala di San Frediano è da ritenere un’opera straordinaria e credo che basti questa per dare a Guidotti la patente di grande artista caravaggesco; per me si tratta di una realizzazione sensazionale, tra le più importanti del filone caravaggesco. Fu attribuita a suo tempo da Roberto Contini, più recentemente l’ho presentata alla mostra su Gherardo delle Notti.

Un’ultima domanda te la faccio sui tuoi prossimi impegni; cos’hai in cantiere?

R: C’è la mostra su Orazio Borgianni, prevista per gli inizi del prossimo marzo a Palazzo Barberini che innanzitutto è finalmente un riconoscimento dovuto ad un artista geniale; rispetto al mio catalogo del 1993 ripresento tutti i quadri più importanti evitando certe spericolate attribuzioni; la vera novità sarà invece sulla influenza che Borgianni ebbe nell’ambiente romano del tempo; ma non posso dire di più.

P d L Roma   17 ottobre 2019