Pitagora e la musica al Museo di Villa Giulia

di Nica FIORI

Il 21 giugno, il giorno del solstizio d’estate, viene celebrata da anni la festa della Musica: una manifestazione che vede come protagonista la musica in tutte le sue forme e in tutti i luoghi, dai musei alle aree archeologiche, alle stazioni, agli ospedali, ai centri di cultura, fino alle strade e alle piazze.

Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, diretto da Valentino Nizzo, ha aderito alle iniziative del MIBACT in modo originale, illustrando al pubblico le origini della musica nel mondo antico con una visita guidata intitolata “Musica e matematica: Pitagora”, tenuta da Francesca Licordari. La figura del matematico e filosofo greco Pitagora, vissuto in Magna Grecia nel VI secolo a.C., apparentemente poco o niente ha a che fare con il mondo etrusco, eppure, secondo alcune fonti latine, era definito “etrusco”, probabilmente perché nelle regole di vita che impartiva ai suoi discepoli erano state ravvisate delle usanze tipicamente etrusche. Come non ricordare a questo proposito che nella città di Cortona (Arezzo) vi è un mausoleo noto come “Tanella” di Pitagora, ritenuto nel passato la tomba del filosofo, probabilmente per l’assonanza di Cortona con la città magnogreca di Crotone, dove Pitagora, nato a Samo nel 570 a.C., fondò la sua celebre scuola.

In realtà, la cultura greca è vicinissima a quella etrusca, tanto che le divinità e i miti raffigurati nei reperti del museo di Villa Giulia sono gli stessi che ritroviamo nell’arte greca e che poi passeranno pari pari in quella romana. Il dio del canto e della musica Apollo, in particolare, è raffigurato nella grande statua in terracotta policroma proveniente da Veio, uno dei capolavori più noti del museo, come pure nello splendido busto detto Apollo dello Scasato, ed è dipinto come citaredo in una ceramica attica. Ma anche Orfeo, che con la sua musica riusciva ad ammaliare gli animali, è presente nel museo in una oinochoe (brocca per l’acqua). Interessantissimi sono i miti legati a queste figure del mondo antico, che si intrecciano con altri personaggi, come per esempio il dio Ermes, che sarebbe stato l’inventore della lira, donata poi ad Apollo.

La scuola fondata da Pitagora era basata sullo studio della matematica e su riti iniziatici. Le regole di vita comunitarie prevedevano la divisione tra discepoli cosiddetti matematici, che avevano accesso a tutte le dottrine, e gli acusmatici, che potevano solo ascoltare e non erano ammessi alle conoscenze più segrete. Pitagora non lasciò niente di scritto, ma dai frammenti di un’opera di un suo discepolo apprendiamo che egli riteneva che un regime di vita austero (basato sulla castità e su un’alimentazione vegetariana, anche se erano proibite le fave), oltre a migliorare l’efficienza fisica e intellettuale, portasse alla purificazione dello spirito, creando un uomo “superiore”, in cui erano potenziate tutte le facoltà latenti, e quindi in grado di dominare la natura spiritualmente, di penetrarla e di comprenderla dall’interno.

Per Pitagora tutti gli enti fisici dell’universo sono correlati da rapporti espressi da numeri. Quindi, anche la musica diventa con lui uno strumento matematico per capire l’armonia dell’universo. Si racconta che i suoi studi di acustica iniziarono quando un giorno, mentre passeggiava assorto nei suoi pensieri, venne colpito dai suoni diversi provenienti dall’officina di un fabbro. Egli allora entrò nell’officina e vide che quattro persone in quel momento stavano battendo i loro martelli su quattro incudini. Si fece mostrare i martelli e scoprì così che le diverse altezze dei suoni non erano dovute alla forza della percussione, ma al diverso peso dei martelli. Se un martello pesava il doppio di un altro produceva un intervallo detto di un’ottava, se pesava una volta e mezzo, produceva un intervallo detto di quinta. Pitagora tornò a casa, prese dei nervi di bue e li mise in tensione con dei pesi; sperimentò così che anche in questo caso valeva la stessa regola: se una delle corde era il doppio dell’altra produceva l’intervallo di ottava, se invece era lunga una volta e mezzo, produceva l’intervallo di quinta. Pitagora comprese così che l’accordo (ossia il suono simultaneo di più note) e la consonanza (il suono simultaneo di varie note che risulta gradevole all’orecchio umano) sono regolati da precise leggi matematiche. Le principali consonanze rispecchiano proporzioni tra numeri interi, in particolare tra le coppie 1/2, 2/3 e 4/3.

A questa intuizione si deve il monocordo, uno strumento musicale che si può considerare l’archetipo del clavicordo. Pitagora lo avrebbe costruito prendendo un pezzo di legno come cassa di risonanza e tendendoci sopra una corda, fissata con due ponticelli fissi, mentre un terzo ponticello era libero di muoversi lungo la corda, ottenendo così suoni di altezza variabile. Ed è sempre a lui che venne attribuita nel Medioevo la scala pitagorica, una scala musicale di sette note (si può ascoltare anche su You tube), che doveva essere vicinissima alla scala attuale.

I numeri interi 1, 2, 3 e 4, che ritroviamo nei rapporti musicali, sono particolarmente importanti per Pitagora perché la loro somma dà 10, che è il numero perfetto per eccellenza: può essere rappresentato infatti come un triangolo equilatero avente quattro punti per lato: si tratta della tetraktys sacra, che racchiude i primi quattro numeri  (due dispari e due pari) espressi in un perfetto equilibrio.

Oltre ai numeri, un punto chiave del pensiero di Pitagora era la credenza nella metempsicosi, per la quale, a seconda dei meriti o demeriti, l’uomo sale o scende, nelle varie reincarnazioni, nell’infinita scala degli esseri viventi, prima di giungere definitivamente a Dio. Questa concezione lo avvicina all’orfismo, una religione iniziatica che prende il nome da Orfeo, il musicista che sarebbe riuscito ad andare nell’Oltretomba e a uscirne vivo (anche se non riuscì a riportarne fuori l’amata Euridice). Nell’orfismo è fondamentale il mito della resurrezione che riguarda Dioniso-Zagreo. Zagreo, figlio di Zeus e di Persefone (dea dell’oltretomba), sarebbe stato sbranato dai Titani, istigati da Era, la moglie di Zeus, ma Atena riuscì a strappare alla furia dei Titani il cuore del ragazzo, che Zeus avrebbe fatto rinascere facendolo assorbire dalla sua amante Semele e rigenerandolo come Dioniso, il dio del vino e dell’ebbrezza orgiastica.

Sempre in chiave magico-esoterica, è stata illustrata pure una raffigurazione delle Muse, le nove figlie di Zeus e Mnemosine legate alla musica e alle arti (e ai musei) che Pitagora venerava particolarmente, tanto che a Crotone egli insegnava nel tempio delle Muse.

Ovviamente la visita guidata è stata lo spunto per ammirare alcuni strumenti musicali antichi (un corno in bronzo, un sistro usato nel culto della dea egizia Iside, e dei plettri in osso ) e diversi capolavori dell’arte etrusca che raffigurano musicisti e danzatori. Tra questi la scena del banchetto della Tomba del letto funebre di Tarquinia, interamente ricostruita nel piano inferiore del museo, e il celebre Sarcofago degli Sposi, che vede i due protagonisti adagiati elegantemente sulla kline (letto da banchetto e insieme funebre) nell’atto di sostenere le coppe (mancanti) di vino e di cibi, presumibilmente allietati dalla musica.

di Nica FIORI    Roma giugno 2017

Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia Piazzale di Villa Giulia 9 – Roma

Orario: 8.30-19.30, chiuso il lunedì (Biglietto: intero 8€, ridotto 4€, gratis per gli aventi diritto)