Placido Samperi e il soggiorno messinese dell’ “eccellente pittore ” Michelangelo da Caravaggio

di Valentina CERTO

Placido Samperi, nacque a Messina nel 1590. Diviene novizio nel 1609 e Padre gesuita nel 1619.  Dopo l’ordinazione si trasferì nel collegio di Palermo dove ha modo di studiare sia materie umanistiche che scientifiche come la fisica. Insegnante di retorica e letteratura al collegio dell’omonimo ordine di Palermo, ricevette la carica di “magister humanitatis” nel 1616 per la professione di maestro a Monreale, Reggio Calabria e Messina e “professor accademiae” a Caltagirone e Mineo. A differenza di Vincenzo Mirabella, il messinese Samperi, non è testimone oculare, non ha conosciuto Merisi, ma si colloca cronologicamente in quella florida stagione del primo caravaggismo siciliano che vede protagonisti pittori come Mario Minniti e Alonzo Rodiguez.

I suoi scritti sono fonti preziose per il soggiorno messinese del Caravaggio.

Caravaggio, subito dopo aver lasciato Siracusa, arrivò a Messina, presumibilmente, nel mese di dicembre del 1608[1]. La scelta della città portuale non fu assolutamente casuale, sicuramente aveva trovato la sperata protezione e poteva contare su alcune importanti personalità presenti. Si ricorda in particolare il cavaliere di Malta fiorentino Antonio Martelli, documentato a Malta e a Messina negli stessi periodi del pittore.

Messina infatti era la sede più rappresentativa dei Cavalieri e, ancora oggi, si può ammirare la chiesa di San Giovanni di Malta con annesso palazzo che sicuramente Merisi ha visitato. Al cavaliere, Caravaggio dedicò un suggestivo ritratto, ascrivibile al periodo siciliano, e conservato nella Galleria di Palazzo Pitti a Firenze. La città stava vivendo un periodo fiorente dal punto di vista economico: accoglieva artisti, uomini d’affari e il porto si configurava come un crocevia di uomini, popoli e culture diverse. Ecco perché l’attività artistica di Caravaggio, secondo le fonti, fu fervida e frenetica ed ebbe molte commissioni sia private che pubbliche; tra queste si menzionano le due tele conservate presso il Museo Regionale di Messina: la Resurrezione di Lazzaro e l’Adorazione dei pastori.

Il padre gesuita Samperi, citò L’adorazione dei pastori, per la prima volta, nell’Iconologia della gloriosa Vergine Madre di Dio, Maria, protettrice di Messina: divisa in cinque libri, ove si ragiona delle imagini di nostra signora, che si riveriscono ne’ tempij, e cappelle più  famose della città  di Messina;  delle loro origini,  fondationi, e singolari avvenimenti, con alcune digressioni delle persone segnalate nelle  virtù  appartenenti a quel luogo, di cui si  fà  mentione. Del Rev. Padre Placido Samperi Messinese, della Compagnia di Gesù, libro dedicato al culto e l’iconografia della Madonna, del 1644, nel capitolo sulla “Madonna del parto”, denominato Della immagine della Madonna del Parto nel divoto Convento de’ Frati Cappuccini, e sua origine”. A pag. 143, si può leggere:

su l’altar maggiore della divota chiesa de frati cappuccini si riverisce l’artificioso quadro della madonna del parto opera dell’eccellente pittore michelangel’Angiolo da Caravaggio, stimata dagli intendenti per cosa singolare, se si riguarda l’artificio”.

Questa è la prima attestazione dell’Adorazione dei pastori a Messina. La Resurrezione di Lazzaro[2], invece, era già stata menzionata da Maurolico, nel 1613, nell’opera “Historia Sagra intitolata Mare Oceano di tutte le religioni del mondo”.  Scrive:

“in Messina San Pietro, prima Chiesa de Pisani, e di poi Parrocchia, celebre per l’Oratorio de’ Medici sotto il titolo de’ Santi Cosmo e Damiano, e per la Resurrezione di Lazzaro, di mano del Caravaggio”.
1. ) Caravaggio, La Resurrezione di Lazzaro, 1609, (MuMe) Museo Regionale di Messina.

Samperi, oltre a descrivere la precisa collocazione dell’opera, riconosce nella rappresentazione della Madonna distesa a terra, mentre abbraccia il piccolo Gesù avvolto in fasce, alla presenza di Giuseppe e dei pastori, l’iconografia della “Madonna del parto” e si fa portavoce del presunto dibattito sulla fortuna critica dell’opera; gli intendenti, di cui parla, ovvero gli uomini di cultura della città, stimano e apprezzano l’opera ed anche “l’eccellente pittore” che l’ha creata. Caravaggio non è più “il pittore dal cervello stravolto” che nel 1609 incontra Nicolò Di Giacomo[3], ma un pittore apprezzato e sicuramente stimato dal gesuita. L’Iconologia è corredata da pregevoli incisioni, come quella di Placido Donia che raffigura l’Adorazione dei pastori del Merisi. Donia curò anche il frontespizio del volume.

2. Caravaggio, L’adorazione dei Pastori, 1609, (MuMe) Museo Regionale di Messina.

L’Adorazione fu commissionata, secondo il biografo Susinno, dal Senato di Messina e poi donata ai Frati Cappuccini per ornare l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria la Concezione annessa al convento. Nell’opera, in primo piano, è rappresentata la Madonna dell’Umiltà, iconografia francescana per eccellenza. Maria è una giovane ragazza, stanca dalle fatiche del parto e distesa sulla nuda e umile terra, mentre abbraccia dolcemente il suo piccolo Bambino, in una scena dolcissima e allo stesso tempo drammatica per la povertà che regna attorno. Il contatto con la terra fa della Madonna la protettrice degli ultimi e dei poveri, gli stessi che rendono omaggio a Gesù e si inginocchiano prostrati. Anche i colori sono scuri e terrosi, l’unico spiraglio è dato dalla luce della paglia e dal bianco del fazzoletto tra gli attrezzi di falegname di Giuseppe, che Roberto Longhi definì «natura morta dei poveri» che «restringe a un’essenza disperata».

3. Placido Donia, Natività di Mchelangelo Merisi, in P. Samperi, Iconologia…, Messina 1644.

Il suo secondo scritto, la Messana illustrata (Messana S.P.Q.R. Regumq. Decreto nobilis exemplaris et Regni Siciliae caput duodecim titulis illustrata – opus post humum. R.P. Placidi Samperii messanensis societatis Jesu in duo volumina distributum. Augustissimae magnae dominae deiparae Virgini a sacris literis dicatum) è, senza dubbio, una delle maggiori opere letterarie e celebrative di Messina.

Placido Samperi, da buon erudito, decanta il grande valore artistico, culturale, sociale, in una sorta di Laudatio degli antichi fasti, di una città che si avviava verso una profonda crisi politica, data dal decadimento della corona spagnola, ed economica. Edita postuma nel 1742, oltre a diventare modello per gli studiosi successivi, ci fornisce due importanti notizie sui quadri messinesi e su Caravaggio, definito adesso eccellentissimo in tutta Italia e cancellando così l’alone oscuro, già a tratti maledetto, che gravava attorno la sua pittura.

Si legge nel “Volume Primum”, nel capitolo “274. Michael Angelus Caravagius praestans pictor”  a pag. 615:

“Michael Angelus Caravagius, Pictor tota Italia preastantissimus eo tempore, quo Messanae versatus est, duo nobilissimi ingenii sui reliquit pignora, unum in templo S. Petri, & Pauli Pisanorum Clericorum Regolarium Ministrantium infirmis, hoc est Lazzari à Cristo Domino in vitam revocati, altrum in aede Cappuccinorum Christi Domini Nataliorum, utraque in magno pretio habita”.

Delle due opere, L’Adorazione dei Pastori e La Resurrezione di Lazzaro (adesso entrambe custodite al Museo Regionale di Messina – MuMe) vengono precisate, non solo, la collocazione ed una breve descrizione iconografica, ma anche, per la prima volta, è giudicato il valore, il “magno pretio”. Questa attestazione di stima, non è soltanto una puntualizzazione economica ma la testimonianza diretta della fama ed ammirazione da parte degli studiosi locali. Per Placido Samperi, Caravaggio è un eccellentissimo pittore.

Valentina CERTO Messina 13 giugno 2021

NOTE

[1] Caravaggio potrebbe già essere a Messina il 6 dicembre 1608, data dell’atto notarile con il quale i De Lazzari si impegnano per fare realizzazione una tela per la loro cappella, situata all’interno della chiesa dei Padri Crociferi. In questo primo documento non è comunque specificato il nome del pittore che la ricca famiglia ha scelto per il dipinto. Compare invece nella nota a margine del documento, datata 10 giugno 1609.
[2] Da un documento del mese di dicembre 1608, ormai disperso, degli atti del notaio Plutino, trascritto nel 1906 dallo studioso messinese Virgilio Saccà, sappiamo che Giovan Battista de’ Lazzari, ricco commerciante genovese, residente a Messina, si impegnava a costruire a proprie spese l’intera cappella principale della Chiesa di San Pietro dei Pisani dei Crociferi, ordine fondato da San Camillo de’ Lellis, che si occupava delle cure spirituali e corporali dei malati, e di adornarla con quadro raffigurante la Madonna, San Giovanni Battista ed altri santi. Quel quadro, come ci informa una nota, dello stesso documento, datata giugno 1609, sarà poi La Resurrezione di Lazzaro dipinto da “fr. Michelangelo Caravaggio”, definito ancora “militis gerosolimitani”. Nella Resurrezione di Lazzaro l’ambientazione è cupa e funerea e la scena concitata. Tutto il quadro è un’esaltazione della vita e della morte, il protagonista infatti con una mano sfiora ancora il teschio e con l’altra si aggrappa alla luce salvifica. Una folla assiste al miracolo narrato nel Vangelo di Giovanni. Secondo Susinno, il pittore utilizzò dei modelli dal vero, anzi per dipingere il corpo morto di Lazzaro, chiese addirittura un cadavere.
[3] Virgilio Saccà scrisse  che tra i documenti della Baronessa Flavia Arau di Giampaolo,  lo studioso B.ne Giuseppe Arenaprimo di Montechiaro rinvenne questa nota: “Nota delli quatri fare da me Nicolao di Giacomo: Ho dato la commissione al sig. Michel’Angiolo Morigi da Caravaggio di farmi le seguenti quatri: Quattro storie della passione di Cristo da farli a capriccio del pittore dalli quali finì uno che rappresenta Cristo colla Croce in spalla, la Vergine Addolorata e dui manigoldi, uno sona la tromba riuscì veramente una bellissima opera e pagata oz. 46 e l’altri tre s’obligò il Pittore portarmeli nel mese di Agosto con pagarli quanto si converrà da questo pittore che ha il cervello stravolto”.

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