redazione
“Pluriversi. Riflessioni e diffrazioni da un’esperienza espositiva”
a cura di Marcello Aitiani e Luisa Puddu
Collana di “Filosofia della Scienza” diretta da Silvano Tagliagambe ARACNE editrice, 2022
Il titolo della pubblicazione Pluriversi riprende quello dell’esposizione di Marcello Aitiani (pittore, musicista, saggista) nel Complesso Monumentale di San Domenico in Prato. I sui lavori contemporanei dialogano con gli ambienti e le testimonianze artistiche antiche del luogo: reperti lapidei, oggetti liturgici, affreschi, molte sinopie fra cui quella, di grande dimensione, che Paolo Uccello aveva tracciato per le pitture nella cappella dell’Assunta nel Duomo pratese.
«Orazio, riprendendo Empedocle [..] ci ricorda “quale sia la volontà e il potere della concordia discorde in tutte le cose”. Non sono da temere le contraddizioni, se queste conducono, come sempre dovrebbero, a un’armonia ancora più alta e profonda.» M. Aitiani, Pluriversi, p. 113.
L’esposizione, che si è svolta dal 5 aprile al 24 settembre del 2019, è stata accompagnata da una serie di altre iniziative culturali e conclusa con una lezione-concerto del pianista e compositore Giancarlo Cardini, tra l’altro facente parte come Aitiani della corrente fiorentina di Musica visiva [1].
Il 2 e il 3 novembre si sono svolti due incontri, nei quali il libro è stato presentato attraverso le dirette testimonianze di alcuni suoi autori.
Il primo era organizzato in collaborazione con “Frittelli Arte Contemporanea”, a “Le Murate”, polo fiorentino di eccellenze culturali, contaminazione e produzione artistica e letteraria, diretto artisticamente dalla storica dell’arte Valentina Gensini. Da registrare gli interventi di Marcello Aitiani, Roberto Macrì (già presidente della Fondazione pratese), Filippo Martelli (professore di fisica presso l’Università di Urbino), Antonio Prete (poeta e critico), Silvano Tagliagambe (professore emerito di Filosofia della scienza).
L’incontro successivo del 3 novembre, in Prato, è stato ospitato nel Complesso di San Domenico. Oltre a quelli già indicati, sono intervenuti gli altri autori degli scritti del libro: Claudio Cerretelli (Direttore dei Musei diocesani), Laura Monaldi (saggista e critico d’arte contemporanea).
Con loro, Mons. Giovanni Nerbini (Vescovo di Prato), Diana Toccafondi (Presidente Fondazione CaRiPrato), gli Assessori all’urbanistica e alla cultura Valerio Barberis e Simone Mangani e infine Renza Sanesi (Presidente della Fondazione Opera Santa Rita, ente organizzatore della serata, in collaborazione con la Diocesi).
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In attesa delle prossime presentazioni del libro, abbiamo chiesto a Marcello Aitiani di darci qualche informazione.
-Di cosa tratta questa pubblicazione, come sono nate l’esposizione e le varie attività correlate?
R: Tutto inizia dal desiderio della “Fondazione Opera Santa Rita” e dell’allora presidente Roberto Macrì di sviluppare un’iniziativa dedicata alla comunità di Prato. A tale aspirazione ho risposto come artista mettendo a disposizione mie idee progettuali, che sono diventate il centro di un dialogo portato avanti con un gruppo di riflessione eterogeneo [2] e con settori della città. Così si è sviluppato quello che considero un meta-progetto, Tessere per la felicità, per immaginare e stimolare idee, per far fiorire nel tempo, come una spirale che cresce, possibili progetti specifici. Un tentativo di suscitare nella città inedite visioni e migliori condizioni di vita. Pluriversi è solo una delle iniziative di Tessere per la felicità; se si vuole ne rappresenta il fuoco propulsivo e ne comunica esteticamente il senso. Il percorso espositivo, che si è protratto per circa sei mesi, è stato scandito da incontri con settori della città e via via completato (come ho scritto nella Premessa del libro, insieme alla co-curatrice Luisa Puddu, docente di Psicologia ambientale e di Psicologia forense presso l’Università di Firenze) «dalle riflessioni e dagli interventi offerti al pubblico […] da protagonisti nel campo della filosofia, della poesia, dell’astronomia, dell’arte e della musica. Le loro relazioni, gli approfondimenti e i momenti concertistici hanno permesso davvero di “rallentare il ritmo della lettura” delle opere, e di approfondirne e rilanciarne i significati. Si è così promossa un’esperienza pluridimensionale, in una sorta di arazzo, fatto di molti colori, di ascolto e ragionamento, di parole e silenziose meditazioni, immersi in luoghi d’arte, di storia e di pensiero.
Abbiamo cercato di rispecchiare questi caratteri nella pubblicazione, obiettivo reso possibile grazie anche alle riflessioni e diffrazioni benefiche suscitate dalle molteplici prospettive adottate da esperti di differenti settori disciplinari».
La visione è un processo complesso che, come scrive il filosofo Silvano Tagliagambe, «esige sempre una precisa articolazione tra visibile e invisibile, tra reale e immaginario».
Nell’attività artistica il visibile e oltre il visibile, il
visibile e l’immaginario, s’intrecciano come linee
melodiche di una polifonia. Ho sentito questo ambiente come un insieme sinfonico, tra percezione e immaginazione. Ho sovrapposto alle finestre lastre di vetro in triplice gradazione azzurra. L’atmosfera vira con le ore del giorno e suggerisce un oltre. (Pluriversi, p. 209)
– Verrebbe da chiedere: è possibile, e come, pensare e promuovere con l’arte nuove forme della città?
R: Domanda difficile, che richiederebbe maggiori spazi di articolazione. Considero – e incoraggio a considerare – la realtà urbana un pluriverso, un insieme di molteplici parti spesso contrastanti; un complesso del quale l’arte è essa stessa componente dialogante con le altre e, in condizioni favorevoli, propulsiva di possibili evoluzioni. Detto questo, quando penso alla città non mi riferisco solo ai suoi palazzi e alle sue vie, alla città di pietra, all’urbs. Penso anche e soprattutto ai cittadini, ai cives, che ne costituiscono l’anima, la principale essenza. Sono i cittadini, e le loro attività, che fanno la città!
Invece, se oggi cresce un caos d’insediamenti, uno sprawl o uno sprinkling urbano, una nebulizzazione o aspersione degli edifici, con grande consumo di suolo e una degradazione della forma della città, ugualmente – e ancor più – sono i cittadini che svaporano.
Sia oggettivamente, nei centri storici, ad esempio quando si assiste a una loro forte diminuzione, per cause varie, come il turismo eccesivo o non ben regolato. Ma anche soggettivamente, nel senso che i residenti dispersi nei grandi agglomerati intorno al nucleo urbano perdono il senso della comunità, della vita tipica della città storica, e le relazioni si sfibrano o si degradano. I cittadini diventano una popolazione sempre più inattiva.
Concordo con Giovanni Maciocco e Silvano Tagliagambe quando osservano che l’assunto predittivo e ideologico del Movimento Moderno, che ha creduto di rendere migliore la società (la civitas) progettando nuove architetture (l’urbs), si è spesso rivelato illusorio.
Accade lo stesso, non infrequentemente, anche nel caso di opere artistiche collocate, vorrei dire a caso, in uno spazio urbano, e talvolta anche quando vengono definite site specific.
Simili interventi, d’architettura e d’arte, decisi sulla testa degli abitanti, rischiano di far vaporizzare la loro mente e il loro cuore, perché hanno reso la cittadinanza «passiva, frammentata, cristallizzata» [3].
La rinascita di una città passa dalla rigenerazione di una popolazione attiva.
– Cosa può fare dunque l’arte?
R: Poco o niente, da sola. Ma insieme ad altri saperi e discipline, e anche con associazioni e istituzioni, potrebbe fare molto, a partire dalla promozione di un diverso paradigma culturale. Solo pochi punti che ritengo rilevanti:
1- Un’arte consapevole delle cose accennate, potrebbe assumere il ruolo di catalizzatore propulsivo di un rinnovato dialogo tra persone e realtà esistenziali diverse e, a livello culturale, tra universi scientifici e umanistici, che oltrepassino l’isolamento nei rispettivi confini. Si tratta di far crescere la coscienza che ogni singolarità è connessa con tutte le altre. «Se l’erba cambia, cambia anche il cavallo» aveva scritto Gregory Bateson [4].
La pandemia e ora la guerra in Ucraina non ne sono l’unica, ma l’ultima conferma. Ha detto recentemente il cardinal Matteo Maria Zuppi che
«manca la consapevolezza che questa è una guerra mondiale. […] Durante i mesi della pandemia era chiaro che eravamo tutti sulla stessa barca e che ne saremmo usciti tutti assieme. Ora è uguale, tutto è interconnesso e la pace ci deve interessare». Ma anch’essa si articola e realizza nell’interconnessione: «certamente c’è il problema di coniugare la ricerca di altre soluzioni con il tema della giustizia, perché è ovvio che la pace e la giustizia vanno insieme. Non si può solo pensare alla pace senza giustizia, perché ciò porterebbe a una prosecuzione del conflitto. È necessario cercare il dialogo» [5].
Il tema della relazione con l’altro (oltre che con se stesso), dell’interdipendenza, attraversa tutta l’esperienza di Prato ed emerge spesso nel libro, fin dalle prime pagine. Ad esempio, nel paragrafo L’arte del dialogo: rapsodie per Prato, ho scritto della
«rilevanza di un sapere, di un’arte, di un’operatività non focalizzati solo su specifici e isolati aspetti; chiusure specialistiche possono dischiudersi al dialogo tra contesti diversi, umanistici e scientifici, come appunto è avvenuto in relazione a Pluriversi e negli incontri realizzati sulla base del progetto generale. Tessere molteplici realtà, creare relazioni tra pluriversi culturali ed estetici, del passato e della nostra epoca, potrebbe dissodare un terreno e renderlo capace di inedite fioriture, di rinascite nell’armonia» [6].
2- Un’arte cosciente, e perciò prismatica e complessa nelle sue stesse qualità estetiche, renderebbe percepibile alla comunità un tale carattere, favorendo così la diffusione di un approccio alle cose altrettanto complesso e non semplicistico, settoriale e per questo molto spesso insufficiente o distruttivo.
3- L’immaginazione artistica, facendo volare il nostro sguardo al di sopra di situazioni che talvolta appaiono sigillate, sovrapponendo alla realtà un’altra realtà, può suscitare speranze e suggerire percorsi e obiettivi imprevisti verso cui tendere.
- Ritengo pertanto, come quarto punto, che un progetto al confine tra arte e spazio pubblico, debba e possa incoraggiare un’intima partecipazione degli abitanti in modo da attivare sinergie fra di loro, tra loro e le istituzioni, fra loro ed esperti di una pluralità di saperi e discipline.
Sulla base di questi presupposti, penso che l’arte sarebbe allora una via per favorire l’attivazione di percorsi di rigenerazione della civitas e con essa dell’urbs; inoltre, ricorsivamente, anche dell’arte stessa. Pluriversi, e Tessere per la felicità, vivono all’interno di una simile cornice di pensiero.
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