di Carla ROSSI. Docente Universität Zürich
Nel corso della storia, ogni qualvolta una donna si è palesata in un contesto artistico maschile, è stata osteggiata e, dal Medioevo sino al secolo scorso, la sua femminilità è stata messa in dubbio, poiché, come scrisse Maestro Rinuccino in versi indirizzati alla Compiuta Donzella, una donna traligna se usa l’intelletto, quindi è un mostro di natura, oppure è di certo un uomo sotto mentite spoglie.
Eppure, le donne che si sono fatte valere in ambito artistico per il proprio ingegno, la propria bravura e intelligenza sono state numerose. Spesso sono state abusate e persino uccise per aver combattuto per la propria indipendenza e autodeterminazione.
Il Research Centre for European Philological Tradition (RECEPTIO: http://www.receptio.eu ) di Lugano, che dirigo, ha dedicato una serie di conferenze ad artiste che hanno fatto, ciascuna a proprio modo, la Storia: donne note e meno note (che spesso hanno chiesto che il proprio nome non venisse dimenticato), che hanno subito violenza o pagato con la vita il desiderio di ribellarsi al patriarcato, pur di esercitare il diritto a fare arte.
A partire da Marie de France, prima poetessa di lingua francese, a cui ho dedicato vari studi (tra cui Marie de France et les érudits de Cantorbéry, Paris, Classiques Garnier, 2009), vissuta nel XII secolo, autrice di delicati testi poetici in ottosillabi in lingua d’oïl che narravano leggende celtiche. Sorella di Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury, Maria sarebbe diventata badessa del monastero di Barking, monastero che conservava sino al Seicento la sua tomba. A lungo i filologi romanzi (sino al Novecento!) hanno messo in dubbio che Marie fosse realmente una donna, adducendo come scusa che una donna, nel Medioevo, non potesse scrivere in uno stile tanto colto e curato come quello di Marie de France. La libertà di espressione di Marie, una volta divenuta badessa di Barking, fu estremamente limitata e controllata dalle autorità sia ecclesiastiche, sia della corte di Enrico II. Nonostante ciò, durante il suo abbaziato, nel convento di Barking, improvvisamente, varie monache iniziarono a scrivere testi agiografici proprio nello stile delicato e onirico della poetessa Marie de France.
Il 14 febbraio scorso, RECEPTIO ha inaugurato un nuovo ciclo di conferenze domenicali dedicate ad artiste dimenticate del passato, tra Medioevo e Rinascimento, dal titolo “Pittoresse” ed altre artiste, iniziando da Properzia de’ Rossi (Bologna, 1490 circa – Bologna, 1530), scultrice e intagliatrice di gemme e di noccioli di frutta. Intraprendente, violenta se necessario, libera (non si sposò mai, ma convisse col proprio compagno), Properzia è considerata la prima scultrice europea. Alle donne era precluso il lavoro nelle botteghe artigiane e non avevano accesso allo studio né della prospettiva, né e dell’anatomia, eccetto nei casi di figlie di artisti. Vasari racconta ad esempio che la figlia di Paolo Uccello, Antonia, monaca carmelitana, sapeva disegnare e che, alla morte, venne registrata come “pittoressa”.
L’unica possibilità di fare arte, nel Medioevo, era offerta all’interno dei conventi femminili. Nei chiostri le donne potevano ricevere una buona educazione, studiando musica e disegno, lettere e filosofia. Molto attivi gli scriptoria femminili che producevano codici miniati, ad esempio il convento femminile di Chelles (la cui badessa era Gisela, sorella di Carlo Magno), che realizzò 13 volumi di manoscritti miniati, firmati da amanuensi donne.
Vanno cercate in questo ambito le prime artiste, tra cui Bourgot Le Noir, miniatrice figlia di Jean Le Noir, Caterina de’ Vigri (poi canonizzata santa), fondatrice e prima badessa del convento (non più esistente) delle clarisse del Corpus Domini di Bologna, musicista, miniaturista e pittrice. In Toscana invece troviamo Maria Ormani, suora dell’ordine agostiniano, miniaturista del Breviarium Calendarium ad udus Ordinis S. Agustini, conservato nella Biblioteca imperiale di Vienna, che riporta in un cartiglio anche firma e data Ancilla Iesu Christi Maria Ormani filia scripsit MCCCCLIII. Maria osò ritrarsi nel cartiglio del breviario. In Toscana i monasteri femminili domenicani in periodo savonaroliano divennero delle vere e proprie botteghe artistiche; ne è un chiaro esempio Suor Plautilla Nelli (Firenze 1523-1588).
Ma tra le artiste che ricorderemo, per il Rinascimento, oltre alla notissima Artemisia Gentileschi (forse più famosa per il processo subito dopo essere stata violentata, che non per la propria arte) vi sono anche la pittrice Sofonisba Anguissola, Diana Scultori Ghisi, Lavinia Fontana, Fede Galizia e al di fuori dei confini italiani Élisabeth Vigée Le Brun, una delle più grandi ritrattiste francesi del XVIII. A corte si malignava che non fosse lei a realizzare le sue opere, ma un uomo, e che lei si limitasse a firmarle. Perché, ancora una volta, gli uomini non ritenevano possibile che un tale talento potesse convivere con tanta delicata bellezza. Quel che sappiamo oggi è che Élisabeth Vigée Le Brun fu una delle poche donne ad essere ammessa all’Accademia Reale di pittura e scultura.
Fu la pittrice preferita dalla regina Maria Antonietta, che la portò a frequentare gli ambienti della corte. Anche lì la vita non fu facile. All’inizio la accusarono, senza alcun fondamento, di condurre una vita dissoluta, tra orge e relazioni adulterine poi, con lo scoppio della rivoluzione, le cose peggiorarono e lei fu costretta a fuggire in Italia e poi in Inghilterra, Austria e Russia. Quando fece ritorno in Francia nel 1802 trovò una società profondamente mutata, che non le riconosceva il ruolo di un tempo. Interessanti le sue parole sull’Ancien Régime: “Allora regnavano le donne. La rivoluzione le ha detronizzate” . L’impegno del centro RECEPTIO a favore della riscoperta e valorizzazione del lavoro artistico di donne del passato non si esaurisce con i cicli di conferenze. Dal 2017 stiamo portando avanti il progetto Biblioteca Femminile Italiana ( https://www.bibliotecafemminileitaliana.it/ ), che purtroppo l’emergenza sanitaria ha momentaneamente messo in stand-by, per mancanza di fondi.
Non esiste, a tutt’oggi, né un’indagine critica sul corpus della lirica femminile italiana delle origini, né uno studio dei reali ed essenziali collegamenti tra la specificità femminile e le coordinate generali della temperie lirica prerinascimentale. Lo studioso che desideri condurre analisi esegetiche, linguistiche, lessicografiche sui testi delle prime rimatrici italiane in volgare si trova confrontato con la difficoltà del reperimento dei testi e dell’accesso rapido alle fonti. Sono ancora rarissime le edizioni dei componimenti poetici in questione, fondamentali per poter condurre qualsivoglia analisi critica; di scarso aiuto si rivela anche l’Antologia della poesia femminile italiana (Tracce, n. 78/79, Edizioni Tracce, Pescara, 2007), che può costituire un punto di partenza per un lavoro ancora tutto da svolgere.
Scopo della ricerca Biblioteca Femminile Italiana è dunque il recupero di un grande patrimonio di opere, molte delle quali ancora inedite, mentre di alcuni testi (esclusi i più noti, come ad esempio quelli della “Compiuta Donzella”, più volte editi e commentati o i testi di donne di potere, quale Lucrezia Tornabuoni de’ Medici) si realizzerà la prima riedizione dopo la pubblicazione originale dei Componimenti poetici delle più illustri rimatrici d’ogni secolo, uscita a Venezia nel 1726 e curata da Luisa Bergalli e del Prospetto biografico delle donne italiane, edito nel 1824, sempre a Venezia, da Ginevra Canonici Fachini.
Obiettivo primario del progetto è pubblicare sistematicamente, entro il 2026, in formato digitale, una parte significativa del corpus della lirica femminile italiana delle origini (dal tardo Medioevo al primo Rinascimento; si intende giungere alla soglia del Cinquecento, perché per i componimenti redatti dal XVI in poi si hanno ormai numerosi strumenti di studio). Il progetto, promosso dal centro RECEPTIO e dall’annessa casa editrice, intende render conto dell’attività di 253 autrici e della particolarità delle voci poetiche di donna in ambito letterario italiano, per i secoli in questione.
Obiettivo secondario della ricerca in programma, attraverso la pubblicazione cartacea di una monografia dedicata alle “Voci di Gaia”, è l’indagine della rappresentazione della poetica femminile delle origini, possibile solo dopo aver selezionato il corpus di testi ed aver attuato una distinzione tra opere femminili e testi scritti “in voce di donna”.
La ricerca sin qui condotta ha permesso di portare alla luce opere di autrici per lo più ignorate dalla critica, che si affacciarono alla soglia del Rinascimento con contributi assai notevoli, importanti per lo studio del quadro sociale in cui si situa la lirica femminile italiana delle origini e per la definizione della sua specificità e della sua originalità in confronto al resto della Romània.
Il nome del sito rende omaggio a quello del Fondo Ferri della Biblioteca Civica di Padova, allestito dal conte Pietro Leopoldo Ferri: la Biblioteca Femminile, come è stata chiamata dal conte, è una singolare collezione di opere composte esclusivamente da donne, dal XIII in avanti, donata dagli eredi Ferri alla Biblioteca Civica di Padova nel 1870, insieme al catalogo manoscritto sul quale il conte registrava l’acquisto di nuove opere. Secondo il desiderio degli eredi, la raccolta è stata tenuta separata dagli altri testi e collocata in appositi scaffali recanti la legenda
«Biblioteca Femminile Italiana del conte Pietro Leopoldo Ferri defunto donata al Comune dai figli di lui conti Giovanni Battista e Francesco. Anno 1870».
Verranno inoltre accolti:- Sonetti, tenzoni, madrigali, ballate scritti “in voce di donna”. Per completezza d’indagine, una sottosezione della ricerca sarà dedicata alla pubblicazione di testi epistolari femminili in versi, e di testi religiosi (laudi, sermoni ecc., selezionati in base alla loro importanza quali testimonianze linguistiche, come ad esempio le sacre rappresentazioni, in versi, di Antonia Pulci).
Il particolare status sociale e giuridico della donna, in Italia (dove l’attività poetica femminile, nei secoli presi in esame, è indirettamente documentata dalle proscrizioni di cui essa è fatta oggetto da parte delle autorità ecclesiastiche), rende necessaria l’attenzione a ogni forma di espressione lirica da parte delle donne (per questo l’indagine non si limiterà alla sola poesia amorosa).
La parziale emarginazione dalla vita pubblica (salvo nel caso di donne di rango elevato) e la quasi totale esclusione dalle istituzioni culturali (l’università innanzitutto), fanno sì che personaggi quali Maddalena Buonsignori, Dorotea Bucca, le sorelle d’Andrea, Laura Cereta, Eleonora della Genga meritino una focalizzazione che, sino ad ora, è stata loro negata. Percorsi diversi permetteranno di far emergere il divario tra l’autoriflessione femminile a proposito delle possibilità di operare poeticamente e lo scetticismo, l’ironia o talora l’aperta opposizione della comunità maschile.
Carla ROSSI Lugano 28 febbraio 2021