Postille siciliane in margine alla mostra ‘Margherita di Savoia regina d’Italia’.

di Elvira D’AMICO

di Elvira D’AMICO *

La recente mostra tenutasi a palazzo Madama di Torino (ott.2022-genn.2023), corredata da un corposo catalogo scientifico (1), ha posto degli interessanti spunti di riflessione su svariati temi attinenti alla regina Margherita di Savoia, alcuni dei quali  meritevoli di ulteriori considerazioni.

La prima regina d’Italia (1851-1926) è stata quivi esaminata sotto svariati aspetti in base alle multiformi attività che i suoi poliedrici interessi la portarono a perseguire e nelle quali risultò sempre un esempio fulgido da seguire. Così essa viene presentata soprattutto nei suoi principali ruoli di madre e di regina, di appassionata di musica, letteratura e poesia ed icona di stile, di fautrice di attività benefiche e promotrice di attività artigianali.

fig 1

Pure il suo rapporto con la Sicilia è stato evidenziato grazie all’esposizione del dono di nozze di uno scrittoio intarsiato in legni pregiati, argenti e diaspri di Sicilia, opera dell’ebanista palermitano Salvatore Coco (1868), oggi al museo d’Orsay di Parigi, fattole da un circolo di nobili palermitane (2). Un legame con la Sicilia sembra avere anche la deliziosa toletta della regina di stile Luigi XV, in legno di rosa e placchette di porcellana di Sevres (3), in quanto gemella di un’altra sita a Palermo, nel palazzo dei Filangieri principi di Mirto (fig.1), sconosciuta ai più.

La medesima manifattura, probabilmente dovuta ad artigiani reali del periodo borbonico – che ipotizzerebbe trattarsi dunque di un riuso per la camera della nuova regina – è avallata dalla comune provenienza dei pezzi, l’uno ancora collocato nel Boudoir di Maria Carolina di Borbone alla Reggia di Caserta, l’altro considerato ‘dono di Maria Carolina’ in un inventario novecentesco di Palazzo Mirto (4).

Ma tornando al principale argomento di questo saggio, di certo il rapporto affettivo che intercorreva tra la regina Margherita e la Sicilia (5) è testimoniato pure dai numerosi cimeli ad essa relativi che fanno ancora bella mostra di sé nelle case aristocratiche (visibili ad esempio in collezione Milco Dalacchi di Naro) (fig.2),

fig 2

ma anche dai ritratti ufficiali che dovevano abbondare nell’Isola, come quello poco noto commissionato al pittore messinese Dario Querci (fig.3) dal Municipio della città peloritana, in pendant con l’altro del consorte re Umberto I (6).

fig 3
fig 4

In esso l’artista siciliano reinterpreta una iconica foto della sovrana che indossa i gioielli della corona (fig.4) (7) ringiovanendone ed abbellendone il viso serio e accigliato, colorandone l‘abito nei toni del giallo-oro e del verde scuro per il corpetto, sul quale spiccano al meglio le preziose gioie di Musy, completando poi l’arredo con un tavolino sul quale essa poggia la mano sinistra impreziosita da un grosso anello, non visibile nella foto originale.

Il dipinto peraltro, firmato e datato al 1891, mette in forse la data della foto ufficiale, che si considera scattata nel 1893 in occasione delle nozze d’argento dei reali di Savoia.

 Un’intera sezione della mostra poi è dedicata agli stupendi capi di collezione Mara Bertoli, posti a corollario di quelli di Margherita, tra i quali spicca l’abito elegante in raso di seta azzurro e velluto cesellato blu del 1885 ca.(fig.5),

fig 5

già appartenuto a una nobildonna siciliana, ove il velluto fiorato del corpetto e del drappeggio posteriore è pressoché identico a quello della sopravveste con strascico della regina, immortalata in un ritratto di Guglielmo de Sanctis del 1888 e in una foto all’incirca coeva (fig.6).

fig 6

L’abito siciliano è ligio ai dettami della moda più recente creata dall’esclusiva sartoria francese di Worth, che dagli anni 1870 riduceva l’ampiezza delle crinoline rimodellando la foggia del corpo femminile, rialzandola sul retro grazie all’invenzione della tournure, arricchita da voilants, fiocchi e plissé (7). Non si conosce il nome della sartoria che realizzò l’abito siciliano, privo di etichetta, ma è certo che questa doveva adoperare gli stessi tessuti prescelti per le toilettes eleganti della regina, che era solita servirsi di preferenza di case di moda nostrane, soprattutto torinesi, nell’ottica di incrementare l’artigianato del nuovo Stato unitario italiano (8).

Molto interessante è poi il capitolo della incentivazione delle arti manuali femminili promossa dalla sovrana, che essa esplica soprattutto nei confronti della Scuola dei merletti di Burano da lei  fondata nel 1872 assieme alla contessa Andriana Marcello e successivamente nei riguardi della Scuola professionale femminile di Roma a lei intitolata nel 1895 (9). Un altro iconico dipinto dell’allora principessa di Savoia, eseguito da Michele Gordigiani nel 1872, a palazzo reale di Torino (fig.7), la ritrae in una suggestiva mise da sera in seta e velluto celeste che – come faceva notare la compianta Doretta Davanzo Poli – appare ornata da pizzi al tombolo usciti dalla ‘sua’ scuola dei merletti di Burano, costituendo la riprova visiva dell’assunto che Margherita, per incentivare la produzione  di tali scuole, fosse solita commissionare pure per se stessa i lavori alle allieve (10).

fig 7

Un’altra abitudine della sovrana era quella di donare alle educande oggetti antichi per consentirne lo studio e l’imitazione, al fine di indirizzare i ‘lavori femminili’ su una base di solide tradizioni italiche (11). Tale prassi potè essere adottata pure nel caso di un’altra delle opere esposte in mostra, il raffinato seggio in legno di noce e paglia di Vienna dorata (inizi ‘900) di palazzo Boncompagni Ludovisi a Roma (nel quale sono confluiti i manufatti realizzati dalla scuola romana ‘Regina Margherita’ per comodato nel 2001), la cui spalliera si ritiene opera delle allieve della sezione ‘ricamo’ di tale istituto (12) (fig.8).

fig 8

Considerato un esempio di modernismo e pubblicato nelle migliori riviste del primo novecento, esso era destinato ad omaggiare la regina fornendole un soglio decoroso durante le sue visite alla scuola a lei intitolata. Stupisce l’alto livello di questo ricamo – riportato all’antico splendore dalla restauratrice Nicoletta Vicenzi (fig.9)

fig 9

– e la sua vicinanza allo stile e alla tecnica dei migliori ricami barocchi siciliani (ad esempio il paliotto oggi al museo della cattedrale di Toledo) (fig.10) (13), ciò che farebbe supporre trattarsi di una copia perfettamente riuscita di un originale seicentesco.

fig 10

Ma a una più approfondita riflessione e un’attenta analisi tecnico-stilistica (14) sembra più probabile l’ipotesi di un riutilizzo del campione originario rimasto in possesso delle allieve per l’inserimento nel seggio reale. Ipotesi avallata dal fatto che non esiste nell’archivio della scuola un disegno preparatorio del ricamo o una documentazione ad esso relativa, contrariamente a quanto avviene per altri manufatti realizzati dal medesimo istituto (15). Inoltre il pezzo appare resecato dal lato destro, particolarità che fa presumere trattarsi di una porzione di un ben più corposo manufatto ricamato. Ma a quale opera originaria poteva appartenere tale frammento?

Agli studiosi siciliani del settore non è difficile riconoscerla in alcune bordure suddivise oggi tra una collezione privata milanese e una svizzera e provenienti da palazzo Mazzarino di Palermo, le cosidette ‘balze Branciforti’, appartenenti presumibilmente ai cortinaggi di un letto a baldacchino, identificate con quelle del paramento descritto nell’inventario post mortem di don Giuseppe Branciforti principe di Trabia nel 1675 e considerate veri e propri capisaldi del ricamo barocco siciliano (figg.11-12) (16).

fig 11
fig 12

Esse peraltro ben si inseriscono nella tradizionale predilezione della famiglia siciliana per gli arredi ricamati in corallo, come testimonia ad esempio il seicentesco baldacchino con lo stemma di famiglia, ancora esistente a palazzo Branciforti (fig.13) (17). Suggestiva è dunque l’ipotesi  che la stessa regina sia potuta venire in possesso di un frammento di queste bordure e secondo la consueta prassi lo abbia donato alle giovani ricamatrici per i motivi didattici di cui sopra.

fig 13

Pienamente barocco è Il modulo del ricamo che si avvale di un disegno dal sapiente effetto plastico-volumetrico costituito da un mazzo di tre fiori legato da un fiocco – due simili a margherite e un tulipano nascenti da tralci ondulati racchiudenti altri fiori – con le grandi corolle rese in sapienti scorci, ricamati in corallo su una base di filati dorati sottostanti apposti a punto steso. Infatti, rispetto ad altri simili ricami coevi che presentano i pregiati coralli ampiamente alternati ad altri materiali preziosi, le bordure sono caratterizzate da un’ampia profusione di corallo rosso verisimilmente trapanese, tramite grani apposti senza pausa alcuna, se non nei sottili profili dorati dei petali, negli stami e nel fitto fondo dorato.

fig 14

Il disegno floreale del campione delle ‘balze Branciforti’ però – in ossequio alla presunta volontà della regina – dovette essere ripreso dalla scuola romana, tradotto in un modulo semplificato e calligrafico incline al gusto liberty, per la realizzazione di altre opere, queste ben documentate, quali le pianete eseguite su disegno di Pia Rondanini, partecipanti all’Esposizione nazionale di Torino del 1898 (18). A queste, complete di stole, manipoli e borse, recanti lo stemma della regina e da lei successivamente donate al Santuario della Consolata di Torino e alla Casa delle Suore di Carità di Roma , è stata aggiunta da poco una terza pianeta gemella (fig.14) presente in area trapanese che testimonia di nuovo il legame che univa l’Isola a Margherita di Savoia (19).

Non è dubbio che la scelta ricorrente di margherite per la realizzazione di manufatti in tessuto dovesse essere motivata dalla volontà di omaggiare il nome della sovrana nell’ambito dell’ampio fenomeno di costume che prende il nome di ‘margheritismo’. La regina stessa del resto dovette alimentare tale fenomeno, se era solita fare ordinazioni di tessuti recanti i suoi fiori preferiti, ben presenti peraltro nel coevo repertorio delle creazioni floreali di William Morris, premonitrici dell’Art Nouveau.

fig 15

Ciò è palese ad esempio nella più tarda commissione da lei fatta (1902) a Lorenzo Rubelli di un ‘velluto sopra rizzo’  a gruppi di margherite legate da ‘nodi savoia’, di stile squisitamente liberty – di cui ho avuto notizia di nuovo dalla compianta prof.sa Doretta Davanzo Poli – un frammento del quale si conserva ancora nell’Archivio storico della tessitura Rubelli nel rinascimentale palazzo Corner Spinelli a Venezia (fig.15) .

Elvira D’AMICO,  Palermo 12 Novembre 2023

        *Desidero dedicare questo articolo alla memoria della prof.Doretta Davanzo Poli

 NOTE

  1. Margherita di Savoia regina d’Italia, a cura di Maria Paola Ruffino, Marsilio Arte, Vicenza 2022
  2. E.Colle, III.6., in Margherita di Savoia…, cit.
  3. M.C.Masi, III.5, in Margherita di Savoia…, cit.
  4. G Davì, E.D’Amico, P.Guerrini, Palazzo Mirto. Cenni storico-artistici e itinerario , Regione Siciliana, Palermo, s.d.(1984)
5.Sull’argomento si veda pure E.D’Amico,  Devoti e preziosi. I doni delle regine di Casa Borbone e Savoia alle chiese di Palermo, in Scritti di donne, 2° Quaderno di Aboutartonline.com, a cura di S.Maciocie, 2022
  1. L.Giacobbe, Dario Querci, Ritratto di Umerto di Savoia-Ritratto di Margherita di Savoia, in Opere d’arte della Camera di commercio di Messina, a cura di L.Giacobbe, Messina 2011
  2. P.Rubino,Le gemme del fiore d’Italia. Profilo della collezione di gioielli di Margherita di Savoia, in Margherita di Savoia…, cit., p.113, foto n.6
  3. M.Cappella, Otto-Novecento.Lo stile negli anni di Margherita, in Margherita di Savoia…, cit.
  4. S.Mira, Margherita di Savoia.Moda e regalità, in Margherita di Savoia…, cit.
  5. M.Soldi,“Calda promotrice di nobili e generose imprese”: Margherita e i lavori femminili, in Margherita di Savoia…, cit.
  6. Ibidem
  7. M.Amaturo,IV.16, in Margherita di Savoia…, cit.
  8. R.Civiletto-S.Rizzo, Nobili trame. L’arte tessile in Sicilia dal XII al XIX secolo, Domenico Sanfilippo Edtore, Catania, 2017, fig.187
14.Ringrazio per i qualificati pareri tecnici la storica del tessuto dott.Roberta Civiletto e il maestro ricamatore Sisto Russo
  1. cfr. A.Caputo, I merletti, in Acquisizioni e donazioni. Museo Boncompagni Ludovisi per le arti decorative il costume e la moda dei secoli XIX e XX, a cura di M.Amaturo e V.Filamingo, Artemide, Roma 2021
  2. M.C.Di Natale, n.129, in L’arte del corallo in Sicilia, Novecento, Palermo 1986
  3. R.Civiletto, Il tosello dei Branciforte già in palazzo Mazzarino, in Una vita per il patrimonio artistico.Contributi in onore di Vincenzo Scuderi, a cura di E.D’Amico, Palermo 2013
18.MP.Ruffino, IV.17, in Margherita di Savoia…, cit.
  1. E. D’Amico, Un’inedita pianeta siciliana in corallo della scuola professionale ‘Regina Margherita’ di Roma (1898), in “OADI on- line, Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia”, Università degli studi di Palermo , n.27 (giugno 2023)