di Silvana LAZZARINO
Lo scorso 5 dicembre 2024 è stata presentata l’Associazione Archivio Claudio Cintoli presso la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, Palazzo Bisaccioni, (Piazza Colocci 4)
Presso le sale dello storico Palazzo Bisaccioni, prestigiosa sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi (An), il giorno 5 dicembre è stata presentata l’Associazione Archivio Caudio Cintoli, il cui obiettivo è quello di valorizzare l’operato dell’artista Claudio Cintoli (Imola, 1935- Roma, 1978) per poi procedere ad una prima catalogazione della sua vastissima e poliedrica produzione.
L’associazione nasce su iniziativa di alcuni famigliari dell’artista e dell’AMIA (Associazione Marchigiana Iniziative Artistiche), da molti anni impegnata in eventi e ricerche significative all’interno dello scenario culturale contemporaneo.
Il comitato direttivo della neo associazione è formato dal presidente Paola Ballesi, storica, critica, già direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Macerata e insegnante di Estetica delle Arti Visive presso L’Accademia di Belle Arti di Brera, dai vicepresidente Stefano Tonti, docente all’Accademia di Belle Arti di Urbino e figura di spicco all’interno dell’organico AMIA e Paola Douglas Scotti in Cintoli, moglie del fratello dell’artista Giancarlo Cintoli e infine dal segretario generale Federica Lazzarini, storica e membro AMIA.
Dopo i saluti di Mauro Tarantino, Segretario della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, che collabora all’iniziativa offrendo sostegno e spazi di lavoro, il presidente Paola Ballesi illustra alla stampa e alla cittadinanza le modalità operative adottate, che ad oggi si possono riassumere in una serrata e attenta operazione di monitoraggio e di ricognizione dei nuclei di opere attualmente reperibili, rimarcando la finalità di studio e di ricerca. Il comitato direttivo sopracitato si avvale inoltre di un comitato scientifico, che vanta la presenza di personalità di rilievo nel panorama artistico nazionale, tra cui la storica dell’arte Susanna Misiano, che raggiunge la città di Jesi da Roma per esternare la sua gratitudine e per condividere intenti e propositi.
All’incontro inoltre ha fatto presenza Carlo Alberto Bucci, giornalista, storico dell’arte e allievo di Claudio Cintoli, riportando una preziosa testimonianza intorno allo spessore umano e professionale dell’artista. In ultimo, ma non per importanza, hanno partecipato all’incontro alcuni collezionisti dell’artista Cintoli che, come altri, scelgono di associarsi al progetto, rilevandone il valore etico e culturale.
L’Associazione Archivio Claudio Cintoli si propone non solo come centro di documentazione, ma anche come dispositivo culturale dinamico, destinato a proporre eventi, conferenze e attività didattiche rivolte a studenti, professionisti e appassionati d’arte.
Silvana LAZZARINO Roma 8 Dicembre 2024
CLAUDIO CINTOLI
L’esperienza artistica di Claudio Cintoli si innesta nel tessuto storico del ventennio che va dal 1958 al 1978, anno della sua improvvisa scomparsa per emorragia cerebrale avvenuta il 28 marzo a Roma, costituendone senza dubbio una delle espressioni più sintomatiche da annoverare accanto a quella di altri artisti, da Pino Pascali a Gastone Novelli, Luigi Di Sarro e in precedenza Piero Manzoni, che hanno vissuto tanto intensamente l’esperienza artistica da restarne folgorati.
Anche la sua vita viene spezzata ad appena quarantatré anni quando Claudio è nel pieno della sua maturità artistica raggiunta attraverso un lungo percorso di ricerca sostenuto da un indiscusso talento e da una passione viscerale per l’arte ereditata dal nonno materno, Biagio Biagetti, esponente di spicco dell’arte sacra del primo Novecento e titolare di prestigiosi incarichi, fu infatti direttore artistico delle Gallerie Vaticane e primo direttore del Pontificio Laboratorio per il Restauro.
La straordinaria caratura di Claudio Cintoli è testimoniata da Concetto Pozzati in Parola d’artista: “Eravamo molto amici (…) Ci incontravamo nel suo studio insieme a Crispolti e sfogliavamo disegni e disegni, appunti ai bordi del foglio. Una manualità straordinaria; forse il talento più forte (insieme a Schifano) della mia generazione”. Uno sperimentatore eclettico e vorace, aperto verso tutte le tendenze artistiche come si rileva nel “suo modo di lavorare che incrociava e dialogava con tutto (…). Per avere esperienza su tutto, per essere inafferrabile. Sì Claudio ha fatto tutto, proprio per questo non è stato incasellato, proprio per questo non figura nella ‘scuola di Piazza del Popolo’ (…) Non brigava e non si faceva intruppare proprio per essere libero”[1].
Claudio Cintoli è dunque l’emblema della sperimentazione che gli artisti della neoavanguardia hanno perseguito come obbiettivo primario, il più delle volte costituendo un gruppo finalizzato ad un lavoro collettivo, mentre per il nostro ha coinciso con le tappe del suo percorso autobiografico. Interamente giocato sul rapporto dialettico tra sé stesso e la sua alterità, una proiezione del proprio io nel suo alter ego Marcanciel Stuprò, libero anagramma di Marcel Proust, con cui firma le opere più drammatiche e spiazzanti. La sua ricerca è infatti una fenomenologia dello spirito materializzato nella corporeità attraverso la quale rilancia ogni volta la posta verso nuove esperienze che lo hanno portato a navigare a vista oltre la pittura. Dal disegno animato ai collages, dalle performances agli oggetti poveri, dai dadaismi “irriverenti” ai “pesi morti”, fino a ritornare nell’alveo pittorico con l’iperrealismo dei ritratti, della frutta, dei nidi, dei voli e degli uccelli, del pane “rugoso come un calanco essiccato”[2].
La ricerca artistica di Claudio Cintoli che raccoglie un ventennio di intensissima attività può essere dunque riassunta come un viaggio che procede dalla pittura e attraverso nuovi inusitati orizzonti approda nuovamente alla pittura, anzi per meglio dire, dalla figurazione e ritorno, dopo aver attraversato tutte le sollecitazioni culturali, estetiche e linguistiche poste sul piatto dai movimenti artistici neoavanguardisti perché “tutto in lui è sempre … pittura … anche quando fugge dalla pittura[3].
Cosicché quando Umberto Eco in Opera aperta del 1962 descrive in presa diretta il nuovo corso in cui “l’arte contemporanea si trova a fare i conti con il disordine” e la “reazione dell’arte e degli artisti (…) di fronte alla provocazione del caso, dell’indeterminato (….)” non fa che attenzionare la partita aperta dal nuovo orizzonte epistemologico disegnato anche dalle scienze, una risposta dunque alle suggestioni della matematica, della biologia, della fisica, della psicologia e della logica, offrendo l’immagine plastica del panorama culturale nel quale Claudio Cintoli ha maturato la sua straordinaria esperienza artistica.
In un mondo senza punti di riferimento l’artista assume una funzione centrale parallelamente alla messa in crisi del concetto di arte tradizionalmente inteso, a tutte queste sollecitazioni Claudio Cintoli dà risposte mirate confezionate ad arte, ben consapevole che non saranno né ultime, né definitive. Di qui il suo incessante avido nomadismo tra le tendenze artistiche che il torno d’anni tra i Sessanta e Settanta non ha certo lesinato, ma che egli ha sempre visto “con l’occhio della storia, classico e austero, con riservatezza, cocciutaggine e pignoleria”[4] contribuendo alla configurazione della nuova fragile dimensione esistenziale, orfana di saperi inconfutabili, errante e priva di ogni certezza, e proprio per questo ‘umana, troppo umana.
NOTE
[1] C. Pozzati, Claudio Cintoli, in M. Apa (a cura di), Sassoferrato 2008, LVIII Rassegna internazionale d’arte G.B. Salvi, p.79.
[2] Ivi.
[3] C. Pozzati, cit., p.80.
[4] Ivi.