Presentato in Senato un “Santo che legge” importante dipinto di Giovanni Lanfranco.

redazione

Se non si deve dire ad ogni dipinto di alta qualità che si è di fronte ad un capolavoro assoluto della Storia dell’Arte, certamente però il Santo che legge, presentato nei giorni scorsi nella sala Barbieri del Senato della Repubblica, va annoverato tra una delle prove più riuscite di Giovanni Lanfranco per quanto concerne le opere da cavalletto.

Giovanni Lanfranco (Parma 1582 – Roma 1647) Santo in lettura Olio su tela, cm. 64 x 50 Collezione privata

L’importante iniziativa è stata gestita e promossa dalla Dott.sa Michela Colucci e dal Dott. Stefano Colucci, conoscitore e appassionato collezionista che si è avvalso dell’aiuto del dott. Pietro Quattriglia Venneri, uno studioso noto per la sua attività di venditore televisivo di opere d’arte, esperto sia di antico che di contemporaneo, nonchè autore della ‘scoperta’;

l’evento ha visto la partecipazione dì Antonello Di Pinto, noto studioso ed esperto d’arte, autore di importanti pubblicazioni, tra cui il recente Caravaggio. Il portale per arrivare a Dio.

Si tratta in effetti di un dipinto di cm 64 x 50 la cui paternità allo straordinario artista parmense è stata certificata dal Prof. Massimo Pulini, tra i massimi studiosi dell’artista e in genere dei maestri del barocco. Ed effettivamente Lanfranco del Barocco è considerato un autentico apripista se consideriamo quell’autentico capolavoro che si può ammirare a Roma, nella Chiesa di Sant’Andrea della Valle, vale a dire la serie di affreschi raffiguranti la Gloria del Paradiso, realizzati tra il 1625 e il 1627, che a parere unanime della critica – oltre a mostrare un evidente debito rispetto agli affreschi parmensi del Correggio in San Giovanni, di oltre cento anni prima-  rappresentano un punto fermo dal punto di vista formale e stilistico su cui gli artisti dell’epoca poterono ammaestrarsi davanti alla straordinaria ricchezza di forme e colori, procedendo quindi nella direzione del virtuosismo della produzione artistica, di una ricercata teatralità, del coinvolgimento attivo dello spettatore.

Il dipinto sub judice è rappresentativo di questo stile – dando per scontato il ben noto e dimostrato virtusismo dell’artista- soprattutto  se consideriamo proprio quest’ultimo aspetto del coinvoilgimento di chi osserva; la figura del Santo (ma non è escluso che possa trattarsi di un profeta, ad esempio, oppure ancora di un apostolo) come si può vedere è intensamente preso dalla lettura del testo che ha di fronte, tanto che apre leggermente la bocca e fissa lo sguardo quasi come avesse incrociato proprio il passo che doveva vedere, che andava a ricercare e studiare probabilmente per definire o sostanziare un ragionamento; come se, insomma, avesse risolto un quesito che lo attanagliava.

Come scrive il Prof. Pulini nella scheda con cui analizza da par suo l’opera:

” …  quella luminosità, quasi fisica, che lascia tuttavia penetrabili le ombre sull’altro lato del viso e il disegno ondulato di quelle chiome tra il bianco e il grigio, parlano dello stile di un importante pittore del XVII secolo: Giovanni Lanfranco”.

Siamo di fronte insomma ad

“un naturalismo temperato agli estremi, ma anche interpretato in taglio sentimentale, emotivo, nel solco di una poetica che viene dalla lezione carraccesca”.

Un disegno pubblicato da Pulini praticamente soprapponibile al nostro quadro ne testimonia se ce fosse bisogno la qualità e la sicura provenienza.

Giovanni Lanfranco, Studio di testa virile barbuta, Londra, Royal Collection Trust Inv. 905681, grafite su carta mm. 275×215

Un dipinto, insomma, che entra a pieno titolo nel catalogo delle opere certe del Maestro emiliano e che offre spunti di riflessione sul suo stile e sul suo percorso stilistico.

Roma 1 Dicembre 2024