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Il prossimo 26 giugno alle 16,30 a Villa Blanc verranno dispersi oltre 55 rarissimi reperti di Archeologia, provenienti dalle eccezionali collezioni del barone Alberto Blanc e del principe Sforza Ruspoli, oltre ad una collezione di monete antiche. Si segnalano pezzi di importamnza storico artistica straordinaria. Ne abbiamo parlato con il curatore dell’evento, Andrea Pancotti. Archeologo, specializzato in topografia dell’Italia antica, Andrea Pancotti è Socio dell’Accademia Italiana di Studi Numismatici e membro del comitato redazionale del “Bollettino dell’Unione Storia ed Arte”. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni scientifiche in ambito storico-archeologico. Presso la Bertolami Fine Arts è’ responsabile dei Dipartimenti di Archeologia e Numismatica
–Intanto ci puoi spiegare, da curatore di questa iniziativa, qual è stata l’occasione che vi ha consentito di mettere in asta queste collezioni di reperti antichi ?
R: In realtà, noi aste di archeologia le organizziamo abbastanza normalmente; si tratta di un ambito piuttosto di nicchia, quanto meno in Italia, e tuttavia non di rado ci è capitato di reperire tanto in Italia che all’estero reperti archeologici importanti, come in questa occasione, tanto da consentirci di organizzare annualmente aste due volte in Italia e due a Londra.
–Questa asta però sembra avere un significato ed un valore particolare, come dimostra la presentazione organizzata a villa Blanc; è così?
R: Effettivamente in questa circostanza abbiamo in esposizione una notevole collezione di marmi, affidataci da un collezionista privato, che decoravano una splendida residenza a Grottaferrata e che mi sono apparsi immediatamente di grande rilievo; così quando gli ho chiesto la provenienza e le fatture di acquisto, mi ha mostrato il catalogo della vendita all’asta degli arredi di Villa Blanc, risalente al 1954, dove a quanto pare aveva comprato tutto proprio per arredare la sua villa con reperti romani antichi.
–Quali sono i pezzi più pregiati ?
R: Innanzitutto mi viene da dire i sarcofagi, che sono di grande rarità e di bellezza straordinaria –come avrà modo di rendersi conto chi visiterà l’esposizione-. Ce n’è uno con Amore e Psiche (fig 1), un altro con il Buon Pastore e un terzo con il ritratto del defunto nel medaglione centrale; però voglio anche citare un pezzo rarissimo che abbiamo ricostruito con attenzione e che consiste nel busto superstite della figura centrale del gruppo delle Tre Grazie: un’opera veramente eccezionale, basti pensare che ne esistono pochissime copie in tutto il mondo (fig 2).
–Come sei arrivato a realizzare che fosse parte proprio del gruppo delle Tre Grazie?
R: Perché quando lo ho visto mi accorsi di alcuni particolari, in primis la ‘manina’ che si appoggia alla schiena (fig 3), che mi portavano senz’altro a delineare un solo possibile confronto e proprio con questo rarissimo gruppo.
-Quindi lo hai ricostruito grazie ad un confronto ? Ci vuole molta memoria!
R: In verità questo di ricostruire –diciamo così- è un lavoro che facciamo regolarmente io e Francesca Balducchi, la mia assistente, un’archeologa veramente molto preparata: ogni volta ci mettiamo ad osservare attentamente pezzo per pezzo perché c’interessa arrivare a fornire una scheda quanto mai esauriente e puntuale del reperto, con una datazione quanto più possibile precisa, stando attenti ovviamente ad eventuali pezzi ‘sospetti’, ma non è stato certamente questo il caso. Del resto trattasi di marmi che provengono dalla collezione del barone Alberto Blanc, formatasi alla fine dell’ ‘800 allorquando egli fece edificare la sua splendida residenza sulla via Nomentana su progetto dell’architetto Giacomo Boni, che fu anche uno degli archeologi più importanti della Roma umbertina, e che curò anche personalmente gli arredi tra cui la presenza di questi reperti marmorei; è ovvio però che stabilire precisamente oggi ogni passaggio di tutti i pezzi è assai arduo, considerata a scarsezza del materiale a disposizione.
–Altri reperti importanti da tener presenti per un collezionista?
R: Ad esempio i sette capitelli veramente interessanti, ottimi magari per fare da sostegno a tavoli di vetro,
tanto che uno lo acquisterei volentieri anch’io.
–Parliamo delle epoche; dicevi che state molto attenti a cercare di definire la datazione dei reperti; ad esempio il sarcofago con Amore e Psiche di cui accennavi prima a che epoca può essere fatto risalire?
R: Si, effettivamente alle datazioni siamo attentissimi; in questo caso siamo in piena epoca imperiale, possiamo parlare senz’altro di un reperto risalente al III o IV sec. d.C.
–Ma ci sono in asta anche materiali più antichi?
R: Certamente! Tieni conto che l’asta non è formata solo da questa collezione Blanc, ci sono molti altri lotti di grande interesse. Ad esempio le Tanagrine, databili al IV sec. a.C. (fig 4), quindi periodo di pieno ellenismo greco, basta vederle per capire che sono di fattura eccezionale, integre, mai restaurate o rimaneggiate, con la scialbatura originale e perfino tracce di policromia; la scialbatura consisteva in un bagno di latte di calce che veniva steso sulla ceramica per far attecchire meglio il colore; certamente le foto del catalogo non possono rendere che in minima parte il fascino e la qualità della loro fattura.
–E mi pare che abbiano pure una stima di partenza piuttosto bassa, o sbaglio?
R: Si, effettivamente i prezzi base di partenza sono bassi ma non solo in questo caso; non credo di sbagliare se dico che in molti casi se non sempre queste sculture all’estero partirebbero da quotazioni quattro, cinque e perfino dieci volte più alte delle nostre.
–E perché allora le esitate a Roma e non a Londra?
R: Perché non hanno il permesso di esportazione, si tratta di opere note in Italia ma non possono essere esportate, alcune sono anche notificate.
–Ci sono anche reperti etruschi?
R: Si, ce ne sono di molto interessanti; ad esempio ex voto, olle in impasto risalenti all’VIII sec. a.C., piattelli di Genucilia; ma vorrei anche citare un Kylix attica a figure nere del VI sec a.C., e un’olla Daunia con decorazioni a svastica, simbolo solare, di grande rilievo, ma non finiremo mai, senza contare che occorre vedere le collezioni dal vivo per capirne l’importanza.
–Se dovessimo fare una casistica dei pezzi più importanti dal punto di vista non collezionistico ma storico artistico, quali indicheresti?
R: Anche in questo caso ce ne sono diversi. Ma se vuoi sapere il mio parere su singoli lotti probabilmente partirei dal sarcofago del Buon Pastore (fig 5) perché individua un momento storicamente di rilievo, di sincretismo religioso, di passaggio tra culti pagani e culti cristiani; in effetti il tema del buon pastore in epoca paleocristiana delinea Gesù che riporta la pecorella smarrita nel gregge; insomma un pezzo eccezionale, peraltro grande visto che misura 187 cm e poi praticamente integro, con qualche restauro fatto in antico, ma possiamo dire in perfette condizioni conservative. Il pezzo più curioso, invece, direi che è l’enorme ceppo di àncora, tutto di piombo; come pure assai attraente mi pare di poter dire che sia la maschera egizia, già appartenente ad una prestigiosa collezione privata francese (fig 6).
–Come mai in questo caso nel catalogo è scritto semplicemente che è di ‘epoca tarda’?
R: Perché non è databile con estrema sicurezza, dal momento che è tra i reperti egiziani funerari da sarcofago, che dall’epoca faraonica arrivano fino al periodo tolemaico.
-Non c’entra niente il Fayyum?
R: A mio avviso no, anche se in realtà non conosciamo la provenienza. Invece possiamo accertare con una certa sicurezza l’epoca del busto di Caracalla, un pezzo di notevole importanza anch’esso, identificato con il dio greco Attis perché ha il cappello frigio con la punta in avanti; ecco, qui siamo agli inizi del principato di Caracalla, probabilmente proprio nel 205 d.C. (fig 7).
–Al di là delle epoche siete anche riusciti a dare delle attribuzioni a qualche reperto, non dico della mano precisa di un autore, quanto meno però della scuola?
R: No, perché è molto difficile una cosa del genere per i reperti, tranne che non ci si trovi di fronte ad opere grandi. Un discorso diverso invece si può fare nei confronti della ceramica attica, come mi è capitato a Londra quando avevamo ceramiche attribuibili ad artisti precisi; in questa asta romana però non ce ne sono.
–Neppure quella Kylix a figure nere cui ti riferivi prima?
R: No, neppure in questo caso, perché siamo in un’epoca di passaggio tra le figure nere e quelle rosse, allorquando le figure nere divengono molto veloci, quasi schematiche, tanto è vero che questo periodo è persino successivo a quello detto dei “piccoli maestri”.
–Mi colpisce particolarmente la stima –che è tra le più alte del catalogo- che avete dato al lotto 39, che in effetti è un frammento in porfido rosso; dev’essere un panneggio particolarmente importante …
R: Si, è un pezzo di straordinaria importanza che volevo già citare prima quando parlavamo dei reperti storicamente ed artisticamente più rilevanti. Intanto va detto che è notificato dalla Soprintendenza, pubblicato, già facente parte di importanti collezioni; inoltre il porfido rosso era utilizzato solitamente per statue di personaggi investiti di maestà imperiale, per cui il nostro reperto era sicuramente appartenente alla statua di un imperatore o quanto meno di qualcuno strettamente collegato alla sua cerchia se poi guardiamo la grande maestria esecutiva ed alcuni particolari come la posa che si può intravedere delle gambe, possiamo pensare a datarlo in un periodo stilistico di pieno II sec. d. C.; ma il materiale tanto prezioso ci riporta anche in un luogo geografico preciso, vale a dire l’Egitto. Mettendo insieme tutti questi elementi mi è venuto da pensare ad un determinato personaggio.
–Cioè, a chi?
R: Ad Antinoo, il favorito dell’Imperatore Adriano, a mio avviso è molto probabile che si tratti di lui; in ogni caso siamo di fronte ad un reperto rarissimo ed è per questo che la sua valutazione è piuttosto elevata. Tieni presente che il porfido rosso è materiale di difficilissima reperibilità e proprio per questo è sempre molto ambìto; tra l’altro, come dicevo, questo in asta è notificato.
-Ecco, mi viene da chiederti se ci sono altri reperti notificati della stessa importanza.
R: Beh, c’è un’intera collezione notificata dallo stato; si tratta della collezione Sforza Ruspoli, raccolta in un lotto unico di 384 reperti archeologici notificati in blocco, con un decreto che ne vieta l’uscita dal nostro paese e ne impedisce lo smembramento; lo stato può esercitare il diritto di prelazione, ma di solito non accade. Ne fanno parte pezzi di alto valore storico, come una statuetta di filosofo (Demostene, o Socrate), rarissima, di epoca romana (fig 9), come pure cippi funerari iscritti in etrusco e in latino. E poi frammenti di Kylikes attiche a figure rosse, un’anfora “white on red” del VII sec. a. C., attribuita alla bottega dell’Urna Calabresi, un Cratere apulo a figure rosse di fattura straordinaria (fig 10); insomma la collezione Ruspoli è un vero museo di materiali etruschi ed inoltre mentre la maggior parte delle collezioni sono costituite da reperti di cui non si conosce la provenienza, in questo caso invece sappiamo tutto, sappiamo che la provenienza è la Banditaccia, la necropoli di Cerveteri, patrimonio dell’Unesco.
–E come si spiega che la raccolta sia in possesso di privati?
R: Perché in larga parte il sito è di loro proprietà, appunto dei principi Ruspoli di Cerveteri (fig 11); e questa volta mi viene da dire che si tratta di uno di quei sporadici casi in cui la Soprintendenza ha fatto bene a notificare il blocco nella sua interezza. Mi auguro che la collezione venga acquisita da un museo.
-Ecco, mi dai occasione per chiederti se hai già sentore di qualche collezionista o anche istituzione che abbia manifestato interesse per qualche particolare opera.
R: Allora, l’asta è fatta di due momenti in realtà, un pre asta e poi l’asta vera e propria che si svolge il giorno della dispersione dei lotti. Il catalogo è già online da qualche giorno ed effettivamente a quanto mi risulta ci sono già numerosi riscontri per i lotti più piccoli; al contrario per i lotti di maggior impegno l’eventuale interessato aspetta sempre l’ultimo atto, magari per non scoprire il proprio obiettivo; tuttavia posso dirti che ho già ricevuto varie prenotazioni telefoniche a dimostrazione del grande interesse che circonda questa iniziativa. Del resto presentiamo una raccolta straordinaria, dove tutto è stato studiato ed analizzato, tutti gli oggetti sono noti alla Soprintendenza e molti sono stati sottoposti al giudizio dei maggiori esperti del settore, senza dire che anche noi abbiamo ormai una certa competenza e non ci sogneremo mai di mettere in catalogo qualcosa che non sia più che certo.
–Non ti è mai capitato di scartare qualcosa che trovavi non precisamente adeguato?
R: Si qualcosa del genere è accaduto: un vaso mi lasciava perplesso circa la sua autenticità, nonostante fosse già passato con tanto di pedigree in una nota casa d’aste; però quando l’ho analizzato i dubbi superavano le probabili certezze, sicché lo abbiamo scartato.
–Ti chiedo una cosa per una mia curiosità personale: per quale motivo il reperto archeologico ha sul mercato dell’antiquariato solitamente un valore e forse anche un appeal minore rispetto alla scultura dei periodi successivi, specie quattro-cinque-seicentesca, ma anche oltre? Non dovrebbe essere il contrario? Un pezzo tanto più è antico tanto più si dovrebbe caricare di valore ed invece pare che non sia così.
R: Certo non è così per il motivo che di reperti antichi se ne trovano a migliaia, per lo più frammentari, e spesso non costituiscono opere d’arte, ma solo resti di produzioni antiche decorative; pensa ad ogni scavo e a quanti cocci, monete, pezzi di marmo riemergono ogni volta; pensa poi ai reperti attici, per esempio, pochi rappresentavano opere d’arte da maestro, il resto erano produzioni quasi industriali realizzate nel quartiere del Ceramico ad Atene per poi essere esportate ovunque, e che ritroviamo anche nelle tombe etrusche, dal momento che gli Etruschi ne erano tra i maggiori acquirenti. Al contrario, le sculture pre rinascimentali o rinascimentali o barocche rappresentano opere d’arte eseguite su precisa commissione, hanno una storia più recente e ricostruibile con relativa precisione, sono riconducibili a determinati lavori, motivi, maestri ed artisti, rappresentano quindi opere d’arte a tutti gli effetti.
–Un’ultima domanda sul futuro, diciamo così, di questo ambito che tu stesso hai definito di nicchia del mercato collezionistico; pensi che possa in qualche misura sostituire nell’interesse dei collezionisti e degli investitori altre merceologie che contano su una cerchia assai più vasta di appassionati?
R: Non saprei dirlo con certezza; oggi molti settori antiquariali sono in crisi, anche quello dell’archeologia ne ha risentito, in Italia e all’estero, per gli scandali recenti relativi al commercio illecito di Beni Culturali. Quello che è certo è che si sta finalmente sfatando un luogo comune sull’archeologia e cioè che ogni cosa debba essere sospetta; noi dimostriamo che non è così, voglio dire insomma che comprare archeologia in Italia è possibile ed un amante del reperto archeologico può tranquillamente esporlo e tenerselo in casa purché sia con tutti i certificati a posto, come facciamo noi di Bertolami Fine Arts. Soprattutto occorre tenere presente che in Italia i costi sono assolutamente competitivi, anzi rispetto all’estero non c’è proprio paragone, e quindi si possono fare anche ottimi affari; i reperti marmorei poi assolvono un ruolo altamente decorativo, basti pensare a quanti se ne trovano nelle residenze di prestigio e anche nelle ville di cittadini stranieri in Italia, che comprano marmi per arredare ambienti e giardini; in poche parole potrebbe effettivamente trattarsi di un business in ascesa. Vero è che gli oggetti non sono tantissimi (in questa asta del 26 giugno ne presentiamo una sessantina) e che devono passare varie selezioni, qualità, provenienza, conservazione, ecc: però una volta che il pezzo viene pubblicato e immesso con queste carte d’appoggio sul mercato, il collezionista dorme sonni tranquilli e può godersi il suo acquisto.
P d L Roma 24 giugno 2018