Qualcosa di inglese a Napoli: «Sir and Lady Hamilton» mostra alle Gallerie d’Italia (fino al 2 Marzo)

di Giulio de MARTINO

Intesa Sanpaolo/Gallerie d’Italia organizza e promuove a Napoli, dal 25 ottobre 2024 al 2 marzo 2025, la mostra “Sir William e Lady Hamilton”.

Si svolge nel Palazzo Piacenti – già sede del Banco di Napoli – a cura di Francesco Leone e Fernando Mazzocca. È dedicata a due figure di rilievo della storia napoletana di fine ‘700: sir William Hamilton (Henley-on-Thames, 13 dicembre 1730 – Londra, 6 aprile 1803), ambasciatore inglese alla corte di Ferdinando IV di Borbone, e alla sua consorte Lady Emma Lyons Hamilton (Great Neston, 26 aprile 1765? – Calais, 16 gennaio 1815).

Si possono vedere settantotto opere – tra dipinti, ceramiche, sculture e cimeli – provenienti da musei nazionali e internazionali, con in rilievo le opere di alcuni importanti pittori di quel tempo: Angelica Kauffmann (Coira, 30 ottobre 1741 – Roma, 5 novembre 1807), George Romney (Dalton in Furness, 1734 – Kendal, 1802), Jakob Philipp Hackert (Prenzlau, 15 settembre 1737 – San Pietro di Careggi, 28 aprile 1807) e, tra gli italiani, Saverio Della Gatta (Lecce, 8 settembre 1758 –1828?) e Pietro Fabris (?, 1740 – 1792)[1].

Fig. 1 Angelica Kauffmann, Ritratto di Ferdinando IV di Borbone, 1782-1783, Olio su tela, 92,3 × 75,5 cm. Bregenz, Vorarlberger Museum © vorarlberg museum, Markus Tretter.  Fig. 2 Angelica Kauffmann, Ritratto di Maria Carolina d’Austria, 1782-1783, Olio su tela, 93 × 76,5 cm. Bregenz, Vorarlberger Museum © vorarlberg museum, Markus Tretter

Sviluppata tra pittura e storia, con un magnifico allestimento – come è nello standard delle Gallerie d’Italia – HAMILTON è una mostra di apprezzabile intento divulgativo. Il visitatore ne esce soddisfatto e comprende come la pittura non sia lo specchio dei tempi, bensì del «gusto» dei tempi. E quindi che la storia, oltre che evento oscuro e violento, sia anche il riflesso luminoso delle immagini di un’epoca.

Fig. 3 Joshua Reynolds, Ritratto di Sir William Hamilton, 1776-77, Londra National Portrait Gallery.

Sir William Hamilton, il protagonista della mostra, fu l’Ambasciatore inglese presso la corte di Napoli dal 1764 al 1800 in un periodo caratterizzato dalle violente tensioni antiborboniche promosse dagli ambienti illuministici e giacobini e dallo scontro fra la Francia e il Regno Unito per il controllo sul Regno di Napoli. Hamilton, rimasto vedovo di Chaterine Barlow nel 1782, il 6 settembre del 1791, nella Chiesa di San Giorgio in Hanover Square a Londra, avrebbe sposato Emma (Emily) Lyon (Hart) di 35 anni più giovane.

Oltre che autorevole diplomatico, William Hamilton fu antiquario e vulcanologo e trovò a Napoli e nel suo circondario un’area archeologica (Ercolano e Pompei) e un’area vulcanica (il Vesuvio) che si offrivano come porte aperte verso il passato antico e verso il passato remoto geologico.

Studiò dal vivo le attività vulcaniche e i terremoti oltre che le meraviglie della civiltà romana. Acquistò il ricco museo lasciato da Francesco Enrico Grassi, conte di Pianura (Napoli, 8 dicembre 1685 – 9 ottobre 1762), anche lui archeologo e antiquario, e raccolse una collezione di vasi antichi che fu in parte trasferita nel 1772 al British Museum[2].

Fig. 4 George Romney, Emma Hart come Circe, 1782, Olio su tela, 240,5 x 148,5 cm. Waddesdon, Rothschild Family
Fig. 4 George Romney, Emma Hart come Circe, 1782, (part.) Olio su tela, 240,5 x 148,5 cm. Waddesdon, Rothschild Family

Emma Lyon, la consorte di umili origini, dal 1781 era stata l’amante di Charles Francis Greville (1749-1809). Questi era il figlio di Francis Greville conte di Warwick e nipote dello stesso sir William Hamilton. Questi conobbe Emma a Napoli e la sposò nel 1791.

Sir Hamilton ed Emma, oltre cha a Palazzo Sessa, situato in via Santa Maria a Cappella vecchia a Napoli, abitarono a Villa Angelica a Torre del Greco, sito dal quale Hamilton poteva frequentare e osservare la zona vesuviana.

La mostra evidenzia come lo sguardo panoramico – possibile dalle finestre e dai balconi dei palazzi signorili – sia transitato nello sguardo pittorico sul Golfo e sulla città di Napoli. Con originale contrappunto al serio profilo scientifico e antiquario di sir William, Emma Lyon Hamilton, donna di favolosa bellezza, si pose al centro della vita mondana della corte napoletana con le sue esibizioni – le chiamava «attitudes» – che rivitalizzavano i suoi talenti per la danza e la recitazione[3].

Il matrimonio di Emma e William e la loro lunga permanenza a Napoli fu l’occasione di numerosi eventi – che hanno generato approfondimenti storici e artistici – ma anche un fiume di indiscrezioni, se non di veri e propri pettegolezzi. Con garbo e misura, anche di quest’aspetto la mostra napoletana dà conto.

George Romney ritrasse Emma Lyon Hamilton circa 180 volte – «magnificent obsession» – in pose mitologiche e romantiche:

«I grandi occhi violetti risaltavano sotto le sopracciglia, lunghe e ben marcate nel breve ovale del viso. Il naso lungo, anche se poco rilevato, sovrastava con grazia un labbro superiore delicatamente sporgente. La bocca di Emma fu oggetto di grande ammirazione durante tutta la sua vita; era la componente della sua bellezza che più suggeriva il confronto con le figure della scultura greca. La fronte non ampia e il mento minuto e ben modellato accentuavano il richiamo all’arte classica, mentre alle persone che alle figure vive preferivano le statue la purezza della sua carnagione suggeriva il pensiero del marmo»[4].
Fig. 6 Saverio Della Gatta, Veduta di Napoli da Palazzo Sessa. Residenza di sir William Hamilton, fine sec. XVIII, tempera su quattro fogli di carta riportati su cartoncino. Parigi, Galerie Kugel.

Una sezione della mostra documenta – con dipinti, stampe e lettere – l’intima amicizia di Lady Hamilton con Maria Carolina d’Austria, moglie di re Ferdinando IV di Borbone, e la sua relazione con l’ammiraglio Horatio Nelson, iniziata nel 1793.

Altro punto di approfondimento cui è dedicato un settore della mostra, sono i giorni della fine della Repubblica Napoletana del 1799. Lady Hamilton, molto ascoltata da Nelson, spinse l’Ammiraglio britannico a non accettare la capitolazione dei repubblicani negoziata dal cardinale Ruffo. Molti di loro sarebbero stati impiccati[5].

Di particolare rilievo fu la vicenda di Domenico Cirillo, insigne medico, entomologo e botanico, condannato a morte, che – secondo alcuni – scrisse ad Emma una lettera per ottenere la grazia. Secondo altri, la lettera non fu una sua iniziativa, ma gli fu solo proposto di firmarla. Fatto sta che Cirillo fu impiccato a Napoli il 29 ottobre del 1799.

Tornata a Londra con William ed Horatio, dopo le loro morti – avvenute rispettivamente nel 1803 e nel 1805 – Emma Hamilton dissipò presto i suoi averi e si ridusse in miseria sino alla fine dei suoi giorni.

Fig. 7 Giovanni Battista Lusieri, Veduta della porta di Ercolano a Pompei, 1783, penna, inchiostro nero e marrone su carta, Ginevra, Collezione Jean Bonna.

Allontanandosi dalle vicende storiche, la mostra HAMILTON si dedica al linguaggio pittorico e alla riproposizione delle suggestioni culturali di quel tempo attraverso i dipinti e le stampe. Con scelte meditate, si documenta come la pittura degli ultimi anni del ‘700 sia stata foriera di un nuovo e diverso sguardo su Napoli e sul suo golfo.

Abbandonate le cupezze delle arti controriformistiche del Seicento, le immagini pie, lugubri e oscure dei santi, l’illustrazione delle pestilenze, dei miracoli e delle battaglie, il golfo di Napoli tornò ad essere la «terra delle sirene», il cuore della «Campania felix» di memoria latina. Lo sguardo si dilatò verso il paesaggio e i cieli si tinsero di azzurro come il mare per la gioia dei tanti «viaggiatori e visitatori stranieri»[6].

Fig. 8 Joseph Wright of Derby, Il Vesuvio in eruzione con le isole del golfo di Napoli, 1776-1780 circa, Olio su tela, 122 × 176,4 cm. Londra, Tate, acquistato con il contributo del National Heritage Memorial Fund, Art Fund, Friends of the Tate Gallery, e Mr John Ritblat 1990 © Tate

La mostra illustra come si svilupparono – alla fine del Settecento, ad opera di tanti pittori e incisori europei e napoletani – le categorie della pittura ottocentesca di argomento napoletano: il paesaggio ameno, le rovine ercolanee e pompeiane, il Vesuvio sterminatore e i Campi Flegrei ribollenti, il mito del popolo e dei pescatori con i loro caratteristici e pittoreschi usi e costumi[7].

La mostra HAMILTON va alle radici dell’immaginario napoletano moderno e borghese portandoci in un’epoca in cui prese vita la «diacronia mentale» basata sulla curiosità e sull’emozione verso le vestigia archeologiche del passato antico rivissute in forma filologica e poetica. Ma, in quella stessa epoca, nacque anche un immaginario scientifico che si poneva sulle tracce dei lati oscuri della natura, della sua inquietante minacciosità. La natura appare nuovamente – come già in Tito Lucrezio Caro – affascinante e orribile insieme, paesaggio armonioso, ma anche caldera e cratere fumante.

Fig. 9 Sir William Hamilton, Pietro Fabris, Campi Phlegraei. Observations on the volcanos of the Two Secilies, vol. II, tav. IV, Cristalli del Vesuvio, Napoli, 1776, Roma, Biblioteca Hertziana – Istituto Max Planck per la storia dell’arte.

Le scienze sperimentali – di cui sir Hamilton fu ottimo cultore – contendevano all’archeologia, alla poesia e alla pittura lo spazio della «bellezza». In quei decenni si entrò nel campo di ciò che Immanuel Kant definì, da un lato, come il Bello d’arte e di natura (Schön) e, dall’altro, come il Sublime nella natura e poi anche nell’arte (Erhabene)[8].

Certamente Hamilton aveva letto A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful (1757) di Edmund Burke:

«It seems then necessary towards moving the passions of people advanced in life to any considerable degree, that the objects designed for that purpose, besides their being in some measure new, should be capable of exciting pain or pleasure from other causes. Pain and pleasure are simple ideas, incapable of definition».

Soltanto le scienze naturali potevano mettere un freno alle fantasie popolari e alle passioni dei turisti di fronte all’antico e al remoto.

Fig. 10 Jakob Philipp Hackert, Veduta del giardino inglese di Caserta, 1793, Olio su tela, 93 × 130 cm. Madrid, Museo Nacional Thyssen-Bornemisza ©Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid

Dalla mostra napoletana emerge come sia necessario separare, come proponeva Benedetto Croce, «il mito di Napoli» – antico e precristiano – dal «mito dei Napoletani», assai più recente e connesso alla religiosità popolare medievale e moderna[9].

Allo stesso modo, emerge l’importanza di disgiungere l’interesse per il patrimonio artistico e paesaggistico degli stati preunitari – tra questi, il Regno delle Due Sicilie – dalla posteriore visione nazionalistica italiana. Visitando la mostra HAMILTON e guardando le tante e belle opere esposte, si vede bene come siano stati inglesi, francesi, tedeschi – e, prima ancora, spagnoli – ad insegnare agli italiani a guardare in modo nuovo alla storia e alla natura dei propri luoghi e delle proprie città.

Fig. 11  Pietro Fabris, Preparativi per il pellegrinaggio alla Madonna dell’Arco, 1773, olio su tela.

Giulio de MARTINO  Napoli  17 Novembre 2024

La mostra

Sir William e Lady Hamilton

a cura di Fernando Mazzocca, Francesco Leone

GALLERIE D’ITALIA – EX BANCO DI NAPOLIVia Toledo 177, Napoli, Italia

dal 24/10/2024 al 02/03/2025

L’esposizione è realizzata con il sostegno dell’Ambasciata britannica a Roma e dell’Ambasciata d’Italia a Londra e con il patrocinio del Comune di Napoli e dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Catalogo: William Hamilton. Un protagonista dell’Illuminismo a Napoli, a c. di Fernando Mazzocca e Francesco Leone, Milano, Gallerie d’Italia/Skira, 2024.

[1] Lucio Fino, Pietro Fabris e Saverio Della Gatta. Gouaches disegni e dipinti di vedute e scene del XVIII sec., Napoli, Grimaldi & C. Editori, 2022.

[2] Carlo Knight, Hamilton a Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande capitale europea, Electa Napoli, 2003.

[3] Susan Sontag, The Volcano Lover, United States, Farrar, Straus and Giroux, 1992; Kate Williams, England’s Mistress, a biography of Emma Hamilton, UK and US, Random House,2006.

[4] Flora Fraser, Lady Emma. Il romanzo di un’amante, ed. orig. Beloved Emma. The Life Of Emma, Lady Hamilton, Milano, Mondadori, 2001, pag.30.

[5] Giustino Fortunato, I Napoletani del 1799, Firenze, Barbèra,1884.

[6] Gino Doria, Viaggiatori stranieri a Napoli, ed. postuma con prefazione di Antonio Ghirelli, Napoli, Guida, 1984; Francesco Montone, Il tópos della Campania felix nella poesia latina, in: “Salternum”, anno XIV – nn. 24-25, gennaio/dicembre 2010, pp. 47-58.

[7] AA.VV., Il fascino e il mito dell’Italia dal Cinquecento al contemporaneo, Milano, Skira, 2015; AA.VV., Napoli Ottocento. Dal Sublime alla Materia, a cura di Sylvain Bellenger, Jean-Loup Champion, Carmine Romano, Isabella Valente, Electa Napoli, 2024.

[8] Giulio de Martino, Lo spettatore turbato. Forme della felicità e del panico nella società distopica, Milano, Mimesis, 2023.

[9] Benedetto Croce, ll Paradiso abitato da diavoli, in: “Napoli Nobilissima”, volume III, 1922, pp. 153-157.