Quando sul Tevere si fa arte con il progetto OndinArte; le opere di tre artisti tra il sogno, la memoria, la materia (fino al 30 Giugno).

di Rita RANDOLFI

Il Tevere location per un’esposizione d’arte

L’11 giugno si è aperta a Roma una mostra ospitata in una location particolare e suggestiva al contempo: il Circolo Ondina Generali, situato tra ponte Risorgimento e ponte Matteotti, una sorta di battello galleggiante sul Tevere.

L’idea di Raffaello Leonardo, campione olimpionico e presidente dell’Ondina club, tra ponte Risorgimento e ponte Matteotti, e Diana Giorgio, giornalista e sportiva, è nata con l’intenzione di valorizzare il circolo sportivo. Qui, infatti,  oltre al canottaggio si praticano rowing, padel, bike, pilates e yoga,  ed ora si fa anche cultura, trasformando il club in un luogo di arte,  dibattito, incontri.

Le curatrici della mostra, Chiara Castria e Paola Quaquarelli della SUarte Gallery di via del Pozzetto, hanno coinvolto tre artisti: Ottavio Celestino, Pietro Simonelli e Giampaolo Tomassetti, che pur con sensibilità diverse affrontano argomenti comuni: il sogno, la materia, il rapporto con il passato, la memoria.

Ottavio Celestino è presente all’esposizione con quattro fotografie di fiumi: il Tigri, visto dal confine turco, siriano, iracheno con la costruzione di un’enorme diga; il Danubio in territorio ungherese, l’Hong Ha o Red River in Vietnam, il Bjòrsa in Islanda.

Il fotografo è alla continua ricerca del concetto originario di natura, tentando di riscoprirne l’essenza e tradurre in immagini la sua attrazione per l’ecosistema. I fiumi che scorrono senza sosta sono il simbolo della poetica   dell’autore che esplora la vera costante della natura definita da lui stesso l’Eterno Tumulto, che vede l’uomo coprotagonista inconsapevole del caos. Grazie alla tecnologia Celestino smembra e poi ricostruisce in un’altra forma il dato reale, restituito in tutta la sua complessità e capacità evocativa.

Ottavio Celestino

Ne Il fiume Tigri al confine Turco/Siriano/Iracheno Celestino evidenzia come la costruzione della diga nel 2020 abbia seppellito per sempre testimonianze di culture millenarie mesopotamiche ed islamiche.  Lo scatto del 2018 riproduceva il ponte di Gengis khan, oggi non più esistente; il paesaggio attuale è quindi costituito solo da acqua e rocce. Il Danubio in territorio Ungherese invade campagne e città a causa, di eccessiva cementificazione dei suoi margini. Il fascino dello Hong Ha o Red River in Vietnam si deve alla sua portata eccezionale che se da un lato contribuisce alla fertilità dei terreni, causa anche diversi problemi alla città di Hanoi. Il Bjòrsà in Islanda è il tragico risultato dello scioglimento dei ghiacciai che ha stravolto radicalmente la normale geografia della regione. I fiumi, dunque, non solo documentano la passione di Celestino per il reportage, ma evidenziano la sua sensibilità e l’attenzione per la salvaguardia dell’ecosistema e della natura, messa a dura prova dall’uomo.

Pietro Simonelli, scultore, di origine marchigiana, è uno sperimentatore appassionato di tecniche e materiali diversi, piegati alle esigenze della sua sensibilità, corroborata dallo studio dell’antico, della filosofia e della tragedia greca. Su questo ampio sostrato culturale si innesta la sua esperienza di scenografo, che si rivela attraverso l’impiego della cartapesta, bianca o colorata utilizzata per le Ali, presenti alla mostra in corso, che, montate su un’armatura di metallo, richiamano la leggerezza della fantasia, intessuta di miti e ricordi, di nostalgia per il passato, ma che vogliono rappresentare anche una spinta verso il futuro, un modo di spiccare il volo verso l’ignoto.

Pietro Simonelli Ali rosse cartapesta dipinta

Tutta la produzione dell’artista si rivela colta, ricca di rimandi letterari, di rivisitazioni di topos iconografici tratti da marmi antichi, rimodulati dalla creatività, dalla suggestione del momento e dal caso, che lo scultore lascia agire soprattutto a livello del colore. Ne Il coccodrillo Simonelli non solo inventa una tecnica che gli consente di presentare il corpo dell’animale in frammenti, come se agisse una mutazione interna ed esteriore, che rinvia al continuo flusso della natura, ma permette che lo smalto assuma sfumature imprevedibili dovute alla cottura.  In un certo senso l’artista tratta la materia come cosa viva, in grado di trasformarsi, in virtù di un processo interiore, ma anche a causa di forze esogene. E ciò che viene smembrato riacquista lentamente la sua unità originaria nell’immaginario dell’artista come del fruitore.

Pietro Simonelli, Istallazione Lotta tra ali e coccodrilli

Nei Frammenti di coccodrilli, in ceramica smaltata con inserimenti metallici, Simonelli traspone in immagine il ricordo di un sogno che rimane impresso nella coscienza prima di essere elaborato dal pensiero.

Pietro Simonelli, Coccodrillo, ceramica, 2022

La natura, la memoria, il sogno sono temi cari all’autore, le fondamenta della sua poetica che talvolta si traduce in immagini dove la materia costruisce e si smembra per tornare integra, ma con un aspetto diverso, tal altra si trasforma in parole, perché lo scultore è anche un poeta che gioca con le parole.

Anche il pittore umbro Giampaolo Tomassetti è uno sperimentatore. Dopo aver studiato a Firenze diventa illustratore di testi dedicati alla cultura vedica indiana, che non solo influenzerà la sua produzione, ma costituisce ancora oggi una fonte di ispirazione inesauribile.

Giampaolo Tomassetti

Pittore, scultore, a Città di Castello si è anche sperimentato nell’affresco, collaborando con architetti nel recupero di alcune strutture.

Giampaolo Tomassetti, Venere in ossido

Nelle tavole di rame ad olio qui esposte i materiali ossidati invadono la superficie con la loro consistenza e contemporaneamente con la libertà che viene loro concessa dall’artista, che dipinge barche e figure in un dialogo surreale in un’atmosfera metallica nella quale tutto è possibile, la materia diventa gesto, forma.

Un appuntamento imperdibile, dunque, alla scoperta di tre artisti apparentemente lontani ma accomunati da ricerche e tematiche vicine, in un ambiente quanto mai unico, magico che trasuda storia e tradizioni: il Tevere.

La mostra resterà aperta tutti i giorni fino al 30 giugno dalle 10,00 alle 20,00.

Rita RANDOLFI  Roma 23 Giugno 2024