di Nica FIORI
Il sole che nasce dovrebbe avere più ammiratori del sole che tramonta, per quell’anelito di speranza che un nuovo giorno porta con sé, eppure ho l’impressione che il tramonto, sia esso del sole, sia di una civiltà o di qualunque altra cosa, abbia un fascino del tutto particolare, superiore a quello dell’alba. Basti pensare all’attrazione che un paesaggio con rovine ha suscitato nei poeti, a partire dall’elegia che Properzio dedicò alle rovine di Veio, o in tutti quegli artisti che hanno immortalato sulle loro tele e incisioni le romantiche vestigia del passato. Come scrisse Chateaubriand nel suo Genio del cristianesimo (1802):
“Tutti gli uomini hanno una segreta attrattiva per le rovine: appartiene un tal sentimento alla fragilità di nostra natura, e ad un’arcana conformità tra questi monumenti distrutti, e la rapidità della nostra esistenza”.
Sono proprio le rovine della nostra civiltà greco-romana il tema della mostra fotografica “JOSEF KOUDELKA. RADICI. Evidenza della storia, enigma della bellezza” che si tiene a Roma presso il Museo dell’Ara Pacis fino al 16 maggio 2021. Una mostra bellissima, ma fredda, enigmatica e straniante, con un triste allestimento in grigio, perfettamente in tono con il periodo che stiamo attualmente attraversando. Dopo la fase nera dovuta alla chiusura dei musei e dei siti archeologici, quest’esposizione, che è stata “congelata” per mesi, inaugura il periodo di riapertura all’arte, della quale abbiamo sentito fortemente la mancanza, con una visione dei paesi del Mediterraneo del tutto priva di colori.
Ancora prima delle immagini fotografiche di Josef Koudelka, tutte rigorosamente in bianco e nero, ci accoglie una sua frase:
“Le rovine non sono il passato, sono il futuro che ci invita all’attenzione e a godere del presente”.
E se il nostro presente fosse proprio questa “insostenibile pesantezza del grigio”? Il mio è solo un gioco di parole, una parafrasi di un noto libro di Milan Kundera, eppure ho proprio la sgradevole sensazione che siamo nel pieno di una crisi epocale e che la nostra civiltà occidentale stia sprofondando inesorabilmente in un baratro.
Ma, come ha auspicato la neo assessora alla crescita culturale di Roma capitale Lorenza Fruci nel suo primo intervento pubblico, coinciso con l’inaugurazione di questa mostra il 1° febbraio 2021,
“dobbiamo guardare al nostro futuro con speranza e la cultura sarà lo strumento di cui avremo maggiormente bisogno per guardare avanti … Nelle immagini di Koudelka troveremo la bellezza, la bellezza di cui noi oggi abbiamo veramente bisogno per ripartire, per andare avanti e reinventarci il nostro futuro in questo momento storico così delicato”.
Promossa nella sua unica tappa italiana dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, da Contrasto e da Magnum Photos, l’esposizione racconta e ripercorre lo straordinario viaggio fotografico di Josef Koudelka alla scoperta delle radici della nostra storia, con oltre cento spettacolari immagini, molte delle quali di grande formato panoramico (m 3 di lunghezza), che è diventato una sua particolare cifra stilistica. Altre immagini sono inserite su supporti a parallelepipedo poggianti sul pavimento, che fanno pensare a degli scatoloni o a delle panche.
Le diverse tonalità di luce che l’artista è riuscito a cogliere con l’obiettivo fotografico sottolineano le linee architettoniche, le colonne, i capitelli, i gradini dei teatri, i pavimenti lastricati, e, talvolta, le mitiche figure raffigurate nei rilievi o nei mosaici.
La rassegna presentata è il frutto di un progetto ideato e portato avanti dal fotografo nel corso di quasi trent’anni, durante i quali ha esplorato e ritratto molti dei più rappresentativi e importanti siti archeologici del Mediterraneo, quello che per i romani era il Mare Nostrum: punto d’incontro di nazioni attualmente divise da culture, lingue e religioni diverse, eppure così vicine, a volte, nella solarità dei loro incantevoli paesaggi e unificate nel passato da una comune civiltà.
Oltre all’Italia (riconosciamo in particolare Roma, Ostia Antica, Paestum, la Sicilia archeologica) e ad altri paesi europei, tra cui l’Albania, la Croazia, la Grecia, la Spagna, la Francia (con il Pont du Gard presso Nimes e il teatro romano di Orange, che Luigi XIV definì a suo tempo “il più bel muro del mio regno”), egli ha esteso la sua ricerca ai paesi dell’Africa settentrionale, dal Marocco all’Egitto, passando per l’Algeria, la Tunisia e la Libia, e a quelli sulle coste asiatiche del Mediterraneo, ovvero Turchia, Giordania, Israele, Libano e Siria.
Sono immagini molto meno idealizzate di quelle raffigurate nelle tradizionali cartoline, incisioni o disegni delle epoche precedenti. Alcune fotografie di località orientali, tecnicamente molto riuscite, sono volutamente poco realistiche perché svuotate da tutti quei personaggi, suoni e sensazioni, che fanno per così dire parte delle città levantine, compreso il sole che batte imperterrito su muri e colonne color ocra. Il bianco e nero, anche se freddo, imprime certamente una maggiore potenza a queste originali immagini, che a volte sono senza orizzonti.
Certo tutti gli appassionati di fotografia potranno scoprire, come si legge nella presentazione, “una inedita e personalissima riflessione sull’antico, sul paesaggio, sulla bellezza che suscita e nutre il pensiero. I panorami senza tempo, ricchi di anima e fascino, caratterizzati da prospettive instabili, inaspettate, ambivalenti, ben rappresentano il lessico visuale e la cifra stilistica propri di Koudelka che, rifuggendo la semplice illustrazione e documentazione delle rovine, sceglie di dare respiro a ciò che resta delle vestigia delle antiche civiltà del Mediterraneo, rappresentandole in un’eterna tensione tra ciò che è visibile e ciò che resta nascosto, tra enigma ed evidenza”.
Allestita nella cornice del Museo dell’Ara Pacis, e quindi a stretto contatto con un importante monumento della civiltà romana, la retrospettiva Radici vuol essere un omaggio a uno degli ultimi grandi maestri della fotografia moderna, che si è lasciato abbagliare dai resti del passato.
Nato in Moravia nel 1938, Josef Koudelka, già ingegnere aeronautico, è diventato fotografo professionista alla fine degli anni Sessanta. Ha immortalato l’invasione sovietica di Praga del 1968, pubblicando i suoi scatti con le iniziali P.P. (Prague Photographer). Nel 1969 l’Overseas Press Club gli ha assegnato, a titolo anonimo, la Medaglia d’Oro Robert Capa per la fotografia. L’anno successivo Koudelka ha lasciato la Cecoslovacchia (che solo nel 1992/3 si sarebbe scissa in due stati) e richiesto asilo politico nel Regno Unito. Nella sua prestigiosa carriera ha pubblicato una lunga serie di libri fotografici, è stato protagonista di importanti mostre e ha vinto numerosi premi. Attualmente vive tra Parigi e Praga.
“Josef Koudelka. Radici. Evidenza della storia, enigma della bellezza”
Museo dell’Ara Pacis
Lungotevere in Augusta (angolo via Tomacelli) – 00186 Roma
1 febbraio-16 maggio 2021
Orario: dal lunedì al venerdì, ore 9.30-19.30
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Biglietto “solo Mostra”: € 11,00 biglietto intero; € 9,00 ridotto
Biglietto integrato “Museo dell’Ara Pacis + Mostra”
per i non residenti a Roma: € 17,00 biglietto integrato intero; € 13,00 ridotto;
per i residenti: € 16,00 biglietto integrato intero; € 12,00 ridotto