“Raffaello. L’Accademia di San Luca e il mito dell’Urbinate”. Dall’icona raffaellesca al ‘900

di Nica FIORI

La mostra romana ospitata a Palazzo Carpegna, che parte dall’icona raffaellesca simbolo dell’Accademia

Nell’ambito delle celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio (1483-1520), l’Accademia di San Luca non poteva non rendere omaggio all’eccelso artista che è stato per secoli il modello ideale di riferimento per gli accademici. Lo fa con una mostra rigorosa e accurata nella sua sede di Palazzo Carpegna, intitolata “Raffaello. L’Accademia di San Luca e il mito dell’Urbinate”, che sarà visitabile gratuitamente, con ingresso contingentato e obbligo di prenotazione, fino al 30 gennaio 2021.

Accademia di San Luca, Salone d’onore

L’esposizione, a cura di Francesco Moschini, Valeria Rotili e Stefania Ventra, attraversa la Galleria al terzo piano e prosegue nel Salone d’onore al piano nobile per poi scendere nelle sale espositive al piano terra illustrando, mediante 55 opere di grande qualità, il ruolo svolto dall’Accademia nella costruzione e nella diffusione del mito di Raffaello tra Cinquecento e Novecento.

San Luca che dipinge la Madonna, attrib. a Raffaello

L’allestimento, che è in sintonia con lo spirito del luogo, senza cadere in inutili spettacolarizzazioni, è curato dall’architetto Francesco Cellini, presidente dell’Accademia e figlio di Pico Cellini, il grande restauratore che ha curato tra le altre cose l’ultimo intervento (terminato nel 1958) sul dipinto San Luca dipinge la Vergine alla presenza di Raffaello, dal quale la mostra stessa parte. La prima sezione è intitolata, in effetti, Il San Luca “di Raffaello”, icona accademica, perché la pala è tradizionalmente attribuita a Raffaello e assunta come immagine-simbolo dell’Accademia Nazionale di San Luca almeno a partire dagli ultimi anni del Cinquecento, ai quali si data la fondazione dell’Accademia.

Così come la figura di Raffaello è stata in un certo senso “trasfigurata” e “divinizzata” alla sua morte per via della Trasfigurazione che aveva appena dipinto, anche in questo caso  Raffaello è “santificato” (come per magia simpatica) dalla presenza di San Luca evangelista, il primo pittore della Vergine e per questo patrono dei pittori, che affida all’Urbinate il compito di raffigurare la Madre di Dio.

La pala (olio su tavola trasportato su tela) è da tempo al centro di un acceso dibattito in merito all’autografia, in quanto profondamente segnata da ripetuti interventi di restauro fin dal Seicento, ma ciò non riduce la carica simbolica di cui il dipinto è investito da sempre, come dimostrano le attenzioni che gli rivolsero gli artisti dell’Accademia. Segno tangibile di queste attenzioni è la realizzazione di una copia su tela, eseguita nel 1623 da Antiveduto Gramatica su richiesta dei colleghi, preoccupati per il precario stato conservativo della pala attribuita a Raffaello. La tela, conservata nella chiesa accademica dei Santi Luca e Martina al Foro Romano, che già ospitava il dipinto ritenuto di Raffaello, per la prima volta viene esposta accanto all’originale.

Sala espositiva con San Luca che dipinge la Madonna con le pale a confronto

Questo è attualmente conservato a Palazzo Carpegna, dopo il trasferimento di sede dell’Accademia negli anni ’30 dello scorso secolo, a seguito della realizzazione di via dei Fori Imperiali, che distrusse la primitiva sede di via Bonella. Come si legge nel pannello illustrativo,

i destini delle due opere si sono sempre incrociati nello scambio di collocazione tra la chiesa, dove era necessario mantenere l’immagine sull’altare, e la sede, dove le condizioni di conservazione erano migliori”.
Cornelis Blomaert, S. Luca dipinge la Vergine, bulino

La fortuna di questo celebre dipinto è attestata da una serie di “traduzioni” a stampa realizzate tra XVII e XIX secolo, anche perché il soggetto si prestava particolarmente bene a promuovere lo statuto delle professioni artistiche. Non è un caso che alcune di queste incisioni siano dedicate a grandi protettori delle arti, come il cardinale Francesco Barberini, cui è dedicata quella realizzata dall’accademico Matteo Piccioni (post 1655), o il famoso ministro di Luigi XIV Jean-Baptiste Colbert, cui è dedicata quella eseguita da Jean Langlois (II metà XVII secolo), pensionante dell’Accademia di Francia a Roma.

Tra le altre incisioni ci sono quella di Girolamo Rossi il giovane (XVIII secolo), della quale è esposta anche la matrice in rame, e quella dell’olandese Cornelis Bloemaert (ante 1689). Nella Leben von Raphaël Sanzio’s von Urbino (1816), dei fratelli Riepenhausen, è Raffaello, e non più San Luca, a essere raffigurato mentre dipinge la Vergine (si riconosce la Madonna Sistina). Evidentemente il passaggio delle consegne dal santo al Sanzio, implicito nel dipinto dell’Accademia di San Luca, agli occhi di questi artisti tedeschi era ormai già avvenuto.

È dall’iconografia di Raffaello nel dipinto di San Luca, non così lontana da quella della Scuola di Atene, che deriva il ritratto di Raffaello da Urbino di un anonimo del 1672, di proprietà dell’Accademia, presentato in mostra, e una serie di busti, a partire da quello realizzato da Paolo Naldini su disegno di Carlo Maratti per la tomba del Pantheon nel 1674, all’erma di Bertel Thorwaldsen del 1800, ora a Copenhagen, ripresa da Francesco Gianfredi nel busto realizzato per la passeggiata del Pincio.

Raffaello, Putto reggifestone
Gustave Moreau, copia da Raffaello

La seconda sezione della mostra, Il Putto reggifestone e la sua fortuna, evidenzia il successo del frammento di affresco raffaellesco con il putto, giunto in Accademia attraverso il lascito testamentario del pittore Jean-Baptiste Wicar nel 1834 e immediatamente esposto nella galleria, dove fu copiato da molti pittori. Tra essi il più illustre è Gustave Moreau, che ne parlò con entusiasmo in un suo scritto, definendolo “mon petit enfant”, e ne eseguì la copia nel 1858, prestata ora dal Musée Gustave Moreau di Parigi ed esposta accanto all’originale per un confronto inedito, insieme a un’altra copia di anonimo del XIX secolo (collezione privata).

Il Putto di Raffaello, la cui provenienza è sconosciuta, è per molti aspetti identico al putto di sinistra che affianca il profeta Isaia nella chiesa di Sant’Agostino a Roma. Potrebbe essere, pertanto, una prima versione di quello dipinto nella chiesa romana, ma il dibattito è assolutamente aperto.

Sala con Putto reggifestone di Raffaello e copie
L.L.V. Palliere e F. Bonnmaison, San Simone

La terza sezione, Raffaello nella cultura e nella didattica accademica, s’intreccia con il racconto della storia dell’Accademia nella Galleria, presentando opere relative alla didattica, come le splendide incisioni dalle Stanze Vaticane di Giovanni Volpato (1735-1803), o l’album inciso nel 1808 da Giovanni Folo su disegno di Vincenzo Camuccini, dedicato ad alcuni dettagli della Trasfigurazione.

Sono esposti anche i disegni realizzati dai giovani artisti in occasione dei concorsi accademici, per lo più copie (come L’adorazione del vitello d’oro, eseguita a matita rossa su carta nel 1681 da Andrea D’Oratio), e talvolta rielaborazioni, di opere raffaellesche, tratte dalle scene delle Logge Vaticane e dall’Isaia della chiesa romana di Sant’Agostino. È presente anche una terracotta di Gaspare Capparoni raffigurante Abramo e gli angeli (1783).

Gaspare Capparoni, Abramo e i tre angeli
Antonio Sarti, copia della Madonna di Foligno, 1821

Ricordiamo che la copia, ben lungi dall’essere considerata come qualcosa di negativo, è stata vista nel passato come strumento di apprendimento fondamentale.

Tra le curiosità di questa sezione troviamo il libro del 1825 di Melchiorre Missirini Della vita e pitture di Raffaello d’Urbino per Vasari, Bellori e Missirini (Milano, collezione privata), che contribuì ad accrescere la conoscenza del maestro di Urbino e un disegno del 1833 di Tommaso Minardi raffigurante il Cranio di Raffaello (Londra, collezione privata), ovvero una presunta reliquia che era conservata in Accademia fino alla fine del XIX secolo, quando ci si rese conto che il vero teschio di Raffaello si trovava nella sua tomba al Pantheon. Il cranio era per i giovani artisti dell’Accademia oggetto di venerazione e di superstizione apotropaica, perché si riteneva che toccarlo con la punta della matita o del pennello potesse farne assorbire la sapienza.

La quarta sezione, Raffaello nella galleria accademica, raccoglie alcune guide ottocentesche e del primo Novecento della Galleria e un piccolo nucleo di fotografie che evidenziano la centralità delle due opere raffaellesche di proprietà dell’Accademia – il San Luca e il Putto – negli allestimenti storici della collezione. Una centralità condivisa con la celebre copia del Trionfo di Galatea, eseguita nel 1624 circa da uno dei più straordinari protagonisti del Seicento: Pietro da Cortona. Realizzata a olio su tela (cm 267 per 205), l’opera è attualmente collocata nel Salone d’onore e inserita nel percorso espositivo.

Una raccolta di opere dei grandi maestri, che ricoprirono ruoli rilevanti all’interno dell’istituzione, chiude la mostra nella quinta sezione, intitolata Raffaello nell’opera dei maestri dell’Accademia.

Jean-Baptiste Wicar, La resurrezione del figlio della vedova di Naim, 1806_16

Si tratta di un’accurata selezione che ci fa capire come l’esempio del grande pittore di Urbino sia stato studiato, assimilato e rielaborato nelle sue varie sfaccettature, legate ai diversi momenti culturali e ai personali linguaggi artistici. Si va dalla scuola marattesca che promuove un ritorno al classicismo fra tardo Seicento e inizio Settecento, alla grandiosità promossa da Charles Le Brun attraverso l’Accademia di Francia a Roma, alla delicata e seducente pittura di Angelika Kauffmann nel pieno Settecento (la sua Speranza s’ispira alla raffaellesca Madonna della seggiola),

Angelica Kauffman, La Speranza

 

Francesco Podesti, San Luca, 1887
Achille Funi, Il ferrarese o Autoritratto con antichi maestri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

alla predilezione del «primo Raffaello» del purista Antonio Bianchini (Vergine con Bambino 1878), alla magniloquenza dell’Ottocento maturo con il monumentale San Luca di Francesco Podesti (artista prediletto da Pio IX, che gli commissionò la decorazione ad affresco della Sala dell’Immacolata nel Vaticano, dopo la promulgazione del dogma dell’Immacolata Concezione nel 1854), fino alla suggestiva autorappresentazione di Achille Funi con la Velata sullo sfondo (Il ferrarese o Autoritratto con gli antichi maestri, 1962).

Nica FIORI  Roma  25 ottobre 2020

Raffaello. L’Accademia di San Luca e il mito dell’Urbinate

Accademia Nazionale di San Luca, Palazzo Carpegna, piazza dell’Accademia di San Luca 77 – Roma; 22 ottobre 2020 – 30 gennaio 2021

Ingresso gratuito, con prenotazione obbligatoria a mostraraffaello@accademiasanluca.it.

Orari: il martedì e il giovedì turni alle ore 10, 12, 15, 17- il mercoledì e il venerdì turni alle ore 14.30, 16.00, 17.30 – il sabato turni alle ore 10 e 12. Chiuso la domenica e il lunedì

Sono previste visite guidate con i curatori nei giorni sabato 24 ottobre 2020: ore 11.00 | lunedì 26 ottobre 2020: ore 11.00 | lunedì 9 novembre 2020: ore 15.00 | lunedì 23 novembre 2020: ore 11.00 | lunedì 7 dicembre 2020: ore 15.00 | lunedì 21 dicembre 2020: ore 11.00 | lunedì 4 gennaio 2021: ore 15.00 | lunedì 18 gennaio 2021: ore 11.00

Ingressi contingentati, max 10 persone con prenotazione obbligatoria via mail:raffaelloaccademiasanluca@gmail.com Possibilità di last minute in loco, previa verifica del rispetto del distanziamento.