Raffaello, Tiziano, Rubens. Capolavori dalla Galleria Borghese a Palazzo Barberini.

di Gabriele PANDOLFELLI

Gabriele Pandolfelli si è  laureato in Storia dell’Arte, all’Università la Sapienza di Roma;  dopo i cinque anni canonici (Triennale e Magistrale) ha ottenuto il diploma alla Scuola di Specializzazione in beni storico artistici all’Università di Firenze. Ha lavorato nel turismo e ha avuto modo di scrivere recensioni di eventi e di mostre durante gli anni universitari. Con questo articolo inizia la sua collaborazione con About Art.

Lo scorso 29 marzo si è aperta la mostra dedicata ai capolavori della Galleria Borghese ospiti fino al 30 giugno nelle sale di Palazzo Barberini.

Due collezioni, un museo. Questo è l’obiettivo della felice collaborazione tra due importanti istituzioni museali di Roma come la Galleria Borghese e le Gallerie Nazionali d’Arte Antica – Barberini Corsini.

In occasione dei lavori di rinnovamento delle sale della pinacoteca borghesiana, ben cinquanta tra i più rilevanti dipinti di quella collezione trovano ospitalità, tutti concentrati, nell’ala sud del piano nobile di Palazzo Barberini. Un’unione proficua che evidenzia simbolicamente il legame tra le due maggiori collezioni d’arte della Roma del Seicento, frutto delle attività collezionistiche di Scipione Borghese e di Maffeo Barberini. I due mecenati, all’epoca in reciproco rapporto, sono stati accomunati dalla passione per le arti e dalle committenze a Gian Lorenzo Bernini, autentico trait d’union delle due collezioni.

Il suggestivo impatto iniziale è generato dal ritratto a olio del padrone di casa Urbano VIII Barberini ad opera del Bernini (un evidente richiamo alla precedente mostra “L’immagine sovrana” con protagonista lo stesso papa), e subito dopo da due dipinti di Raffaello a confronto (fig. 1): la “Dama con liocorno” proveniente dalla Borghese e “La Fornarina” in collezione permanente Barberini.

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Un accostamento, quest’ultimo, decisamente interessante che stimola riflessioni sull’evoluzione stilistica del grande artista. Emerge il filo conduttore dei “confronti” che si dipanerà nelle sale successive. Il percorso prosegue attraversando gli ambienti dove risiede stabilmente la collezione Barberini, moderatamente riallestita per far spazio alle opere ospiti. Oltrepassando la zona del celeberrimo salone affrescato da Pietro da Cortona, si entra nella sezione dedicata alle opere provenienti dalla Galleria Borghese.

Si transita per un’anticamera introduttiva con pannelli rosso magenta, recanti un’esauriente comunicazione riguardante i fondi e le idee alla base della mostra, al contempo, si allude all’immaginario ingresso in Villa Borghese con il piccolo quadro “Prospetto di Villa Borghese” del miniaturista alsaziano Johann Wilhelm Baur. Nelle sale successive si viene accolti prima da paesaggi, entrambi dalla Borghese, come “Paesaggio con corteo magico” del Garofalo in paragone con “Paesaggio con figure di dame e cavalieri” di Niccolò dell’Abate, di seguito dai dipinti a soggetto sacro, tra i quali spicca certamente il grande tondo della “Madonna con Bambino, San Giovannino e angeli” di Botticelli (collezione Borghese) in dialogo a distanza con la “Santa Maria Maddalena” di Piero di Cosimo (collezione Barberini).

Un importante artista del manierismo fiorentino come il Bronzino è presentato con due opere: il “Ritratto di Stefano IV Colonna” (collezione Barberini) e il “San Giovanni Battista” (collezione Borghese). Questi due dipinti sebbene distanti, il primo è all’ingresso e il secondo nel cuore della mostra, creano un intelligente confronto per contrasto. Inoltre, è notevolmente positivo che un’opera come il “Ritratto di Uomo” (Mercurio Bua) di Lorenzo Lotto, normalmente esposta in una delle piccole sale settecentesche di Villa Borghese, acquisisca, negli ampi spazi barberiniani, maggiore respiro e coerenza.

Risulta lodevole l’attenzione con la quale si è cercato di riproporre il medesimo allestimento della sala di Tiziano di Villa Borghese anche nella mostra, mantenendo ad esempio il confronto speculare tra le tele di “Amor Sacro e Amor Profano” (fig. 2) e di “Venere che benda Amore” (fig. 3).

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È evidente il tentativo di indurre il fruitore a ricostruire con l’immaginazione l’atmosfera della Galleria Borghese pur in un contesto del tutto diverso. Della triade di artisti in locandina Raffaello e Tiziano sono ampiamente rappresentati mentre Rubens nonostante la sua ineludibile importanza risulta meno appariscente, poiché in mostra è presente un solo suo dipinto di “Susanna e i Vecchioni” (fig. 4, collezione Borghese), probabilmente non molto valorizzato. Anche il confronto ideale che viene suggerito con il San “Sebastiano curato dagli angeli” dello stesso Rubens in Galleria Corsini appare ostico al grande pubblico, meno agli studiosi.

Di certo la mostra rappresenta un’occasione praticamente unica per il pubblico e per gli specialisti di vedere due musei in uno, con la possibilità di muoversi liberamente tra la collezione Barberini e quella Borghese notando le innumerevoli relazioni esistenti tra le opere. Da ultimo, immaginando cosa avrebbero pensato Scipione Borghese e Maffeo Barberini nel vedere le loro quadrerie giustapposte emerge la novità e la rilevanza della mostra, che coniuga sapientemente due affini gusti collezionistici creando un’esperienza originale.

Gabriele PANDOLFELLI  Roma 3 Aprile 2024