di Silvana LAZZARINO
Allestita negli spazi della Cappella di San Bruno, del Chiostro grande e del Chiostro piccolo l’installazione restituisce una visione simbolica e metafisica del tempo trascorso entro quegli spazi tra silenzi e operosità propri dei monaci certosini
Il respiro di un passato che resta in un tempo come sospeso, il riaffiorare di memorie che continuano a vivere in luoghi dove all’uomo è data la possibilità di ritrovare quel senso al suo esistere tra unicità e collettività, nell’armonizzazione di luci e ombre, verso una possibile trasformazione e rinascita, si ritrovano nei lavori di Antonio Ievolella (Benevento 1952) scultore di richiamo internazionale che a partire dalle frequentazioni della galleria Lucio Amelio a Napoli si è fatto conoscere in diverse città tra Milano, Padova, Verona, Venezia portando le sue opere ad una visibilità mondiale grazie al sodalizio con la gallerista Hélène de Franchis. Le sue sculture anche monumentali e dalla grande resa plastica restituiscono una visione simbolica e metafisica che permettono all‘uomo di entrare in contatto con parti di sé lontane, eppure vicine verso l’aspirazione a quell’invisibile presente negli accadimenti e al di là del trascendente.
Tra i simboli con cui l’artista si è confrontato quello dell’otre racchiude l’aspetto legato alla dimensione dell’uomo nella su unicità e allo stesso tempo collettività.
Gli otri sono protagonisti dell’esposizione “Fons Vitae” in corso a Capri che, dopo l’apertura dello scorso ottobre 2020, è stata costretta a chiudere per via delle disposizioni per contrastare la diffusione del Covid.19. Da quando la Campania è diventata zona gialla, grazie all’iniziativa della Direzione regionale Musei Campania nell’istituire due settimane di ingresso libero fino al 29 gennaio 2021, per festeggiare la riapertura dei musei e dei siti archeologici della rete, la mostra ha visto una grande partecipazione di pubblico.
Curata da Virginia Baradel, Valerio Dehò, Andrea Del Guercio la mostra che resterà aperta fino al 30 aprile 2021, è realizzata in collaborazione con la Direzione regionale Musei Campania e con l’ufficio Servizi Educativi della Certosa di San Giacomo a Capri. L’allestimento che vede 30 otri di terracotta su strutture di ferro in sospensione, si sviluppa entro il Chiostro grande, il Chiostro piccolo e nella Cappella di San Bruno. Essendo il motivo ispiratore l’acqua: tema centrale nel lavoro dello scultore, cui si riferiscono sue opere monumentali di grande rilievo (come le due ghirbe giganti in ferro e rame di oltre 13 metri di altezza collocate a Padova nella piazza della Cittadella dello studente) l’otre suggerisce la metafora del grembo, del contenitore e nello specifico oltre a rappresentare l’immagine dell’uomo, simboleggia il monaco nel suo isolamento sebbene inserito in un contesto collettivo.
La curatrice Virginia Baradel così descrive il progetto:
“‘Fons Vitae’ è un’installazione complessa, ricca di significati. È costruita come una specie di corteo che procede di otre in otre penetrando negli spazi assorti, luminosi e sacri della Certosa di Capri. Rappresenta un culmine nell’opera di Antonio Ievolella che conduce con essa la sua arte verso una felice sintesi tra la solidità della forma plastica e l’intima trascendenza della forma simbolica. Anfore di terracotta, avvolte di segni, e canne di ferro che le tengono sollevate; corpi che conoscono la gravità e impalcati lineari che formano un ponte per tenerle sospese e farle avanzare nel solenne silenzio dei chiostri”.
Gli otri, sulla cui superficie essenziale vengono apportati degli interventi cromatici e materici, uniscono l’aspetto solido della materia e la trascendenza della forma simbolica. Delle vicende. voci, memorie che si sono succedute in questo luogo della Certosa custode di silenzio e elevazione, di oscurità e luce, Antonio Ievolella ha restituito un percorso fatto di simboli e interpretazioni che ruotano intorno a due punti fermi riferiti all’acqua e al numero. L’otre, che ha la funzione di contenere l’acqua, sostanza principe tra tutte, ed il numero anche nella loro disposizione e combinazione, fanno riferimento alla relazione e all’isolamento, alla partecipazione e alla solitudine assorta, ma anche al lavoro proprio dei certosini.
Si avverte un’interazione tra gli strumenti e materiali antichi e l’eredità spirituale del luogo: come sottolinea Andrea Del Guercio:
“….lavoro e cultura rappresentano la solidità espressiva di un progetto teso a raggiungere ed a mettere in evidenza il patrimonio teologico e l’esperienza delle comunità di monaci ispirati dalla regola di San Bruno ed alle sue estensioni nei processi civili della società umana del suo tempo.”
Se nella Cappella di San Bruno l’installazione è formata da 7 otri in terracotta nelle quali domina il bianco in relazione al colore dell’abito certosino e al numero dei compagni che seguono San Bruno nella Curia pontificia, nel Chiostro piccolo l’installazione presenta 12 otri, in relazione al numero dei Padri che abitavano nella Certosa di Capri, disposti nella galilea del chiostro a pianta quadrata. Riguardo il tredicesimo otre con riferimento alla figura del Priore, guida spirituale della comunità certosina, si trova disposto sul tetto della Sala del Capitolo, luogo dove i monaci si riuniscono per discutere problemi importanti e dove, con votazione segreta, viene eletto il Priore.
Così la serie dei numeri 7; 12 più uno, suggerisce la moltitudine di soggetti che nel corso dei secoli ha abitato o attraversato quei venerabili spazi; ma anche le molteplici e diverse presenze che si sono succedute nel corso del tempo alterandone la struttura e la funzione. Come scrive Valerio Deho
“Nel chiostro piccolo 12 otri ricordano i corrispondenti padri che abitavano la Certosa di Capri a cui si aggiunge la tredicesima che sta invece per il Prore. Il numero 12 è un potenziamento del numero 3, la sacra Trinità, numero fondamentale nella numerologia al pari del 7” e prosegue “In questo progetto la capacità di Antonio Ievolella di operare all’interno della struttura di senso del mondo, fa scaturire qualcosa di assolutamente straordinario. Il 12 + l’1 del Priore dà come somma il numero 13, gli apostoli con Cristo nell’Ultima cena, ma nella sommatoria 1+3 ritorna il numero 4, la completezza. Il 13 è anche il numero della trasformazione, gli apostoli danno vita ad una nuova religione annunciata dal Messia”….” La Certosa è poi il luogo in cui la morte affronta il dopo, la memoria il ricordo, il passato si fonde con il presente.”
Ed è la morte nel suo essere sinonimo di passaggio e trasformazione a trovare la sua espressione più alta nell’allestimento presso il Chiostro grande in cui accanto al finto pozzo presso il riquadro rettangolare, che un tempo ospitava il cimitero dei Padri, sono disposti decine di occhi in ceramica dipinta, nell’atto di guardare verso il cielo simbolo del Sole che vince le tenebre. La luce rimanda all’acqua quale fonte di vita e di continuità della stessa.
Acqua e luce stanno a significare trionfo della vita sulla morte. Il tema della luce nella Certosa di San Giacomo è fonte della nitida visibilità, della plastica evidenza degli elementi architettonici, delle volte di apertura, dei pilastri e delle arcate dei chiostri. Contrapposta a questa luminosità diurna è la “luminescenza fonda, nascosta dentro alla materia, dentro all’acqua tempestosa”. E’ acqua presente nell’interno “uterino” degli otri, ma che non si vede poiché priva di luce fino a quando non sgorga dal grembo dello stesso otre dove è contenuta.
La luce viene percepita dall’occhio fatto della stessa natura plastica, materica e cromatica dell’otre cui è legato a doppio filo. Gli occhi che “si schiodano al risveglio” come sottolinea ancora Valerio Deho:
“segnano il passaggio ad una nuova vita e ad una nuova coscienza. E sono anche luce, illuminazione, rinascita. Tutto scorre come l’acqua, la vita attraversa la morte, la rende credibile non come termine di tutto ma come soglia, passaggio. Il percorso assume una dimensione metaforica incredibile che va oltre all’uomo e parla una lingua universale.”
Da citare anche quanto scrive il Direttore della Certosa di San Giacomo, Franzese riguardo l’installazione dell’artista che fa uso “di un linguaggio ancestrale che si impone nello spazio con la stratificazione dei segni e con la pluralità delle voci e delle evocazioni” .Sono opere in perfetta linea con il fluire del tempo dei padri certosini poiché “ne raccolgono i frutti miracolosi, dialogano con la cupa luminescenza del segno artistico di Diefenbach, raccolgono le acque salvifiche e pure di San Bruno, ci svelano la cabala certosina”.
Nelle sale del Museo della Certosa è collocata dal 1974 un’esposizione permanente quale omaggio al genio artistico di Karl Wilhelm Diefenbach pittore romantico tedesco che scelse Capri quale luogo magico per dare voce alla sua piena maturità artistica e dove vivere il resto della vita. Così infatti diceva “Capri mi basterà per tutta la vita con queste aspre rupi che adoro, con questo mare tremendo e bellissimo…”
Ad accompagnare la mostra è il Catalogo Grafiche Turato Editore con all’interno testi di: Virginia Baradel, Valerio Dehò, Andrea Del Guercio.
Le opere di Antonio Ievolella, dove ricorrono tematiche riferite al recupero della tradizione attraverso la memoria e la manifestazione della forma vista quale espansione di volumi e sperimentazione di elementi contrastanti, si trovano in importanti collezioni internazionali, pubbliche e private. Tra le mostre personali e collettive che hanno segnato il suo successo, portandolo ad un’attenzione sempre maggiore di critica e pubblico, accanto alla “XLIII Biennale di Venezia” con l’opera “ Trittico” nella sezione Scultori ai Giardini curata da Andrea del Guercio e alla personale alla Galleria Oddi Baglioni a Roma, vanno citate l’antologica “Il Grande Carro” a Padova articolata in sette sculture di grandi dimensioni installate lungo i principali snodi della città, la personale a Castel dell’Ovo a Napoli “Materia Forma Luogo”, promossa all’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli e curata da Tommaso Ferrillo e le grandi fontane per una villa privata di Battaglia Terme (PD) e per la piazza di Voltabarozzo nei pressi di Padova. Senza dimenticare l’imponente opera “Ghirba” presentata a a Napoli nella Chiesa Santa Maria Incoronata nel 2014 e riproposta a Padova sempre nello stesso anno in occasione di una sua antologica. La scultura dal carattere simbolico e concettuale, formata da due otri ciclopici su una struttura in acciaio cor-ten ricoperta da riquadri di lamiera trattati con differenti patinature, invita a riflettere sulla sopravvivenza della vita in relazione all’acqua al cui trasporto sono addette le ghirbe.
Silvana LAZZARINO Roma 20 febbraio 2021
“Fons vitae”
mostra di Antonio Ievolella
Certosa di San Giacomo, via Certosa, Capri (NA)
a cura di: Virginia Baradel, Valerio Dehò, Andrea Del Guercio
Realizzazione: in collaborazione con la Direzione regionale Musei Campania e con l’Ufficio Servizi Educativi della Certosa di San Giacomo a Capri
Orario mostra: febbraio-marzo 10.00-14.00 (ultimo ingresso ore 13.30), aprile 10.00-16.00 (ultimo ingresso ore 15.30), dal lunedì al venerdì, esclusi i weekend e i giorni festivi.
Gli orari e i giorni di apertura possono subire variazioni; si consiglia di consultare il sito in continuo aggiornamento:
www.polomusealecampania.beniculturali.it
Per informazioni: tel. +39 0818376218, fino al 30 aprile 2021