di Francesco MONTUORI
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M.Martini e F. Montuori
Il Taller de Architecture RICARDO BOFILL
Sono passati ormai più di trent’anni dallo scontro tutto ideologico fra quanti, fra gli architetti, sostennero il cosidetto Post-Moderno – che ripropose la liceità dell’uso degli stili del passato – e i difensori del progetto moderno; una riedizione tutta ideologica e paradossale di riproposizione del manierismo ottocentesco in opposizione al movimento razionalista e dichiaratamente funzionalista.
Può quindi essere riesaminata, con maggior rigore critico, l’opera dell’architetto catalano Ricardo Bofill, scomparso di recente a Barcellona, sua città natale, il 14 gennaio del 2022.
Il padre di Ricardo era anch’esso costruttore ed architetto; questo gli permise di districarsi con maggiore libertà nel mondo, ormai variegato e molteplice, della nuova architettura moderna. Fu un architetto curioso e desideroso di imparare; per ragioni politiche – in quel periodo egemonizzato in Spagna dal regime franchista – fu costretto ad abbandonare la scuola di architettura di Barcellona e dovette recarsi in Svizzera dove si laureò nel 1959 all’Università di Ginevra.
Ricardo Bofill andò controcorrente; considerò la storia dell’architettura nel suo complesso unitario e non limitò la sua conoscenza alla cosidetta architettura moderna; per questi motivi fu accusato dalla critica architettonica, in particolare da Bruno Zevi, di post-modernismo. Bofill si schierò con le tesi dallo statunitense Robert Venturi che aveva sostenuto:
“come architetto cerco di non lasciarmi guidare dall’abitudine, ma piuttosto da un cosciente uso del passato, attentamente osservato” (fig.1).
Bofill respinse la tesi, allora maggioritaria, di considerare che l’unica forma di tradizione consistesse nel seguire la prassi della generazione immediatamente precedente, con una cieca e timida aderenza alle sue acquisizioni.
Una tradizione, questa, che secondo Bofill andrebbe attivamente scoraggiata; la tradizione è al contrario argomento di significati ben più ampi:
“il senso storico – ammoniva – implica la percezione del passato non solo trascorso, ma anche presente….la storia esiste contemporaneamente e si compone in un quadro simultaneo.”
Bofill fonda il“Taller de arquitecture” di Barcellona, un laboratorio dove accanto a lui lavorano filosofi, sociologi e letterati (fig.2);
nel 1985 viene eletto membro onorario dell’Istituto Americano di Architettura degli Stati Uniti con la motivazione
“L’equipe che con maggior clamore e continuità ha scelto in Spagna di operare andando oltre il Movimento Moderno”.
Non limitò la sua conoscenza alla cosidetta architettura moderna; accettò le contraddizioni e la complessità dell’esperienza urbana a tutti i livelli; come Le Corbusier, si forma anche nello studio dell’architettura del passato; le sue ricerche sono il prodotto di un’approfondita e sistematica analisi e richiedono una seria mutazione di orientamento. Bofill aderì alla post modernità: per questo nei suoi edifici sono incorporati anche elementi dell’architettura classica come gli archi e le colonne.
Nel 1968 realizza sulla costa rocciosa di Calpe, in provincia di Alicante, Xanadu un’enigmatica casa ad appartamenti risultante dal montaggio piramidale – solo apparentemente disordinato – di pezzi edilizi che si ispirano al linguaggio dell’edilizia mediterranea (fig.3).
L’opera progettata a Barcellona, centro del movimento anarchico, è un magico castello, simbolo di una bandiera rossa e nera issata sulla roccaforte della standardizzazione neo capitalista. Per Bruno Zevi è solo capriccio anarcoide: ci liberiamo della funzionalità, dell’aderenza fra contenuti e forme, degli impianti compositivi a rigido schema geometrico.
Dimenticate tutto quello che avete imparato. Cominciate dai sogni.
Henri Lefebvre riconosce al contrario alle ricerche di Bofill di aver affrontato uno dei problemi più attuali, quello di riscattare con l’arte la vita quotidiana dall’inautenticità e dalla banalità della moderna società capitalistica.
Rispetto alle ricerche che “si perdono nel gigantismo….tentando un compromesso tra il monumento e l’edificio” la scelta di Bofill, sottolinea ancora Henry Lefebvre, è quella che si colloca più vicino a ciò che bisognerebbe pensare e progettare, frammenti di spazi urbani in cui si realizzano
“ il bisogno di vita sociale e di un suo centro, il bisogno e la funzione ludica, la funzione simbolica dello spazio: bisogni e funzioni prossimi a ciò che si trova al di qua e al di la delle funzioni classificate…a ciò che si presta alla retorica e che solo i poeti possono chiamare con il loro nome: desiderio”.
Ricardo Bofil si convinse che il modernismo fosse l’ultimo momento storico spagnolo in cui l’architettura fosse realmente la proiezione di una congiuntura storico-culturale in cui l’architetto fosse in grado di svolgere un ruolo determinante nella società. Dopo la guerra e la sconfitta della Repubblica la cultura si trasformò in propaganda; con grande e indubbia intelligenza la produzione architettonica del Taller de arquitectura impose una cultura che per la forza delle immagini e la dimensione fantastica contribuì a definire i caratteri di una indagine sulle prospettive di un nuovo ambiente urbano e sulla restituzione di valore simbolico alle forme dell’architettura.
Il Taller puntò sulla dimensione urbana in cui
“ogni strada, ogni quartiere, ogni villaggio, ogni città avrà un nuovo volto luminoso e tranquillo d’accordo con i vizi e i gusti dei suoi abitanti”.
E’ una ricerca, quella di Bofill, che converge con la critica di Paolo Portoghesi all’architettura moderna che affermerà sul suo libro, “Dopo l’architettura moderna”:
“La cultura architettonica moderna si è data uno statuto mai scritto in articoli e commi ma in realtà operante e vincolante, la cui osservanza è difesa con accanimento dal potente establishment della critica ufficiale: quello che potremmo definire lo statuto funzionalista; un insieme di proibizioni, di decurtazioni, di rinunce, di inibizioni se si vuole, che definisce in negativo un’area linguistica, consentendone la degradazione e inaridimento, la continua metamorfosi, ma non il rinnovamento sostanziale e il rilancio vitale.”
Non è caso dunque se nel 1980 Paolo Portoghesi chiamerà Ricardo Bofill a realizzare una facciata sulla Strada Novissima alla Biennale di architettura di Venezia, dove si confrontavano gli americani Robert Venturi, Michael Graves e gli Italiani Franco Purini e il Gruppo Romano Architetti Urbanisti (figg.4 e 5).
A differenza di molti architetti post-moderni italiani il Taller de Arquitectura di Riccardo Bofill ebbe la costanza e la capacità di creare molteplici occasioni per sperimentare le sue tesi sulla nuova architettura: il Quartiere Antigone di Montpellier, il complesso di Marne la Vallè di Parigi; il Teatro Nazionale di Catalogna; il Museo delle Collezioni Reali a Madrid; i Terminal 1 e 2 dell’aereoporto di Barcellona; le Twin Center di Casablanca, l’edificio della Muralla Roja a Manzanera, Xanadu, Seu de Desigual, La pyramide di Perthus, un grande piano piramidale, solo per citare le realizzazioni più rilevanti (figg. 6 e 7).
Tre le realizzazioni ne evidenziamo, a nostro parere, alcune fra le più significative per evidenziare le capacità realizzative del Taller de Arquitecture.
Salerno, il Crescent. 2007-2021
In Italia nel 2007 il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca incaricò il Taller de Arquitectura di realizzare un crescent sui colli che circondano la città, in modo da delimitare in forme di semicerchio la piazza della Libertà. Bofill progetta un crescent che si innalza su una galleria commerciale porticata; il primo livello ed il piano ammezzato vengono destinati agli esercizi commerciali; i cinque livelli superiori ad appartamenti ed uffici (figg. 8 e 9.)
Si scatena una bagarre nazionale, fomentata dagli ordini professionali, ma il progetto arrivò in porto ma sarà inaugurato solo nel 2021.
Casablanca,Twin Center.1999.
Si tratta di due grattaceli nel centro di Casablanca, Marocco. Alte 115 metri con 28 piani furono costruite nel centro della capitale economica del paese nel 1988-1999. In una delle torri è ospitato un grande albergo di lusso; nella seconda torre sono dislocati gli uffici delle principali aziende del paese, i negozi e i centri commerciali. Il Twin Center è uno splendido belvedere da cui si gode il panorama della città (figg. 10 e 11).
Seu de Desigual
E’ la sede della compagnia tessile Desigual, una società ad alta tecnologia nel settore della moda. L’edificio gode di una situazione ambientale unica, di fronte al mare di Barcellona. E’ in uno di questi palazzi che la società fondata da Thomas Meyer ha la sua sede centrale sviluppa l’attività creativa ed amministrativa (figg. 12 e 13).
La Vela di Barcellona
Ubicata nel porto della città ospita l’Hotel W di Barcellona. Bofill si ispirerà, per questo progetto. al Mare Mediterraneo; una grande piazza sopraelevata sul livello del mare funge da grande balcone sullo scenario del mare. Sulla piazza si affacciano il Parco delle Neuroscienze, le aree commerciali, le attività nautiche a supporto del Porto turistico.
Spiega Bofill:
“Barcellona è una miscela di tutte le architetture. Abbiamo Tutto. La migliore urbanistica e la più incredibile varietà di stili architettonici. La nostra speranza è che W Barcellona entri a far parte di questa storia.” (figg. 14,15 e 16).
Ricardo Bofill rifiuterà lo spazio come semplice stereometria preferendo sempre l’opera organica e complessa, flessibile e modulare. Desiderava costruire “nuove città” in grado di interpretare i sogni inconsci dell’uomo; progetterà a Madrid un complesso residenziale per 1.500 abitanti e lo chiamerà la “Città nello Spazio”; sostenne che ogni città è uno spazio complesso, uno spazio conflittuale, contraddittorio, corrotto.
Cercò di costruire
“nuove città in grado di interpretare i sogni inconsci dell’uomo, dense di abitanti, verticali, dove contava l’antipurismo, l’imperfezione, il disordine istituzionalizzato.”
Francesco MONTUORI Roma 30 Gennaio 2022