di Francesco CARACCIOLO
La ritrattistica di Giambattista Maganza il Giovane, artista veneto vissuto a cavallo tra il ‘500 e il secolo successivo, è stata oggetto di studi e di ricerche condotte dallo scrivente a partire dal 2023, quando ipotizzai che, così come il padre Alessandro, anche Giambattista jr. dovette essere altresì impegnato in quella attività, che per le botteghe dell’epoca era un’ulteriore fonte di guadagno nonché di prestigio artistico e sociale.
Nel mio recente catalogo, che s’incentra sull’affascinante e quanto mai sfuggente personalità di Giambattista Maganza il Giovane, non ero riuscito purtroppo a ricostruire completamente l’attività ritrattistica dell’artista vicentino in quanto le tracce iconografiche e documentarie in merito a questa attività si perdono nella notte dei tempi.
Ero riuscito ad inserire solamente pochi ritratti all’interno del mio catalogo, frutto spesso di mie attribuzioni e supposizioni, fino a quando è riapparso in questi giorni un interessantissimo ritratto di un prelato (fig.1), appartenente ad una collezione privata di Monselice (Padova), che apre certamente una nuova fase dei miei studi sulla ritrattistica in ambito vicentino, genere pittorico molto raro e inusuale per l’iter artistico di Giambattista Maganza jr.
Il ritratto in questione , un olio su tela di cm 130 x 95, raffigura un uomo di mezza età, appartenente al clero come si evince dal suo vestiario molto castigato e severo, seduto su un’imponente poltrona di fattura cinquecentesca con i pomelli dorati e i braccioli a volute; la scena include altresì un tavolo, coperto da un panno bianco, su cui poggia un piccolo libro visto di scorcio; all’estrema destra, in alto – rispetto all’effigiato dal volto emaciato e macilento che occupa quasi tutta la zona a sinistra protendendosi verso il centro – è appeso un drappo di raso rosso con la passamaneria dorata; la tenda, scostata a destra, ha i rilessi color vermiglione e delimita la scena con un effetto teatrale che anticipa il Barocco. Il prelato si mostra davanti ai nostri occhi in una posa di tre quarti con le sue sottili mani poggiate sopra i braccioli dell’imponente poltrona; egli indossa una veste talare nera con il colletto bianco e i polsini senza ricami.
Colpisce particolarmente il chiaroscuro dello sfondo in cui la zona d’ombra si concentra sopra la figura del reverendo, mentre al centro si scorge una grande macchia luminosa, delimitata all’estrema destra dal drappo, quasi fosse un cerchio luminoso che diventa il vero fulcro visivo nel quale il Maganza jr. ha tentato di aggiornarsi sugli esempi romani e centro-italiani, quali ad esempio i ritratti usciti dalla bottega del Pulzone o di Ottavio Leoni.
La ritrattistica afferente alle immagini dei religiosi o delle alte sfere della Chiesa cattolica seguirà, durante l’età della Controriforma e nei primi due decenni del ‘600, uno schema fisso e reiterato più volte. Basti osservare i numerosi esempi che circolavano in mezza Europa dagli stati italiani e persino in Spagna. Tra gli esempi più evidenti figurano ad esempio il ritratto del vescovo Alessandro Geraldini (fig. 2) di Amelia oppure quello di Diego Deza (fig.3) ,inquisitore spagnolo (entrambi gli effigiati ripetono la stessa posa assunta dal prelato del Maganza con la posizione sia del volto che del busto di tre quarti).
Interessante è anche un altro ritratto (fig.4) che ho scovato presso la casa d’aste Sammarinese di Rimini nel quale l’anonimo ritrattista, molto vicino all’ambito di Ottavio Leoni, ha effigiato un’ imponente figura di cardinale, con accanto un cagnolino, seduto comodamente su una poltrona molto sfarzosa con le frange a fili dorati e con i bottoni ai lati che sembrano piccoli dischetti; anche in questo dipinto, tardo cinquecentesco, compare il drappo rosso sollevato sulla destra ma senza i riflessi cangianti che si scorgono invece nel dipinto del prelato del Maganza jr.
Per quanto concerne quest’ultimo ritratto di vescovo, dalla casa d’aste si proponeva l’effigie del più famoso Scipione Borghese ma non ci sono evidenze così stringenti con altri ritratti sicuri del famoso cardinale Borghese tali da confermare questa congettura.
In conclusione, il ritratto di prelato è un unicum finora emerso della ritrattistica maganzesca in quanto tutti gli altri ritratti eseguiti all’interno della bottega vicentina non contemplavano quasi mai figure sedute e con una tenda, che delimitasse la scena, bensì in piedi e quasi sempre di tre quarti o frontali e con la posa rigida e statica.
Il dipinto del prelato è stato autenticato dal Prof. Ugo Ruggeri circa trent’anni fa attraverso una relazione dettagliata in cui spiegava le motivazioni che l’avrebbero spinto a ritenere il ritratto del prelato anonimo opera di Giambattista Maganza il Giovane.
Francesco CARACCIOLO Vicenza 29 Settembre 2024