di Giorgia TERRINONI
‘È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza? (M. Dostoevski, L’Idiota)
Quelle che seguono sono una serie di brevi riflessioni su alcuni fatti d’arte da me osservati in questi ultimi mesi. Sono scritte nella forma di una lettera a mio figlio Rocco che, qualche volta, mi accompagna nelle mie passeggiate cittadine e che guarda ancora ai fatti d’arte con una buona dose di meraviglia.
A Rocco
La prima opera d’arte contemporanea che avrei voluto mostrarti dal vero sarebbe stata una montagna di caramelle di Felix Gonzalez-Torres. Non per sedurti. So benissimo che non sei goloso di caramelle.
Avrei voluto farti avvicinare a Untitled (Usa Today) oppure a Untitled (Portrait of Ross in L. A.) per farti semplicemente capire che l’arte ci appartiene. Che la possiamo partecipare perché parla CON noi, A noi e DI noi.
Sono certa che, se avessi preso una di quelle caramelle e te la fossi rigirata tra le dita, indeciso se scartarla o meno, ti si sarebbe aperto un mondo. Probabilmente il tuo accesso a quel mondo inedito sarebbe avvenuto attraverso i sensi e le emozioni. E sarebbe andata bene così perché, per condividere e scambiare, il contatto è fondamentale. Le caramelle di Felix Gonzalez-Torres – attraverso la loro disposizione, il loro peso, i loro colori – parlano di tantissime cose che forse, lì per lì, non avresti capito. O, che se le avessi capite, ti avrebbero messo addosso molta tristezza. Ma parlano anche della capacità di trasformare il dolore in bellezza. E suggeriscono qualche via per farlo. Se prendi la caramella, insieme a lei prendi anche la bellezza e il dolore. E se la prendi, che tu lo voglia o no, dai anche qualcosa. La tua disponibilità, la tua scelta, le tue sensazioni, i tuoi pensieri…
Ma, allora, le caramelle di Gonzalez-Torres erano per noi lontane sia nel tempo che nello spazio. E così il tuo primo incontro con l’arte è avvenuto con i libri, perché certa letteratura per l’infanzia è arte. Ricordi Nella nebbia di Milano di Bruno Munari o Piccolo blu e piccolo giallo di Leo Lionni? Sono libri che ancora custodiamo e che ci piace regalare agli altri bambini che amiamo.
Poi, è stata la volta di Claude Monet. Ho ammirato la tua capacità di entrare senza sforzo all’interno dei suoi quadri, di confonderti con i brillii della luce, d’immergerti nel fluire dell’acqua.
A tratti, diventavi una delle sue tante pennellate spezzate. Ti ho immaginato sul ponte giapponese di Giverny a osservare per lui, ormai quasi cieco, le ninfee; a descrivergliele. A non scomporti mentre quel vecchio pittore, rappresentandole, sconfinava. Perché probabilmente anche a te sarebbero mancati canoni e regole per rappresentare quell’infinità di meraviglia, sorta anche dal dolore di Monet di poterla ormai conservare solo nella memoria!
Qualche settimana fa siamo andati insieme a vedere Arcimboldo esposto a Palazzo Barberini. Una mostra per far cassa, come ce ne sono molte in giro. Se l’avessi visitata da sola è probabile che mi sarei fossilizzata sui suoi limiti. Forse, di questi tempi, non avrei avuto voglia di guardare a quell’immensa Wunderkammer che è la pittura di Arcimboldo.
Tu, invece, mi hai costretto a occuparmi solo delle opere. E così abbiamo guardato insieme la perfezione delle Stagioni e degli Elementi: siamo stati dei visitatori assai rumorosi, ma ho sempre immaginato lo stupore come qualcosa che non resta in silenzio!
Sono andata a vedere, questa volta senza di te, un film che s’intitola The Square (Il quadrato). È un film abbastanza importante, ha vinto la Palma d’oro allo scorso Festival di Cannes. Avevo immaginato che mi sarebbe piaciuto molto, ma così non è stato. The Square ruota intorno a una sola opera d’arte: un quadrato delimitato da un perimetro luminoso all’interno del quale tutti hanno uguali diritti e doveri, vuole essere un santuario di fiducia e altruismo. Ma non riesce a esserlo, perché l’arte è anni luce lontana dalla società. L’arte è un’illusione, e non delle migliori! Mi è parso che, per quasi tre ore, il film abbia parlato di come l’arte e la bellezza – che sempre, di necessità, abbracciano anche il loro contrario ed è anche ciò le rende molto enigmatiche – non servano a nulla. Sono andata via dalla sala cinematografica con una sensazione di nausea simile alla vertigine. Probabilmente chi cura ed espone molta arte, e lo fa in determinati contesti, ha davvero poco a fare con la società contemporanea e le sue emergenze, sebbene voglia convincerci del contrario. E questi sono i casi grotteschi raccontati in The Square.
Ma perché mettere in questo calderone anche chi il quadrato l’ha ideato? E chi, accidentalmente o no, vi è entrato? Perché togliere all’arte la possibilità di essere bellezza e produrre meraviglia? Forse, dovremmo imparare a renderci consapevoli del fatto che arte, bellezza e meraviglia originano talvolta anche da ciò che è molto oscuro e che le loro trasformazioni restano, in parte, insondabili ed enigmatiche. Questo – e non i personaggi delineati in The Square, che scimmiottano i tratti più sgradevoli dello star system artistico – ha già un po’ più a che fare con la società contemporanea…
Ne parleremo ancora. Con affetto. Mamma.
Roma Novembre 2017