Salvatore Gregorietti un protagonista dell’arte siciliana tra ‘800 e ‘900 nei dipinti al Museo Diocesano di Monreale.

di Lisa SCIORTINO

Salvatore Gregorietti[1] nacque a Palermo nel 1870. Avviato dal padre alla carriera ecclesiastica, frequentò per alcuni anni il Seminario cittadino dove conobbe Gioacchino Di Marzo che, riconoscendo in lui una propensione verso l’arte, lo avviò agli studi di disegno della Scuola tecnica serale di Disegno di istituzione comunale. Qui incontrò il pittore Enrico Cavallaro (1858-1895) con il quale collaborò nel 1891 alla decorazione dei foyer e dei corridoi del Teatro Politeama[2] e alla sala dei Gonfaloni a Palazzo delle Aquile a Palermo[3].

Nel 1894 fu nominato socio fondatore del Circolo Artistico del capoluogo siciliano del quale decorò le sale interne, ma presto, in aperta polemica con alcune scelte artistiche, se ne dissociò. Nello stesso anno partecipò con La loggia dell’Incoronazione alla I Esposizione della Società Promotrice Siciliana di Belle Arti di Palermo e, nel 1896, alla V con Donne della Kalsa e Vicolo palermitano (Fig. 1), della Civica Galleria d’Arte Moderna di Palermo.

1. Salvatore Gregorietti, Vicolo palermitano, dipinto, 1896, Palermo, Galleria d’Arte Moderna
2. Salvatore Gregorietti, Ritratto di giovane seminarista, acquerello, 1896, Monreale, Museo Diocesano.

In questo stesso anno realizzò l’acquerello su carta esposto al Museo Diocesano di Monreale, proveniente dalla collezione di Salvatore Renda Pitti donata alla Diocesi nel 1992[4], raffigurante il Ritratto di giovane seminarista [5] (Fig. 2), incorniciato da passe partout sul quale si legge “All’Illustrissimo Ing. Architetto Comm. Salvatore Borzì, 11 Maggio 1896”. La dedica con data consente di collocare l’opera tra le primissime realizzate dell’artista.

La sua attività espositiva continuò negli anni: nel 1899, alla VI Promotrice di Belle Arti di Palermo presentò Porto[6]; nel 1918 partecipò alla III Esposizione d’arte “Pro Patria Ars” con Vecchia Catania, custodita presso la Galleria d’Arte Moderna di Palermo; nel 1927, alla I Mostra Nazionale d’Arte Marinara, espose Impressione veneziana[7].

Nel 1897 sposò Annunziata Rubino che gli diede sei figli tra cui Biagio, con il quale tra gli anni Venti e Trenta del XX secolo fondò la “S. & B. Gregorietti – Vetrate artistiche dipinte a fuoco[8], Totò e Guido, pure pittori[9].

Nel 1901 eseguì interventi pittorici nel soffitto della sala dei Viceré nel Palazzo dei Normanni. Gli elementi decorativi di tipo geometrico e l’elegante snodarsi lungo il perimetro di volteggianti puttini a monocromo sono il risultato dell’eclettismo di Gregorietti il quale attinse, con estrema libertà inventiva, al repertorio figurativo della tradizione culturale siciliana.

Collaborò con Ernesto Basile e gli architetti del suo gruppo alle decorazioni Liberty di molte case nobiliari e borghesi, realizzando anche le vetrate a piombo del Villino Florio a Palermo, andate perdute. Vincenzo Florio lo volle a fianco di Emilio Murdolo[10], maestro di Renato Guttuso, per le variopinte decorazioni del soffitto di Villino Quattro Pizzi a Palermo[11] (Fig. 3).

3. Salvatore Gregorietti ed Emilio Murdolo, Decorazioni, inizi XX secolo, Palermo, Villino Quattro Pizzi.

Gregorietti si dedicò anche alla grafica e divenne un disegnatore di stemmi nobiliari per le famiglie palermitane per il Libro del giuramento all’Immacolata. Tra il 1898 e il 1909 collaborò con la rivista palermitana Flirt. Nel 1903 lavorò alle decorazioni del Teatro Biondo[12], di casa Lemos, di casa Di Maggio e del villino Riccobono di via Libertà.

Il linguaggio di Gregorietti andava sempre più avvicinandosi agli stilemi dell’art nouveau, dimostrando di conoscerne le raffinate e ricercate forme grafiche. A Licata[13], in particolare nelle decorazioni del 1903 per villa Sapio-Rumbolo e del 1907 per casa Verderame in corso Roma, eseguì dipinti parietali e complementi di arredo che in Sicilia sono tra i risultati più riusciti di interventi modernisti non solo per la raffinatezza degli elementi ornamentali, ma anche per l’armonica coerenza con l’impianto generale[14]. Negli arazzi[15] dipinti a olio su tela si fondono elementi arabeggianti, rinascimentali, rococò e preraffaelliti; le linee sinuose dell’art nouveau percorrono pareti e soffitti con una varietà di soluzioni proprie di tale linguaggio. Ancora ai rapporti con la famiglia Verderame si deve il pastello Ritratto di Giovanna Verderame Sapio del 1904, di collezione privata di Agrigento[16].

Con l’aiuto di Ernesto Basile, tra il 1903 e il 1904, iniziò l’edificazione della propria abitazione con annesso laboratorio artistico. Nel 1906, ancora in collaborazione con Basile, eseguì degli interventi per il Grand Hotel et Des Palmes di Palermo[17]. Nello stesso anno realizzò l’altro acquerello esposto al Diocesano di Monreale che raffigura un Cortile [18] (Fig. 4).

4. Salvatore Gregorietti, Cortile, acquerello, 1906, Monreale, Museo Diocesano.

Sul verso è la dedica con data e firma dell’autore: “Al Gentilissimo Ing. Lo Valvo. S. Gregorietti 1906”. Gregorietti, che nel Novecento destinò una parte della propria arte alla pittura per privati, non è nuovo a segnare con dedica i lavori, come accadde per Donne al lavatoio, realizzato nel 1904 e donato ad Empedocle Restivo nel giorno delle sue nozze, segno dei rapporti quasi familiari che si venivano a creare tra gli artisti e i collezionisti. Cortile, che ricorda le già citate tele La loggia dell’Incoronazione[19] e Vicolo palermitano[20] realizzate qualche anno prima, è costruito sulle tonalità di beige, ocra e marrone, con una prevalenza delle architetture illuminate degli edifici sulle figure. L’impostazione dell’opera, la tipologia compositiva e la disposizione prospettica delle figure sono quelle divenute caratteristiche fra i pittori di paesaggio meridionali di secondo Ottocento.

Annota Anna Maria Ruta

“quello che colpisce (…) è la preponderanza degli edifici rispetto alle persone, quasi miniaturizzate, in un momento in cui la ‘casa’ cominciava a diventare per il giovane artista polo d’attrazione, destinato a coagulare tutte le sue energie creative e operative”[21].

Nel 1907 l’artista iniziò a lavorare anche a Catania [22], dove erano attivi alcuni allievi del Basile e dal 1908 a fu impegnato a restaurare la volta del Duomo di Messina danneggiata dal terremoto, lavoro andato perduto a causa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale[23].

Un acquerello del 1909 di collezione privata di Palermo raffigurante Pont Neuf[24] testimonia l’amore per Parigi e i diversi soggiorni nella capitale francese di Gregorietti.

Nel 1925 lavorò con il figlio Guido alla decorazione della Stazione ferroviaria di Taormina-Giardini, ottenendo uno dei suoi migliori risultati di inventiva per le decorazioni Liberty. Nota la Ruta:

Qui la fervida fantasia dell’artista esplode in una straordinaria quantità di soluzioni decorative sempre diverse, che fanno di questo edificio un singolarissimo, anche se discutibile, prodotto nella storia dell’architettura e della decorazione isolana di questa prima parte del secolo, probabilmente perché (…) tutta la progettazione degli interni, dai mobili ai lampadari, dai soffitti ai ferri, è affidata alla sua penna: e questo ne stimola la creatività in una sorta di gara con se stesso, facendogli dar vita anche questa volta (…) ad un esemplare unico[25].
5. Salvatore Gregorietti, Figura di prelato benedicente, olio su tavola, 1925, Monreale, Museo Diocesano.

Nello stesso anno dipinse la tavola con Figura di prelato benedicente[26] (Fig. 5), firmata, timbrata sul verso “Accademia di Belle Arti di Palermo 25 ottobre 1925” e custodita al Museo Diocesano di Monreale. Raffigura un sacerdote ripreso di profilo, seduto su una poltrona, in atto benedicente. I contorni della figura emergono dal fondo nero nel quale tutto si annulla e sfugge all’occhio dell’artista che ferma il suo racconto fin dove riesce a focalizzare la sua attenzione e non oltre. La tavola si arricchisce di colori caldi e pennellate larghe non definite collocandosi nel periodo maturo dell’autore. Il tratto ricorda il tocco rapido e sintetico di Antonino Leto (1844-1913) in Vecchio pescatore del 1885-1890 circa[27], quella di Michele Catti (1855-1914) nei Riflessi del 1905-1910 circa[28], o ancora quella di Francesco Gagliardo (1890-1918) in Mendicante del 1914[29]. Gregorietti passò, dunque, con estrema versatilità, dalla pittura ritrattistica e paesaggistica ottocentesca “del vero”, al decoro Liberty con le eleganti linee sinuose, al tratto impreciso della pennellata veloce. E in proposito osserva Gaetano Bongiovanni:

“Tutti questi artisti (…) vivono il difficile momento di trapasso fra vecchio e nuovo, fra Ottocento e Novecento, spesso sospesi fra il richiamo della realtà e il fascino di una figura quasi astrattizzante. Pittori legati al paesaggio ottocentesco, accreditati negli ambienti accademici, quasi sempre non hanno la forza di staccarsi dai consolidati raggiungimenti stilistici, altre volte intravedono la strada di ricerche più nuove, rimanendo per lo più perplessi a causa della disaffezione, tutta moderna, nei confronti del reale che fino a quel momento aveva per loro rappresentato il nodo centrale della ricerca pittorica”[30].

Intorno agli anni Trenta del Novecento, Gregorietti lavorò anche ad Enna dove, oltre alle decorazioni di palazzi nobiliari, tra cui quello della famiglia Militello (dal 1934 al 1937), e all’hotel Belvedere (nel 1935) in stile déco [31], eseguì anche le vetrate ed i mosaici per l'”Antico Caffè”, già “Caffè Marro”. Negli stessi anni, a Noto, l’architetto ingegnere Francesco La Grassa lo coinvolse nella decorazione della Sala degli specchi di Palazzo Ducezio e dei soffitti della casa padronale del podestà Corrado Sallicano, abbelliti con fraseggi grafici di respiro europeo che si intrecciano con la tradizione locale delle figurazioni tardobarocche.

A causa della guerra, nel 1943 fu costretto a sfollare da Palermo a Isnello, sulle Madonie, dove riprese a dipingere soprattutto acquerelli di piccolo formato, oggi per lo più in collezioni private locali. Rientrato a Palermo, lavorò al restauro e al ripristino di opere, anche di sua stessa produzione, danneggiate dai bombardamenti, tra cui le vetrate della chiesa di San Francesco d’Assisi, realizzate tra il 1925 e il 1926. Vecchio fu costretto all’immobilità e morì nella città natale il 27 agosto del 1952.

Per tutta la vita Gregorietti affiancò la sua attività artistica a quella didattica insegnando, a partire dal 1920, disegno di ornato presso il Reale Istituto di Belle Arti di Palermo. Tra le opere presenti in collezioni pubbliche palermitane si ricordano Testa di vecchio, alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo; Ritratto di Giuseppe Di Stefano e Ritratto di Biagio Pace, alla Biblioteca comunale cittadina; Case sulla roccia, presso Palazzo dei Normanni; Mercato del lunedì a Catania, del 1918, alla Pinacoteca civica di Ascoli Piceno.

Lisa SCIORTINO  Monreale 16 Giugno 2024

NOTE

[1] Difficile è ricostruire con precisione il percorso biografico dell’artista a causa delle scarse notizie e dei pochi documenti sopravvissuti. Per approfondimenti cfr. Palermo 1900, catalogo a cura di S. Boscarino, R. Bossaglia, G. Pirrone, P. Portoghesi, Palermo 1981; L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, II, Palermo 1993, pp. 244 s.; Salvatore Gregorietti. Un atelier d’arte nella Sicilia tra ‘800 e ‘900, a cura di A.M. Ruta, G. Valdini e V. Mancuso, Milano 1998; M. Viveros, Gregorietti Salvatore, in Dizionario Biografico degli italiani, L volume, Roma 2003.
[2] Cfr. L. Gallo. Il Politeama di Palermo e l’Architettura policroma dell’Ottocento, Palermo, 1997.
[3] Cfr. C. Filangeri, P. Gulotta, M.A. Spadaro, Palermo. Palazzo delle Aquile, Palermo 2004 e 2012.
[4] Cfr. L. Sciortino, Salvatore Renda Pitti collezionista, in Itinerari d’arte in Sicilia, a cura di G. Barbera e M.C. Di Natale, Milano 2012, pp. 434-437; L. Sciortino, Il Museo Diocesano di Monreale, Palermo 2016; L. Sciortino, Opere d’arte negli inediti scritti del collezionista Salvatore Renda Pitti, in Rivista on line dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia “Maria Accascina” diretto da M.C. Di Natale, a. X, n. 22, dicembre 2020, pp. 91-112.
[5] L. Sciortino, Salvatore Renda Pitti…, in Itinerari…, 2012, p. 434. L’acquerello misura cm 56×46. Cfr. pure A.M. Ruta, Il mestiere dell’armonia, in Salvatore Gregorietti…, 1998, p. 24.
[6] ubicazione ignota.
[7] ubicazione ignota.
[8] Cfr. in proposito V. Mancuso, La magia della luce, in Salvatore Gregorietti…, 1998, pp. 121-135.
[9] A.M. Ruta, Il mestiere dell’armonia, in Salvatore Gregorietti…, 1998, p. 37, nota 16.
[10] Cfr. L. Sciortino, Emilio Murdolo pittore, premessa di G. Tornatore, Bagheria 2011; L. Sciortino, Emilio Murdolo. Temi iconografici nell’arte popolare siciliana, Palermo 2022.
[11] I luoghi dei Florio. Dimore e imprese storiche dei “viceré” di Sicilia, a cura di D. Brignone, Milano 2022, pp. 76-77.
[12] Cfr. A.M. Fundarò, Il Biondo, un recupero casuale, in Salvatore Gregorietti…, 1998.
[13] A.M. Ruta, Il fiore, la donna, il putto, in Salvatore Gregorietti…, 1998, p. 76 e segg.
[14] A.M. Ruta, Il fiore…, in Salvatore Gregorietti…, 1998, p. 72.
[15] A.M. Ruta, Il fiore…, in Salvatore Gregorietti…, 1998, p. 74.
[16] Cfr. Ottocento siciliano, dipinti di collezioni private agrigentine, a cura di G. Barbera, Napoli 2001.
[17] A.M. Ruta, Il fiore…, in Salvatore Gregorietti…, 1998, p. 97.
[18] L. Sciortino, Salvatore Renda Pitti…, in Itinerari…, 2012, p. 434. L’acquerello misura cm 41×29. Cfr. pure A.M. Ruta, Il mestiere…, in Salvatore Gregorietti…, 1998, p. 31.
[19] A. Imbellone, scheda IX.5, in Galleria d’Arte Moderna di Palermo. Catalogo delle opere, a cura di F. Mazzocca, G. Barbera, A. Purpura, Milano 2007, p. 240.
[20] A. Imbellone, scheda IX.6, in Galleria…, 2007, p. 241.
[21] A.M. Ruta, Il mestiere…, in Salvatore Gregorietti…, 1998, p. 31.
[22] Cfr. A. Rocca, Il liberty a Catania, Catania 1984.
[23] A.M. Ruta, Il fiore…, in Salvatore Gregorietti…, 1998, p. 105.
[24] A.M. Ruta, Il mestiere…, in Salvatore Gregorietti…, 1998, p. 49.
[25] A.M. Ruta, Il fiore…, in Salvatore Gregorietti…, 1998, p. 109.
[26] L. Sciortino, Salvatore Renda Pitti…, in Itinerari…, 2012, p. 434; L. Sciortino, Opere d’arte…, in Rivista OADI, dicembre 2020, p. 97. La tavola è completa di cornice intagliata e dorata (cm 48×41). Sul verso si legge l’appunto manoscritto “Provenzano”.
[27] S. Bietoletti, scheda VI.13, in Galleria…, 2007, pp. 166-167.
[28] F. Leone, scheda X.5, in Galleria…, 2007, p. 258.
[29] L. Sciortino, Francesco Gagliardo 1890-1918, “Quaderni Museo Guttuso” a cura di D. Favatella Lo Cascio, n. 1, Bagheria 2006, pp. 28-29.
[30] G. Bongiovanni, La collezione Sinatra. Paesaggi di Francesco Lojacono e altri temi della pittura siciliana tra ‘800 e ‘900 in allievi e epigoni, a cura di G. Costantino, Caltanissetta-Roma 1997, pp. 161-192; G. Bongiovanni, Studi e ricerche sulla pittura in Sicilia, Palermo 2013, p 368.
[31] A.M. Ruta, Il fiore…, in Salvatore Gregorietti…, 1998, p. 102.