di Francesco MONTUORI
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M.Martini e F. Montuori
Lungo Spaccanapoli
SAN GREGORIO ARMENO E SAN LORENZO MAGGIORE
Sul lato sinistro del decumano di Spaccanapoli via san Gregorio Armeno sale verso la chiesa di San Lorenzo Maggiore e collega via San Biagio dei Librai con via dei Tribunali, il decumano maggiore della città romana; la strada si conclude nella piazzetta dedicata a San Gaetano (fig.1); qui si affacciano il fronte della chiesa di San Lorenzo e della chiesa di San Paolo, a poca distanza dal Duomo fatto costruire da Carlo d’Angiò, ove è la cappella con il tesoro di San Gennaro.
Via San Gregorio Armeno era un tempo un’antica Strada Nostriana, dal nome del fondatore del primo ospedale per poveri, il vescovo Nostriano. Qui sorgeva il tempio romano consacrato alla Dea Cerere, sulle cui rovine la leggenda racconta fosse eretto dalle monache di San Basilio, fuggite nell’anno 930 da Costantinopoli con le reliquie di San Gregorio vescovo di Armenia, il complesso monastico fortemente voluto da Flavia Giulia Elena, madre di Costantino. Le leggi contro il culto delle sacre immagini e le persecuzioni religiose costrinsero le monache all’esodo dalla Siria, dalla Palestina e dall’Egitto verso la Sicilia e la stessa Napoli. Le monache furono ospitate presso la chiesa di San Gennaro all’Olmo (fig.2) situata nel centro antico di Napoli, all’incrocio fra via Gregorio Armeno e via San Biagio dei Librai; è questo il luogo ove, dopo il 1205, sorse il monastero intitolato al santo armeno (fig.3). Nel corso dei secoli il monastero crebbe di
importanza ed anche il numero delle monache aumentò notevolmente. Le nuove regole dettate dalla riforma tridentina imposero la ristrutturazione del monastero; l’architetto Vincenzo della Monica lo ampliò realizzando quaranta nuove camere con logge affacciate sul chiostro (fig.4).
Anche la chiesa fu completamente ricostruita tre il 1574 e il 1580, con il progetto di Giovan Battista Cavagna in base ai dettami dell’architettura della controriforma. Secondo il rito orientale la chiesa era al centro del convento; Cavagna la ricostruì, con accesso dalla strada, a navata unica con quattro profonde cappelle separate da paraste corinzie ed abside rettangolare coperto a cupola (fig.5).
La ricca decorazione è frutto di diversi interventi: risalta il soffitto a cassettoni voluto dalla badessa del convento Beatrice Carafa e realizzato nel 1580 dal pittore Teodoro d’Errico detto il Fiammingo (fig.6); narrano la vita del Santo le cui reliquie sono conservate nel convento.
La ricca decorazione è dovuta ad interventi diversi, tra cui Luca Giordano per gli affreschi e Nicolò Tagliacozzi Canale per le grandi cantorie in legno e cartapesta. Lo stile risente fortemente della pittura di maniera di Federico Zuccari e del Parmigianino e dei pittori fiamminghi attivi a Napoli nel settecento. Vanno sottolineati l’Annunciazione di Pacecco Rosa del 1644 (fig.7), la Natività di Giovan Angelo Crisconio (fig.8) e San Gregorio gettato nel pozzo di Francesco Fracanzano (fig.9). Nel settecento la chiesa fu ulteriormente arricchita da stucchi e marmi secondo i canoni stilistici del barocco napoletano.
Nel chiostro, progettato da Vincenzo della Monica nel 1572 è una grande fontana marmorea con a fianco due statue del settecento che raffigurano Cristo e la Samaritana di Matteo Bottigliero. Dal chiostro si accede infine a due cappelle: nella prima è l’Adorazione della Vergine; nella seconda la Cappella dell’Idria con 18 tele di Paolo De Matteis che narrano le Storie della Vergine.
Lungo il lato occidentale del chiostro troviamo il Refettorio e l’antico forno; ai napoletani è ancora ben nota l’abilità culinaria delle monache specializzate nelle sfogliatelle.
Il monastero ancor oggi caratterizza via Gregorio Armeno con le sue altissime mura di cinta e le inferriate che chiudono ogni apertura e ricordano il carattere antico della strettissima clausura delle monache. A dare il nome alla strada sono la chiesa, rilevante nella storia del barocco napoletano, il monastero ed il chiostro; in fondo il campanile della chiesa che sovrapassa con un arco la strada che sale e ne interrompe la lunga prospettiva (fig.11).
I cittadini napoletani portavano al tempio della Dea Cerere, come ex voto, statuette di terracotta; questo è il motivo per cui sorsero in quel luogo numerose botteghe artigiane; la strada si è venuta a caratterizzare per numerosi negozi dove i maestri presepiali confezionano, lavorando a mano con semplici strumenti, le statuette del presepe napoletano; fu nel settecento, con la diffusione del cristianesimo, che gli artigiani del posto cominciarono a produrre le statuette di terracotta con i personaggi dei vangeli, creando così la tradizione del presepe napoletano nel periodo natalizio.
Ancor oggi via San Gregorio Armeno rimane famosa per i numerosi negozi; qui fu prodotto dalla bottega dei fratelli Capuano il presepe installato nel 2002 nel Palazzo Reale di Madrid su richiesta dal re Juan Carlos.
Risalendo per la via San Gregorio Armeno si perviene alla piazza di San Gaetano (fig.12); attraversata da via dei Tribunali si affacciano sulla piazza le chiese di San Paolo Maggiore e di San Lorenzo Maggiore sul cui il fronte monumentale si apre il portico di accesso al convento.
Il sito, nel cuore di Neapolis, era situato pressoché nel centro topografico della città; in quella zona si era insediata l’agorà greca e in seguito il foro romano. In corrispondenza della chiesa e del chiostro gli scavi archeologici hanno dimostrato l’esistenza di un macellum cui si accedeva dal lato di via dei Tribunali; la centralità della chiesa era sottolineata dalla vicinanza dell’erarium, dove era custodito il tesoro della città, e dal tempio dei dioscuri, di cui rimangono visibili due possenti colonne.
La facciata di San Paolo Maggiore è oggi testimonianza della antica città romana; le grandi colonne scalanate della facciata sono i resti del tempio dedicato a Castore e Polluce su cui verrà costruita una basilica nell’VIII secolo. I padri Teatini tra il 1581 e il 1603 trasformarono profondamente la chiesa che conservò nella sua interezza, all’ingresso della stessa, il pronao del tempio romano con le sei colonne e il frontone. Il pronao romano crollò con il terremoto del 1688, lasciando a Ferdinando Sanfelice, architetto fra i più creativi del settecento napoletano, l’idea di conservare le due sole colonne supersiti davanti alla facciata della chiesa (fig.13).
Giuseppe Astarita restaurò la facciata riprendendo l’ordine corinzio dalle due colonne romane supersiti, inserendolo nelle lesene scalanate che scandiscono la facciata della chiesa di San Paolo Maggiore. La sacrestia della chiesa è riccamente decorato con opere di pittura e scultura di Francesco Solimena (fig.14).
Nel corso del IV secolo il vescovo napoletano Giovanni II fece edificare nello stesso luogo una basilica paleocristiana intitolata al protomartire San Lorenzo. La pianta originaria era a tre navate con abside preceduta da un quadriportico. Nel 1234 Giovanni, vescovo di Aversa, fece dono della chiesa ai frati francescani e la donazione fu confermata con bolla di papa Gregorio IX nel 1235. In seguito Carlo I d’Angiò decise di abbattere la basilica originaria e volle costruire una chiesa più grande concepita in stile gotico. La nuova costruzione si avvalse dell’appoggio dell’ordine francescano i cui finanziamenti furono decisivi; dominante fu lo stile gotico francese non privo tuttavia di stilemi classici romanici: l’abside poligonale, circondata da un deambulatorio con nove cappelle radiali ad arco acuto, fu la prima parte ad essere realizzata.
Un grande arcone ribassato chiude la navata unica con le cappelle laterali ad arco gotico sorretto da poderose colonne classiche (fig.15);
verso l’altare è collocato lo splendido sepolcro a baldacchino decorato a mosaico di Caterina d’Austria, realizzato da Tino da Camaino, scultore senese ma attivo in molti cantieri angioini a Napoli (fig.16).
Sulle pareti prevalgono le linee orizzontali di una lunga cornice, tipica del gotico italiano influenzato da prototipi architettonici classici e romanici. Numerosi i suoi illustri visitatori: San Ludovico da Tolosa, raffigurato da Simone Martini al museo di Capodimonte (fig.17) che in questa chiesa diventò sacerdote. Qui Giovanni Boccaccio incontrò Fiammetta, il sabato santo del 1327 e subito se ne innamorò; Francesco Petrarca soggiornò nell’annesso convento e pregò in questa chiesa per la tremenda tempesta che colpì la città; nel 1535 Carlo V, nella sala capitolare, emanò i privilegi imperiali per il Regno.
A San Lorenzo si riunivano le Accademie letterarie di Giovan Battista Marino e di Giovan Battista Vico ed è qui che il generale francese Campionet proclamò la Repubblica Partenopea del 1799.
Sulla navata si trova la cappella Cacace (fig.18), terminata nel 1653, interamente decorata con intarsi in marmo policromo di Cosimo Fanzago e busti di eminenti cittadini di Andrea Bolgi, scultore attivo a Roma al tempo di Gian Lorenzo Bernini.
Francesco MONTUORI Roma 2 gennaio 2022