di Gaetano BONGIOVANNI
Realizzata con la tecnica del bulino e ascrivibile agli inizi del XVIII secolo, l’incisione di una certa rarità si trova presso una collezione privata nel catanese e faceva parte della ricca raccolta di incisioni di Remigio Tosoni (1949 – 2000), marchigiano di Sant’Elpidio a mare, poi trasferito a Tremestieri Etneo (Ct).
L’incisione, raffigurante San Pietro che visita in carcere Sant’Agata nell’iconografia della guarigione dal martirio subito alle mammelle, con ogni probabilità faceva parte di un libro illustrato dal quale è stata staccata prima dell’approdo nell’attuale collezione; misura 155 mm. di altezza per 230 mm. di larghezza, reca uno sviluppo in orizzontale.
All’incisore che firma in basso a sinistra la stampa Michael Heinrich Rentz, tedesco di Norimberga vissuto tra il 1698 e il 1758, quasi certamente è da attribuire sia l’invenzione dell’opera sia l’esecuzione a bulino. L’immagine sacra inquadrata in un rettangolo mostra tre figure, Sant’Agata martirizzata, San Pietro che cura le ferite e l’angelo che reca una torcia per illuminare la cella carceraria.
La bellezza dell’opera è data principalmente dal ritmo vorticoso di San Pietro e dell’angelo che sta alle spalle, in contrapposizione alla figura stante e parecchio drammatica di sant’Agata incatenata, appoggiata alla parete destra. L’ambiente che contiene il gruppo sacro è caratterizzato da un’architettura antica che svela grandi conci e nicchie concluse da archi alla maniera romana. Il linguaggio esperito dall’artista rivela la conoscenza della cultura pittorica barocca in un momento di grande slancio espressivo. Il chiaroscuro che anima quest’immagine lascia evidenziare nel contrasto una luce accecante che parte dalla torcia per illuminare alcune parti di San Pietro e della zona apicale della cella, l’angelo mosso ed enfatico assume una sua straordinaria pregnanza all’interno di tutta la narrazione.
La cornice di tipo architettonico con parti in aggetto, capitelli e volute reca due ampi cartigli mistilinei a guisa di stendardi con iscrizioni in latino riferentesi alla “Costanza coronata di cose buone” – connessa alla costanza di Agata nella fede – a sinistra e a destra, di meno facile interpretazione, un albero centrale e l’iscrizione: “Sebbene ferita tuttavia legata dalla ferita”. Sotto un piedistallo nella parte bassa della cornice e in aggetto appare l’iscrizione: “H. Agatha” che suggella sinteticamente l’iconografia illustrata. Nel complesso l’articolazione decorativa dell’intera cornice svela un carattere nordico, afferente proprio alle arti decorative diffuse nella città di Norimberga.
Gaetano BONGIOVANNI Palermo 9 Febbraio 2025