di Rita RANDOLFI
Massimo Terzini al chiostro di Sant’Agostino di Veroli.
La Ciociaria è un territorio che genericamente si identifica con Frosinone e la sua provincia, ma come afferma lo stesso Massimo Terzini, che qui è nato è:
«Una terra trattenuta da desideri contrastanti:un infantile desiderio di spiagge, verso ovest, ed una malcelata invidia per le nevi vere dei monti d’Abruzzo verso est; stretta tra la campagna romana e i latifondi campani».
Nell’antichità quest’area geografica veniva chiamata Saturnia Tellus, ai tempi di Augusto Latium adiectum o Novum, nel Medioevo Rettorato di Campagna e Marittima, nomi dunque che rappresentano non solo tre periodi, ma restituiscono volti diversi di una storia scritta nella pietra. Ed è dalla pietra apparentemente muta, ma che racconta la genialità di architetti creatori di bellezza, la fatica di costruttori, muratori e scalpellini, le finanze di committenti più o meno facoltosi, l’intervento del popolo, l’ingerenza della Chiesa, che Terzini parte per illustrare la “sua” Ciociaria.
Le imponenti mura poligonali di Anagni, Alatri, Arpino, Atina e Ferentino, la pentapoli che il mito narra essere stata fondata dal dio Saturno, il campanile della cattedrale di Frosinone e le absidi di quella di Anagni, le facciate della chiese degli Scolopi di Alatri o dei SS. Pietro e Paolo di Arce, il suggestivo sperone di roccia su cui si erge la chiesa dell’Olivella di Veroli, l’acropoli ed il teatro romano di Ferentino, la maestosa badia di San Sebastiano di Alatri, le fontane, la suggestiva grangia di Tecchiena, nonché i castelli di Picinisco, di Monte san Giovanni Campano, di Vicalvi, di Sora, di Torre Cajetani, di Roccasecca, le porte di ingresso a questi centri affascinanti, ma ancora poco conosciuti, diventano i protagonisti assoluti di “Saxa, dove la pietra diventa storia”, la personale di Massimo Terzini, ospitata dal 7 al 22 ottobre nel chiostro di Sant’Agostino a Veroli.
Terzini, laureato in architettura, ma artista a 360 gradi, che si è più volte cimentato nella scultura[1], nella pittura e nella grafica non poteva che partire da quegli Hernica Saxa, cantati da Virgilio nell’Eneide, per dichiarare tutto il suo amore per la Ciociaria, dai confini indefiniti, ricca di storia, cultura, tradizioni.
Quando si osservano i dipinti in mostra sembra di leggere una poesia trasformata in immagini. Terzini rivela il suo sguardo di architetto, attratto dalla simmetria, dai volumi, dalla perfezione geometrica, dal senso di rigore ed ordine che questi Saxa trasmettono, ma al contempo svela i suoi sentimenti, la nostalgia per la grandezza di un tempo passato quasi irraggiungibile, ma da tutelare, la fierezza di appartenere a questo «fazzoletto di mondo», come lui stesso lo definisce, di averne assorbito quasi inconsapevolmente il carattere austero e generoso al contempo.
Dietro ogni quadro si nasconde uno studio approfondito e appassionato dei diversi linguaggi architettonici stratificatesi nei secoli, lo stesso artista evidenzia come
«Non è difficile imbattersi nel raggio di pochissimi chilometri in una fortificazione medievale, in una traccia di teatro romano o in un portale settecentesco» e dunque la mostra è stato il tentativo, decisamente riuscito di «mettere assieme disordinatamente in un ciclo di opere ciò che disordinatamente si trova disseminato sul territorio».
Utilizzando una tecnica che trova le sue radici nel collage di Braque e Picasso, Terzini dispone sulla preparazione della tela pagine di giornali, i cui titoli talvolta affiorano in superficie; la crettatura che ne deriva a contatto con i pigmenti rende tangibili le fenditure della pietra, una pietra viva, dinamica, che si consuma con il tempo, che splende alla luce del sole o si contorce dopo un terremoto, che conserva le tracce della grandezza dell’uomo e sulla quale inspiegabilmente a volte prende il sopravvento la natura, e da quelle fessure sboccia un fiore o una pianta selvatica. Ma nonostante il trascorrere degli anni abbia inevitabilmente inciso le sue “rughe” sulla superficie già di per se scabrosa della pietra, Terzini riesce a comunicare tutta la solennità che si prova davanti a quei monumenti, immobili, maestosi, solo apparentemente silenziosi, perfettamente integrati in un paesaggio rurale di stupefacente bellezza. E allora la pietra si confonde con l’ambiente circostante, come ad esempio accade nel dipinto che ritrae il Portale della villa Gallio a Posta Fibreno, oppure è sufficiente un piccolo particolare, una crepa, una screpolatura per far intuire la bellezza dell’intero.
Lo scopo dell’artista, attraverso trentuno dipinti, (trenta dedicati alla Ciociaria più uno, il Castello di Popoli in Abruzzo, fatto costruire dai Cantelmo, gli stessi che fecero erigere anche quello di Alvito) è quello di far conoscere questi centri storici, in cui si respira la sensazione di essere tornati indietro nel tempo.
Non si tratta di riprese fotografiche trasformate in pittura: ogni posto è osservato con gli “occhi del cuore” di chi è nato da queste parti, evocato con pochi tratti di pennello ed una cromia declinata in tutte le sfumature possibili partendo da un unico colore in un gioco in cui ombre e luci si rincorrono. E quindi gli azzurri descrivono il profilo del castello e del borgo di San Giovanni Campano, la fortezza di Picinisco è resa attraverso una gamma equilibrata di grigi a contrasto con il verde intenso delle chiome degli alberi, i marroni definiscono la porta Maggiore di Alatri. La cromia scelta esprime lo stato d’animo dell’artista nel momento in cui ha eseguito il dipinto, studiato le prospettive, ripercorso le tappe della storia. E dunque ogni luogo reale diventa anche un “non luogo”, o meglio, un luogo metafisico dell’anima. I ricordi si mescolano alle storie raccontate dagli anziani, ai miti antichi, e si resta letteralmente ammaliati da quei paesaggi che sembrano trasportare in un’altra dimensione, una dimensione in cui la Ciociaria si trasforma in interiorità, sostrato culturale, patrimonio di tutti. I dipinti di Terzini si presentano dunque come cartoline elegiache di borghi pieni d’incanto e di poesia, una poesia tradotta in immagini, che diventano esse stesse poesia.
La mostra è organizzata con il contributo di Domus Hernica, Università Popolare di Veroli, sotto il patrocinio del comune di Veroli e della Provincia di Frosinone, dell’Associazione Pro Loco. Visitabile tutti i giorni presso il chiostro di Sant’Agostino di Veroli, fino a domenica 22 ottobre.
Rita RANDOLFI Roma 15 Ottobre 2023
NOTA
[1] Si veda R. Randolfi, Santa Maria Sàlome di Massimo Terzini a Veroli: una risposta a Paolo VI ed Enzo Rossi sull’importanza dell’arte sacra oggi, in “Aboutartonline”Roma 10 ottobre 2021; Ead., Un inno a Veroli e non solo: eRETIca di Massimo Terzini alla Galleria Crystal di Veroli in “Aboutartonline” Roma 6 novembre 2022.