di Nica FIORI
In un sonetto del 1832 Giuseppe Gioachino Belli afferma che
“ll’omo vivo come ll’omo morto ha una testa de morto in de la testa”.
Una scoperta ovvia, eppure agghiacciante, fatta dal poeta nel cimitero della Confraternita di Santa Maria dell’Orto, una delle tante che si occupavano un tempo di dare sepoltura ai defunti a Roma. Qualcosa di simile sentiamo anche noi quando studiamo l’anatomia umana, una materia affascinante, ma che può anche creare disagio quando si ha a che fare con le anomalie fisiche, o anche solo con la visione degli organi interni.
Il corpo umano, studiato dal punto di vista scientifico, materiale e sensibile, è protagonista della mostra “Sublimi anatomie”, che si è inaugurata nel Palazzo delle Esposizioni di Roma, insieme ad altre due mostre, la “Meccanica dei mostri”, incentrata sull’opera di Carlo Rambaldi, vincitore di tre Oscar per gli effetti speciali nel cinema, e il “Dizionario folle del corpo” di Katy Couprie. Sono tutte accomunate dal tema dello studio anatomico, e si articolano tra loro, proprio come le articolazioni che permettono il movimento e il cambio di posizione, evidenziando le diverse sfaccettature dell’anatomia, in modo da coinvolgere pubblici diversi.
Accoglie i visitatori un teatro anatomico, allestito nella luminosa Rotonda del Palaexpo, in modo da avere davanti non un tavolo con un cadavere da sezionare (come nel Teatro anatomico di Bologna, del quale è esposto un plastico), ma dei modelli umani che si prestano ad essere ritratti dal vero da studenti dell’Accademia di Belle Arti. Ai lati sono collocati due gessi del Museo dell’Arte Classica della Sapienza – Università di Roma, il Torso del Belvedere e l’Afrodite di Cirene, a rimarcare quanto la copia della scultura antica sia anch’essa alla base degli studi accademici. Il teatro diventa allo stesso tempo luogo d’incontro e di performances di artisti e di studenti intenti a disegnare.
Ruotano intorno a questo teatro le sale dedicate alle “sublimi” anatomie, che in realtà sono quanto di più diverso dalle anatomie dei nudi michelangioleschi, o di altri grandi artisti del passato, e ci riportano alla realtà di un tavolo anatomico, con sculture in cera che riproducono i corpi sezionati, con tanto di visceri che qualcuno trova forse “orripilanti”, ma comunque utilissimi per capire la materia. In particolare sono esposte tre rarissime ceroplastiche del Settecento (le cosiddette Veneri aperte), della collezione de “La Specola”, per la prima volta esposte al di fuori del Museo di Storia Naturale di Firenze.
L’intento della mostra, curata da Andrea Carlino, Philippe Comar, Anna Luppi, Vincenzo Napolano e Laura Perrone, è quella di rivelare “il sublime nel corpo umano, tra passato e presente, all’incrocio tra pratiche artistiche e imprese scientifiche”. Troviamo modelli di organi e manichini anatomici di cartapesta, libri, incisioni e atlanti che spiegano la costituzione dei vari organi umani, facendoci scoprire di cosa siamo fatti sotto la pelle.
Lo studio dell’anatomia si generalizza in Europa a partire dal XIV secolo con la dissezione del corpo umano, pur fortemente contrastata da motivazioni di ordine religioso, e nel Rinascimento affascina anche i grandi artisti, che, per rappresentare fedelmente l’esterno del corpo, devono capirne l’interno. Il primo trattato di anatomia descrittiva, intitolato De humani corporis fabrica, risale al 1543 ed è opera del medico fiammingo Andrea Vesalio, mentre le illustrazioni, circa 300, sono probabilmente di Jan van Calcar, un allievo di Tiziano.
Quest’opera diede il via alla collaborazione tra medici e artisti, che andò avanti fino al XIX secolo, perché un artista era in grado di copiare la realtà, ma con una tensione verso il bello ideale. Tra i vari libri esposti è spettacolare il grande atlante secentesco colorato a mano, dell’anatomista Amè Bourdon e dell’incisore Daniel Le Bossu, Nouvelles tables anatomiques, dove è illustrato il corpo umano in 16 tavole con “tutte le nuove scoperte, i corsi di tutti gli umori, i luoghi dove fermentano e dove depositano i loro escrementi”.
Un altro esempio di collaborazione è quello tra il medico Bernhard Siegfried Albinus e l’incisore Jan Wandelaar, che realizzarono le Tabulae Sceleti et musculorum, del XIX secolo, delle quali troviamo in mostra quattro incisioni raffiguranti scheletri.
Le tavole e i testi esposti testimoniano l’evoluzione del gusto in campo medico-scientifico. Se all’inizio gli autori “spesso indugiano nel registro macabro, poi le opere cercano di rendere l’anatomia linda e seducente celando tutto ciò che rinvia alla triste realtà del cadavere”, come leggiamo in un testo di sala. “Gli scorticati, spesso pettinati e sorridenti, esibiscono pose accattivanti. I decori che li circondano progressivamente scompaiono per lasciare il posto a delle immagini sempre più neutre, immagini che evocano una cartografia piuttosto che la rappresentazione di un essere vivente”. Neutralità che ovviamente si accentua con le immagini contemporanee che utilizzano tecnologie avanzate.
Tra i modellini di organi, suscitano molto interesse quelli di utero gravido del XX secolo, del Museo di Storia della Medicina della Sapienza Università di Roma e, andando più a ritroso nel tempo, gli ex-voto anatomici romani di età repubblicana, tra i quali prevalgono gli organi genitali, le mammelle e l’utero, prestati dallo stesso Museo di Storia della Medicina.
Sempre sul tema della maternità è affascinante la scultura in terracotta stuccata e dipinta di una donna alla seconda gravidanza, opera di Giovan Battista Manfredini (II metà del XVIII secolo).
È esposta accanto a un’altra terracotta dello stesso autore, che raffigura “una donna a cui sono state asportate la cute, la tela sottocutanea del tronco, le mammelle e il muscolo grande pettorale di destra”. Le due opere fanno parte di una serie rarissima di eleganti modelli di donne a grandezza naturale, realizzati per il Museo ostetrico creato nel 1775 da Antonio Scarpa presso l’Università di Modena.
Anche sul tema dello scorticato troviamo alcune opere interessanti. Sembra quasi quella di un angelo la schiena scorticata di una donna, detta L’Ange anatomique, un’incisione colorata tratta da “Mytologie complète en couleur et grandeur naturelle”, del 1746, di Jacques Fabien Gautier d’Agoty. Proviene dalla Bibliothèque Inter-Universitaire Santé Médecine di Parigi, mentre dall’Accademia di Francia a Roma (Villa Medici) proviene il calco in gesso del celebre L’Ecorché di Jean Antoine Houdon (1767).
Un altro oggetto, ben più recente, che ci colpisce è l’Oplomochlion (XX secolo), una sorta di sagoma umana di metallo alta più di due metri, che ricorda le armature, ma che in realtà è costituita da una serie di protesi collegate tra loro. Tra gli artisti più moderni e contemporanei che si sono cimentati con il tema del corpo troviamo Marc Quinn, con la sua scultura Waiting for Godot, Luca Francesconi con My stomach walking, Pino Pascali con La Gravida o Maternità, Sissi con i suoi Motivi ossei in ceramica smaltata, Chen Zhen con la sua opera Crystal Landscape of Inner Body (Serpent), che sembra un insieme di preziose cristallerie.
Sono degni di attenzione anche i vetro/glass di Diego Perrone, le ceroplastiche policrome di Friederich Zieger con i diversi stati di sviluppo dei genitali, e le opere di Giuseppe Penone, Ketty La Rocca e di altri.
Sicuramente interessanti dal punto di vista scientifico sono la sala 5 dedicata all’intelligenza sensibile, a partire da quando Filippo Pacini nel primo Ottocento riuscì a identificare nella mano una serie di corpuscoli tattili in grado di assorbire l’intenzionalità e la recettività della mente, e la sala 6 dedicata alla percezione aptica.
Questo termine, che deriva dal greco haptikos (“capacità di entrare in contatto con”), fa riferimento al sistema di relazioni che il corpo instaura con l’ambiente esterno attraverso il movimento. Come ben sanno le persone prive della vista, la percezione aptica presenta una diversa profondità rispetto al campo della percezione visiva. La mano che tocca è allo stesso tempo toccata ed è in grado di assimilare qualità e caratteristiche che sfuggono alla vista.
Nica FIORI Roma 27 ottobre 2019
“Sublimi anatomie”
Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale, 194 – Roma. 22 ottobre 2019 – 6 gennaio 2020
Orari: domenica, martedì, mercoledì e giovedì: dalle 10 alle 20; venerdì e sabato: dalle 10 alle 22,30. Info: tel. 06 39967500 http://www.palazzoesposizioni.it