di Marco FIORAMANTI*
Ilaria Palomba
Scisma
Les Flâneurs Edizioni 2024
(pp. 166 € 14,00)
“FREITOD”: L’ULTIMA LIBERTÀ
Marco Fioramanti
Faust: Com’è, dunque, / che sei fuori dall’inferno?
Mefistofele: Ma questo è l’inferno, / e io non ne sono fuori.
Christopher Marlowe
Scisma è stato scritto e riscritto nel corso di un paio d’anni a partire dal diario poetico che condividevo in ospedale durante la lunga degenza nell’unità spinale del CTO di Garbatella dal 25 maggio al 28 ottobre 2022, dopo un mese di rianimazione all’ospedale San Giovanni Addolorata, ma questo poemetto non è solo un modo per resistere alla degenza, è anche un testo brulicante, una voce alla ricerca delle sue immagini letterarie, dal momento che per me scrivere è un costante confronto con i maestri. (dalla nota dell’autrice)
Seguo Ilaria Palomba da una quindicina d’anni, da prima che uscisse il suo primo romanzo Fatti Male (Gaffi 2013), in cui la drammaturgia in forma diaristica – come qui in Scisma – era già palese.
La scansione del tempo è sempre stata per lei un metronomo impazzito capace di scansionare i suoi flash-back, affilare le sue percezioni alimentandone le ossessioni, accarezzare i suoi demoni lungo interminabili viaggi infernali fatti di sostanze psicotrope fuori controllo, sesso “estremo, promiscuo e mercenario”, scoprire esistenze “altre”, grazie a una forza creativa senza paragoni.
La si desidera per poterla corrompere. Non in sé e per sé, bensì per la gioia gustata nella certezza di profanarla. (Georges Bataille, L’erotismo).
“Lo spazio visivo è uniforme, continuo e connesso”, scrive Marshall McLuhan, e molti sono stati gli attraversamenti che ci hanno visto negli anni in un agire comune, solo per citarne alcuni, penso a personaggi come Mario Perniola, Giorgio Patrizi e Carla Vasio; ai racconti inediti su NIGHT ITALIA, alle recensioni ai suoi romanzi su Articolo 33, allo scatto in copertina del volumetto “Violentati” (anche questo titolo, come per Fatti male, insinua una doppia interpretazione) all’intervista nel suo saggio sulla performance art.
“Scisma”, dal greco σχίσμα, dividere. Scindersi, perdersi in più parti e ricomporsi, lentamente…
Questo libretto di Ilaria Palomba non è un vero e proprio diario.
“L’idea dei giorni mi è venuta dopo, molte di quelle poesie sono state scritte fuori. […] Esiste un diario ospedaliero che condividevo ogni giorno con le fotografie del mio volto”.
Mi sono immaginatoo il suo primo risveglio, inaspettato, lo shock della consapevolezza, il sentirsi corrosi da quel senso di umiliazione nel vedersi imposto il “dovere” di vivere. La legge del “si deve pur vivere” vale solo nella regola dei vivi, è una intrusione illegittima da parte di chi aveva scelto “con fierezza”, la fine di un dilemma. Ora la bioetica ha aperto le porte all’autodeterminazione (o all’autodistruzione, a seconda del punto di osservazione). C’è una profonda differenza, ci ricorda Jean Amery, nella lingua tedesca tra Freitod (libera morte) e Selbstmord (suicidio), l’oscuro fondamento di ogni altro diritto, il voler fornire una risposta a un destino, prendendo la parola.
Editato da Les Flâneurs, “Scisma” è suddiviso in 87 giornate (dal giorno 0 al giorno 86), brevi componimenti poetici – a cui va aggiunto, per salto, il centottantesimo giorno (quello di fine degenza, tra rianimazione e unità spinale). Le giornate sono divise a gruppi, in capitoli separati, Ingresso, Abbandono, Coscienza, Assenza, Pietà, Frantumi, Ricomposizioni, Scisma, ciascuno scandito da un pensiero dei suoi Maestri: Amelia Rosselli, Fernando Pessoa, Thierry Metz, Francesco Scrabicchi, Alejandra Pizarnik, Paul Celan, Carlo Michelstaedtler.
Giorno 54
È rimasto qualcosa di umano in te? / Quanto ancora dovrai attendere? / E la tua smania, chi saprà estirparla? /Una pietà maldestra ti apre all’ascolto / ma un giudizio feroce ti ottunde il pensiero. / Non puoi più seguire i desideri, / Imparerai ogni cosa di nuovo / e sarà un po’ diversa. / Avrai un altro nome.
Giorno 73
Nella lontananza dell’idrogeno / il cloro si annoia. Tu con me / aderendo fino alla fine, foglia, / non ti annoi, se l’albero si / scuote e ti strappa via. Io / foglia non mi arrendo se / tu vita mi strappi via. Io, / nella lontananza di questo / reparto, dopo aver gettato / la spugna, risalgo alla vita / stessa. Che sia il barbaglio / di questo sole, sradicamento, /il suicidio non conosce / retrovie, non ho visto il / mio corpo cadere ma / ho sentito cantare un / coro soave. Dove siete, / sorelle? Io vi chiamo / dal letto diciotto, della / stanza numero quattro / dell’unità spinale. Venite, / nel giardino, dove possiamo / camminare, zoppicando. / Era l’alta marea in me / a gettare scompiglio, / era l’altra, colei che / non voglio, e non sono. / Ognuno nel fondo è / un altro. Riprendere / il timone, ancorare la nave. Dentro un tormento / cui non sono pronta, / l’alta marea è vicina / e forte è la buriana. / Ancorate la nave!
(da “Scisma”, Les Flâneurs, 2024, p. 103)
Un’autobiografia in versi e in prosa dal lettino dell’ospedale, in dialogo col proprio fantasma, le luci biancastre al neon del corridoio; le infermiere che aprono e chiudono le finestre; il colosseo quadrato in lontananza; pillole, siringhe e il rumore metallico, frastornante dei vassoi; qua e là spunta l’istinto di vita, come germoglio di primavera, poi ancora i dubbi, il volto vuoto, la rabbia, voler dimenticare il proprio nome, e lentamente la riabilitazione, il deambulatore, ma dietro a tutto questo il desiderio, ardente di essere a-m-a-t-a.
Ci si uccide perché ci si sente respinti dal mondo, dice Ilaria.
È questo, ora, il tempo del ritorno alla luce, il tempo della “preghiera in gennaio”, dell’appello a qualunque dio per la salvezza di quel corpo celeste in volo, il dono di non esser sfigurati, ritrovarsi allo specchio con la stessa maschera, la bellezza del sorriso di una volta. Eppure il dubbio resta. Lo scriveva Euripide: Chissà se forse vivere è morire e morire è vivere.
Ilaria Palomba, scrittrice, poetessa, studiosa di filosofia, ha pubblicato i romanzi Fatti male (Gaffi; tradotto in tedesco per Aufbau-Verlag), Homo homini virus (Meridiano Zero; Premio Carver 2015), Una volta l’estate (Meridiano Zero), Disturbi di luminosità (Gaffi), Brama(Perrone), Vuoto (Les Flâneurs; presentato al premio Strega 2023 e vincitore del premio Oscar del Libro 2023); le sillogi Mancanza (Augh!), Deserto (premio Profumi di poesia 2018), Città metafisiche (Ensemble), Microcosmi (Ensemble; premio Semeria casinò di Sanremo 2021; premio Virginia Woolf al premio Nabokov 2022), Scisma (Les Flâneurs, settembre 2024), ; il saggio Io Sono un’opera d’arte, viaggio nel mondo della performance art (Dal Sud). Ha scritto per La Gazzetta del Mezzogiorno, Minima et Moralia, Pangea, Il Foglio, Succedeoggi. Ha fondato il blog letterario Suite italiana, collabora con le riviste La Fionda, Le città delle donne, Inverso, Versolibero.
Marco FIORAMANTI Roma 27 Ottobre 2024